Marcus Miller rende vivo il suo basso e trascina il Teatro Colosseo in un viaggio tra jazz, funk e fusion

Dal neofita al membro della band di successo che gira tutta Italia da più di venti anni, fino all’estimatore musicale e al ragazzino che ha appena iniziato ad approcciarsi allo strumento: tutti i bassisti di Torino – e non solo – si sono dati appuntamento domenica 29 ottobre al Teatro Colosseo, che ha visto le sue poltrone rosse gremite, estasiate ed entusiaste per tutto l’arco della serata.

L’occasione? L’attesissimo concerto di Marcus Miller, il virtuoso del basso elettrico classe 1960 soprannominato “The Superman of Soul” e tra i maestri indiscussi a livello internazionale della tecnica dello slapping, di cui ha dato ampia dimostrazione sul palco di via Madama Cristina per il suo 2023 Fall European Tour. Reportage a cura di Roberta Scalise. 

Jeans nero, maglietta nera e cappello stile Borsalino d’ordinanza, il bassista, compositore e produttore newyorkese ha infuocato la platea e la galleria del Teatro Colosseo in un viaggio sonoro che ha preso avvio tra le note di un’atmosfera jazz avvolgente ed elegante – eco della sua indimenticabile e proficua collaborazione con Miles Davis, iniziata a soli 22 anni -, per poi confluire in una eccitante commistione di funk, fusion e groove – dove ha fatto la sua apparizione anche il clarinetto basso, suonato con cura e pathos.

Se si potesse ridurre il concerto di Miller a una sola espressione, questa sarebbe, infatti, puro godimento. Godimento non solo dal mero punto di vista musicale – sarebbe lapalissiano affermarlo, ma la fiducia e la sapienza magistrale con cui il polistrumentista di Brooklyn domina gli strumenti che maneggia sono impareggiabili e, a tratti, quasi impressionanti -, ma anche, e forse soprattutto, dal punto di vista emotivo: il live di Marcus Miller è, appunto, costellato di ricordi, omaggi – tra cui quello a un’altra leggenda del basso, Jaco Pastorius, rimembrato mediante il brano Mr. Pastorius – ed echi del passato, quali la già citata collaborazione artistica con Davis – attraverso Tutu, pezzo che ha dato il titolo all’album omonimo – e il trauma transgenerazionale del razzismo – ripercorso nella drammatica Gorée.

In tale turbinio di emozioni e sensazioni vi è, però, stato spazio anche per la gioia e il sorriso, solleticato dalle parentesi di dialogo introdotte da Marcus Miller e dai movimenti fluidi con cui quest’ultimo ha, talvolta, accompagnato gli assoli dei suoi colleghi di tour. Sul palco con lui, infatti, si annoverano i superbi Anwar Marshall alla batteria, Xavier Gordon alle tastiere, Donald Hayes al sax e Russell Gunn alla tromba: artefici di un vero e proprio capolavoro in musica e ottimi compagni del percorso intrapreso dietro al sipario, ciascuno libero di esprimere se stesso e, al contempo, parte essenziale di uno sfaccettato tutto sonoro in grado di sorprendere e commuovere il pubblico presente.

Il risultato è, come si poteva facilmente intuire fin dall’inizio, uno scroscio di applausi, urla e complimenti, riservati alla band e al protagonista indiscusso della serata: Marcus Miller, vincitore di una serie innumerevole di Grammy Award in qualità di produttore (non solo di Miles Davis, ma anche di  Luther Vandross, David Sanborn, Bob James, Chaka Khan e Wayne Shorter) e autore (nello specifico, come miglior album jazz contemporaneo per il suo quarto disco strumentale ).

Marcus Miller ha un dono: rendere vivo tutto ciò che tocca con la sua aurea e le sue mani.

Non solo, dunque, il basso fretless con cui è particolarmente abile, ma anche gli astanti che, affascinati ed eccitati, assistono ai suoi live e ai suoi accattivanti virtuosismi. Tutta la folla che, inizialmente, aspettava brulicante e rumorosa di fronte all’ingresso del Teatro Colosseo ha, infatti, preso parte a un condiviso e catartico rito musicale, una sorta di sospensione dello spazio-tempo in cui a esistere vi erano solo le note emesse dalla tromba, dalle tastiere, dal sassofono, dal clarinetto e, soprattutto, dal basso “incantato” di uno dei più eccelsi esponenti del genere.

Un viaggio che difficilmente si potrà dimenticare.