[INTERVISTA] A Night Like This: guardare l’alba tutti assieme

Il 15 e 16 luglio le sponde del lago Sirio, a Chiaverano, si animeranno grazie al festival giunto alla sua quinta edizione: la nostra intervista agli organizzatori.

di Annalisa Di Rosa  –  Siamo a Chiaverano, provincia di Torino. La zona del Canavese è disseminata di laghi di origine glaciale – ben cinque ma solo uno sembra avere l’hype giusto per farsi culla di un festival indipendente che ormai da cinque edizioni porta musica, arte e magia in questo sorprendente paese di provincia.

Il Lago Sirio è un lago balneabile sulle cui sponde è nato e cresciuto l’A Night Like This Festival, sogno di una notte di mezza estate di Cecilia Miradoli e Max Tarenzi, che in cinque anni si è concretizzato come uno dei festival più suggestivi della penisola.


Seguito da un pubblico sempre più affezionato e partecipe – ne è prova la seguitissima campagna di fundraising lanciata su Ulule – , l’A Night Like This spicca per l’eterogeneità delle sue proposte e per l’occhio lungo e attento dei suoi organizzatori, dote che negli anni ha permesso di ospitare artisti come Iosonouncane, Populous, Joan Thiele, C’Mon Tigre, Niagara. Scelte trasversali anche nella line up di questa quinta edizione, i cui protagonisti saranno gli australiani The Temper Trap, gli islandesi Samaris e l’olandese Jacco Gardner, senza dimenticare le proposte nostrane che rispondono al nome di L I M, Be Forest, Wrongonyou.

Abbiamo intervistato gli organizzatori, e ci hanno raccontato una storia che parte da un sogno e atterra su un lago del Piemonte, dove sembra che le persone si innamorino spesso…

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E’ innegabile che siate cresciuti: avete un pubblico appassionato – la campagna di fundraising lo conferma – che vi considera ormai un appuntamento fisso, le giornate del festival quest’anno sono due e la line up parla da sé. Come siete cambiati rispetto a 5 anni fa? E come sono cambiati i vostri obiettivi?

“Abbiamo iniziato buttandoci letteralmente nell’avventura, con una montagna di dubbi dovuti alla prima volta e con l’idea di partire piccolini ma ricercati – un giornalista ci ha definito «festival garbato ma cazzuto», ecco, dà un po’ l’idea. Idea che poi non era altro che ricostruire a modo nostro l’atmosfera di quei festival europei di cui ci eravamo innamorati. Ovviamente tutto cercando di seguire il nostro gusto, anche azzardando accostamenti tra nomi più di nicchia e altri che stavano emergendo alla grande (penso all’affiancare il primo anno i Telescopes e gli Aucan, per esempio).

Abbiamo da subito voluto mettere tante band per avendo un solo giorno a disposizione. Tutto è stato più complicato da gestire, ma piano piano ha preso forma e poi si è consolidata e ingrandita e siamo arrivati fino a qui. Un altro obiettivo era quello di portare il festival a più giorni e ci siamo riusciti quest’anno, grazie alla campagna di fundrasing intrapresa su Ulule e siamo molto soddisfatti: non pensavamo di avere tutti quei sostenitori così affezionati, evidentemente stiamo lavorando con passione e questo forse chiama altra passione! Per i prossimi anni continueremo a concentrare i nostri sforzi sulla proposta artistica e sull’esperienza per il pubblico. C’è tanto ancora da fare, ma sicuramente ci proveremo.”

Allo stesso modo è innegabile che da 5 anni a questa parte contribuite a valorizzare un territorio, già di per sé affascinante, attraverso una comunione intensa tra musica e natura. Una bella scommessa. Come mai avete scelto proprio questa location per il vostro festival?

“Perché la musica è prima di tutto bellezza, fascino, armonia. Vivere l’esperienza festival a 360 gradi, immersi nella natura, è tutta un’altra cosa rispetto a vedere un concerto in un locale, appaga i sensi a livelli diversi. E ti fa venire voglia di ripeterla, o almeno speriamo.

Chiaverano è tra Milano e Torino, ha questo bellissimo lago incantato e la Serra Morenica a fare da cornice, una manciata di casette antiche e una giunta amministrativa attenta alla valorizzazione del territorio attraverso la cultura e il turismo, per valorizzare tutti i meriti (e son tanti) che il territorio ha.”

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Qual è stata la risposta del territorio e delle sue istituzioni alla vostra scelta? In che modi il paese di Chiaverano collabora con il festival? Mi viene in mente la chiesa del paese dove suonò Carlot-ta l’anno scorso…

“Per quanto riguarda le istituzioni c’è sempre stata massima collaborazione e apertura. Il paese ci ha messo un po’ a conoscerci e accettarci, essendo il nostro un gruppo di lavoro non del posto. Durante i primi anni soprattutto c’è stata molta chiusura, ora sembra che, a parte qualcuno che non apprezza o non è interessato al tipo di evento, questo problema sia stato superato.

È comunque fantastico che ci sia apertura a utilizzare location “alternative” come appunto quella che hai citato, è segno di modernità e intelligenza. L’antico organo della chiesa è stato ristrutturato tempo fa, ma ora deve anche “vivere “ed essere apprezzato come appunto è successo con  Carlot-ta lo scorso anno.”

Il festival conta tre palchi, sui quali si esibiranno oltre 20 band, dai nomi estremamente evocativi: Palco dell’Esploratore, Palco del Quieto Vivere, Palco delle Colline. Qual è l’idea che sta dietro a questi nomi? Diversificare i palchi a seconda delle proposte è un’intuizione di base da cui siete partiti o ci siete arrivati pian piano?

“Grazie della domanda, è la prima volta che ce la fanno e ci fa molto piacere avere l’occasione per spiegarlo. I nomi dovrebbero evocare lo spirito della line up dei tre palchi, o comunque diversificarli. Il Palco delle Colline è più un dato geografico, perché è ai piedi della Serra e, essendo il main stage, si racconta già da sé. Il Palco dell’Esploratore è un palco indoor più da club, è quello dedicato alle nostre scoperte, alle band che notiamo e ci colpiscono durante l’anno e su cui scommettiamo anche che saranno la band del futuro. Il venerdì poi sarà un po’ diverso, verrà interamente dedicato all’elettronica. Il palco del Quieto Vivere invece è nato come palco acustico, più minimale e folk, anche perché è in un boschetto. 

Quest’anno però avremo oltre 30 band e 5 palchi, distribuiti in diverse location. Abbiamo aggiunto un palco nel Camping dei Laghi, che ospiterà l’afterparty la notte di domenica 17 luglio, e da sempre concludiamo il festival la domenica con un live sul pontile del Lago Sirio, che è quindi l’ultimo dei cinque palchi.”

Parliamo della line up: l’edizione di quest’anno vanta un bel salto verso proposte internazionali variegate – The Temper Trap, Jacco Gardner, Samaris – ma sempre ricercate e attente anche alle nuove leve italiane. Quali sono le scelte artistiche alla base della programmazione?

“Il nostro gusto, a volte anche contro la tendenza del momento, e una ricerca continua delle novità ascoltando veramente tutto quello che ci viene proposto o che vediamo live in giro. Ovviamente poi dipende da chi è in tour in quel momento e da tanti altri fattori, ma abbiamo alcune regole: non rifare una band (salvo eccezioni veramente limitate) prima di varie edizioni e solo se ha un nuovo lavoro all’attivo, non portare band che suonino ovunque nello stesso periodo per evitare la line up fotocopia, cercare di rendere sempre diversa la line up anche da un anno con l’altro, provando a restare però coerenti. Insomma, una faticata.”

Quali sono le difficoltà e quali le soddisfazioni del tirare su un festival come A Night Like This, trasversale e ricco di attività collaterali, in un paese tendenzialmente poco “attento” alla cultura musicale come l’Italia? L’Europa dei grandi festival è pian piano più vicina?

“Tantissime sia le difficoltà sia le soddisfazioni. Certo, altrove forse avremmo numeri più importanti o sponsor e collaborazioni che qui non abbiamo, ma l’obiettivo è appunto quello di provare ad essere all’altezza dei festival europei, mantenendo alcune caratteristiche italiane (la cura per la parte enogastronomica, per le mostre d’arte, il senso estetico generale insomma).
Una grande soddisfazione ci è venuta dal rinnovare la partnership con Deezer, che ci segue ormai da un paio d’anni ma che per questa edizione si è ulteriormente intensificata, oltre alla nostra playlist del festival. Tutti gli artisti che partecipano ad ANTL hanno una loro playlist, che riproduce i loro ascolti in una giornata ideale, dall’alba al tramonto.  Insomma noi ci muoviamo nella direzione dei festival europei sapendo che ci vorrà ancora tempo ma almeno ci proviamo.

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E’ curiosità comune capire cosa succede dietro le quinte di un evento del genere. C’è stato un momento particolare in cui vi siete detti “ok, non ce la faremo mai” e un altro in cui invece avete capito di essere sulla strada giusta?

“Il primo anno tutti i momenti ci siamo detti che non ce l’avremmo fatta! Sono tante le occasioni di sconforto quando ti arrivano le richieste tutte insieme e pensi di essere schiacciato come un moscerino da una montagna. Si lavora tutto l’anno tra mail, contratti, messaggi e poi l’ultima settimana ti cadono addosso duemila cambiamenti ed esigenze che resettano tutto ciò che con tanta fatica è stato organizzato. Poi però a un certo punto della serata quando ti giri e vedi il pubblico o abbracci qualche altro volontario che è stravolto, ma si mette a ballare sotto le stelle, passa tutto e sei felice.

Solo il pubblico può dirci se siamo sulla strada giusta. Non sai mai se la gente sarà soddisfatta fino a che non è finito il festival, noi da parte nostra possiamo solo mettercela tutta per fare del nostro meglio.”

Ci raccontate degli aneddoti particolari sulle precedenti edizioni del festival? Un particolare buffo, una “lacrima strappastorie” per dirla alla Maccio Capatonda, una richiesta strana da parte degli artisti…

Si può dire che da noi succeda veramente di tutto: coppie che scoppiano e coppie che si formano tra pubblico, artisti e volontari, gite romantiche al lago a notte fonda, le solite emergenze di produzione. Insomma, sicuramente non ci si annoia mai. Dobbiamo dire però che gli artisti che vengono a suonare da noi non hanno mai avanzato richieste particolarmente stravaganti, abbiamo sempre lavorato con musicisti molto professionali e alla mano. Ed è proprio questo il bello di A NIGHT LIKE THIS Festival: non importa cosa succeda durante il festival o perché tu sia venuto, sai sempre che puoi trovare artisti, staff e pubblico assieme sulla piattaforma alle 6 del mattino, per guardare l’alba tutti assieme. (Storia vera, l’abbiamo fatto l’anno scorso con i Jennifer Gentle che sono adorabili!)”. 

Vi va di consigliarci un poker di brani che rappresentano secondo voi il mood del festival?

Arcade Fire: We Exist – anche se il testo è riferito ad altro, ci è sempre sembrata una simbolica autoaffermazione di esistenza, oltre al fatto che sono una band eccezionale e trasmettono gioia, il che rappresenta bene l’idea che abbiamo di un festival.

Portishead:  Machine Gun – perché è grazie ad un loro live anni fa al Fib che ci è venuta l’ispirazione di fare un festival e perché è il nostro gruppo preferito.

Alt-j: Matilda – li abbiamo scoperti quando non erano ancora famosi, ma quasi pronti per spiccare il volo e per un pelo ce li siamo fatti sfuggire, ma noi eravamo alla prima edizione e sicuramente eravamo troppo “piccoli”… quindi sono rimasti un sogno incompiuto, che rappresenta un po’ la nostra caratteristica di scoprire le band prima che diventino famose.

65 days of statics: No man’s skyPerché sono una band pazzesca, il lato “cazzuto” delle scelte di Anlt.

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Foto di copertina: credits Andrea Bordoni