Lucio Corsi non si ferma più

Dopo un tour durato quasi un anno, l’artista maremmano si ferma. Anzi no, a primavera riparte. Il suo ultimo (per ora) live alla Suoneria Settimo certifica una cosa: Lucio Corsi è folgorante.

Di Lucio Corsi si è scritto tanto, soprattutto nell’ultimo anno. L’uscita del disco “La gente che sogna” ha catturato l’attenzione di moltissimi addetti ai lavori, compresa quella della critica, che ha iniziato a parlare della nascita della nuova rockstar italiana, del futuro dell’indie italiano o di un novello Gianni Rodari. D’altra parte l’immaginario dell’artista toscano è molto sfaccettato. A livello musicale i riferimenti sono precisi, ma spaziano dal prog al glam passando per cantautorato, folk e momenti di puro rock n’ roll. Il risultato finale è meraviglioso quanto spiazzante, difficile da “inquadrare”.

Insieme alla sua band del liceo, Lucio Corsi impasta tutto questo aggiungendo un ingrediente che rende la ricetta ancora più gustosa: i testi, semplicemente stupendi, dove gioca con le parole con l’immediatezza di un bambino. E poi c’è la sua debordante personalità, veramente in direzione ostinata e contraria: in questa intervista dichiara ad esempio di non curarsi che la maggior parte delle persone non ascolti più i dischi dall’inizio alla fine. O di quanto sia temporalmente sbagliata la visione per la quale gli anni ’70 rappresentino l’antichità musicale quando in realtà – se pensiamo, chessò, agli etruschi – sono assolutamente contemporanei.

Colpisce poi il suo modo di stare sul palco: sfoggia un trucco che ricorda il Peter Gabriel che canta Supper’s Ready e un outfit che rimanda al periodo Ziggy Stardust di David Bowie. È teatrale in ogni suo gesto, ma al tempo stesso naturalmente spontaneo. Non c’è nulla di costruito in Lucio Corsi: piuttosto, la resa live dei suoi lavori in studio è imprevedibile quanto minuziosamente calcolata. Anche quando si dimentica le parole di una canzone e se le fa suggerire dal pubblico. Pubblico che peraltro ha affollato il Combo Club della Suoneria di Settimo Torinese, a testimonianza di quanto i tre dischi (compreso il “Bestario musicale” del 2017) siano piaciuti. Lucio Corsi è entrato nel cuore della gente.

Seduta sulla schiena del suo papà c’è anche una bambina che canta a memoria le parole di “Orme”. E non è l’unica canzone con cui lei e moltissimi altri fanno letteralmente karaoke. “Astronave giradisco”, “La bocca della verità” e “Freccia Bianca” sono già dei classici del suo repertorio, pur essendo pezzi tutto sommato recenti e in alcuni casi recentissimi. Ci sono anche momenti spoiler per le prossime uscite come ad esempio la travolgente “Francis Delacroix”, fotografo che sta facendo parlare non poco di sè e che ha già immortalato Corsi in varie occasioni. Oppure “Let there be Rocco”, la storia di “un bullo della scuola media che fece il botto con la moto”. Non mancano poi i tributi ai grandi italiani del passato, ovvero le cover di “Doctor Jekyll And Mr. Hyde” di Ivan Graziani e “Ho un anno di più” Lucio Battisti. In “La ragazza trasparente” sembra quasi di sentire De Gregori.

Il concerto è molto rock: Lucio Corsi saltella da una parte e dell’altra, non disdegnando anche qualche sortita in mezzo al pubblico. Però non si può che restare imbambolati ad ammirare questa figura così aliena e al tempo stesso umana quando canta “C’era un mio amico che era troppo secco, col vento volava. I dottori dissero: “Appesantirlo è l’unica cosa da fare”. L’ingegnere si inventò un’armatura da sei quintali. Ma a nessuno venne in mente di costruirgli le ali” (“Amico vola via”). Lacrimucce.

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Lucio Corsi è uno degli artisti più interessanti in circolazione. Ascoltare i suoi dischi e andare ad un suo concerto significa fuggire per un momento dalla realtà, per entrare in un “Altro mondo”. Tanto, in fondo, “basta credere agli occhi anche quando si chiudono”.

Le foto presenti nell’articolo sono di Fabio Serrao: la gallery completa del concerto è su Instagram.

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