L’attore messicano è stato il protagonista della 12a edizione del Biografilm parlando del recente biopic su Pablo Neruda e dell’atipico festival messicano “Ambulante”.
di Valerio Greco – In occasione dell’anteprima italiana del nuovo attesissimo film di Pablo Larraín, Neruda, l’attore messicano ha ricevuto inoltre il Biografilm Celebration of Lives Award dal direttore di Ciak, Piera Detassis. È il premio che Biografilm Festival dedica ogni anno ai grandi narratori che con le loro opere e la loro vita hanno lasciato un segno profondo nella storia contemporanea, assegnato quest’anno anche a Valerio De Paolis, Christo e Jaco Van Dormael.
Durante l’incontro l’attore messicano ha brevemente parlato della sua carriera cinematografica, dove ha voluto confermare la sua lontananza dal mito di Hollywood, dicedo di preferire di gran lunga la carriera costruita nel cinema indie. Basta ricordarlo ne I Diari della Motocicletta nel 2004, in Amores Perros, Babel e nel recente No – I giorni dell’arcobaleno, anche se negli ultimi anni ha conquistato un pubblico più ampio con la serie tv Mozart in the Jungle che pochi giorni fa è stata rinnovata per la terza stagione.
“Il cinema ha una funzione trasversale e attraversa le frontiere con un impatto sulle persone per creare un mondo migliore”
Attualmente Bernal ha affrontato un film legato al tema dell’immigrazione: si tratta di Jonas Cuaron Desierto, premiato al Toronto Film Festival col Premio FIPRESCI della critica internazionale, in reazione alla politica di Donald Trump, personaggio principale delle contemporanee elezioni degli USA.
“L’immigrazione è un fenomeno naturale per cui tutti siamo sopravvissuti su questo pianeta. In fondo siamo tutti migranti e i nostri figli lo saranno anche loro. Con questo film volevamo mostrare questo fenomeno come una cosa naturale, nonostante esista gente che segue la mitologia fascista irreale che sfocia in insicurezza, guerre civili e genocidi, fomentando l’odio sullo stile di Trump. Lui accusa l’altro in qualsiasi occasione. Incolpa i messicani di tutto il male degli Stati Uniti, come i musulmani, i cinesi, i neri. Anche in Messico per esempio trattiamo molto male i sudamericani, ma questo deve cambiare ormai.”
Bernal non è stato ospite del festival solo per presentare Neruda, ma anche per raccontare di persona il suo progetto di cinema documentario Ambulante, un festival itinerante che viaggia per tutto il Messico portandosi dietro uno schermo cinematografico e tanti documentari, selezionati da lui e da Diego Luna, insieme a Pablo Cruz ed Elena Fortes.
Fondato nel 2005 dagli attori Diego Luna e Gael Garcìa Bertonal, il festival Ambulante è nato in un periodo dove ancora esistevano le VHS, dove reperire un film era una cosa difficilissima – non esistevano cineteche ed era impossibile aver modo di vedere i film nei piccoli villaggi e nelle grandi città, tranne solo la visione dei film principali. Alcuni suoi amici che viaggiavano cominciarono a girare dei documentari “clandestini” e glieli diedero in videocassette – come per esempio Megacities (1998) di Michael Glawogger – e Gael era così deluso che tali opere non venissero proiettate su grandi schermi in normali sale cinematografiche. Bisognava trovare un vero modo per condividere i loro messaggi, facilitando l’accesso.
Anche altri suoi amici cominciarono a girare altri documentari e Gael, assieme ai suoi collaboratori, cominciò a lavorare con loro come produttore – sia per lavori dentro sia fuori dal Messico – allo stesso modo permettendo di dal loro visibilità nella maniera più vasta possibile.
Invece di distribuirli e sostenerli singolarmente, perché non distribuirli in giro tutti assieme in tour, quasi come una band rock? Il tutto per fare in modo che queste idee generassero un loro pubblico, facendo capire che cosa fosse un documentario. In modo gratuito e in spazi pubblici, con l’appoggio del governo e la prospettiva di arrivare ai livelli internazionali. Volevano tutto, erano giovani e volevano tutto: a volte venivano accettati e a volte di meno, come durante un incontro avvenuto con la catena internazionale Cineapolis – una catena di sale cinematografiche molto estesa nel Messico, nell’America Latina e negli USA.
Il festival è partito quasi senza soldi, con il sostegno della gente e in maniera completamente indipendente, senza patrocini. I problemi cominciarono già dal nome: “ambulante” era divertente ma nello stesso tempo pericoloso, dato che per la grande economia informale messicana gli ambulanti per strada venivano visti come un disturbo.
Così tanti aneddoti da raccontare, che ci vorrebbe un libro. Nella maggior parte sono stati risolti andando avanti: come disse il filosofo Diogene “si risolve camminando per la strada”. E camminando sono arrivati alla creazione di una fondazione no profit, portata avanti assieme all’aiuto di persone molto competenti nel loro lavoro – ancor più difficile in Messico, un paese così vasto da contenere tanti partiti politici – , e fortunatamente tutto ha funzionato, ad esempio in Spagna sarebbe stato impossibile. Andando avanti, si è arrivati allo slogan ufficiale: “Scoprire, condividere e trasformare”. La reazione del pubblico, proveniente da tutti gli stati del mondo, è stata incredibile, con una vicinanza unica.
Ambulante è uno dei festival più originali del pianeta, anzi della galassia: il pubblico è aumentato del 600%
Non solo prodotti messicani, ma anche internazionali, fra cui anche dei titoli parte del Biografilm Festival come lo straordinario documentario di Werner Herzog Lo and Behold, Reveries of the Connected World (2016).
La collega Elena Fortes, già membro della giuria internazionale a Biografilm 2015, ci racconta che da festival Ambulante si è trasformato in un vero movimento, perché nasce dalla gente per la gente, un modello che saremmo felici venisse preso da altri come esempio. Si sono svolte 11 edizioni, che hanno sempre sviluppato degli incontri fra la gente e i registi – una cosa ormai persa nei festival cinematografici – compiendo 7 giri del mondo, 750 film proiettati e 60 produzioni e una presenza in Colombia, dove per l’occasione fu montato un grande schermo nella piazza principale di un villaggio. Alla proiezione parteciparono anche alcuni detenuti, che ebbero il permesso di assistere.
Ambulante ha portato nella programmazione del Biografilm Festival due straordinari documentari, scelti appositamente per il pubblico italiano.
Il primo è Tempestad (2016) di Tatiana Huezo, una regista molto apprezzata che ha vinto anche dei premi allo Sheffield Doc/Fest e alla Berlinale 2016 nella sezione Forum. Si parla di criminalità organizzata – ormai dilagante in Messico, tanto da toccare il governo e le istituzioni – nella testimonianza della vita di due donne: una innocente, incarcerata in una prigione controllata dal cartello del narcotraffico, racconta di come sia sopravvissuta in condizioni veramente durissime, finché la famiglia è riuscita a pagare la costosa cauzione. L’altra storia invece parla della madre di una bambina scomparsa probabilmente all’interno del mercato degli esseri umani in Messico.
Il secondo titolo è Los reyes del pueblo que no existe (2015) di Betzabé García ed è invece la storia di due famiglie che decidono di rimanere a vivere all’interno del loro villaggio, inondato dalla rottura di una diga, in una terra dove tutti hanno deciso di scappare tranne loro. Un film molto surreale, che mostra come vivono queste persone, a chilometri di distanza dagli altri, e in condizioni precarie dovute all’allagamento.
Così la rassegna gemella di Bologna diventa una specie di vero e proprio Nuovo Cinema Paradiso del documentario, in un mondo così connesso nel quale in realtà siamo molto distanti gli uni dagli altri. Non dimentichiamo il suo obiettivo unico e meritevole: promuovere il genere documentario non solo come forma artistica, ma come motore di cambiamento sociale. Il tutto senza mai passare dietro la macchina da presa. Anzi, da arrivare al punto di ammettere che non ami neanche stare davanti alla macchina, “è un processo noioso, che fa perdere tempo, mentre io preferisco arrivare e fare tutto subito, preferisco il gioco, come il calcio. La camera altera sempre la realtà, manipola. La gente cambia il punto di vista. Il documentario è in effetti una finzione”.
Gael Garcia Bernal, non si ferma solo, qui durante la sua permanenza in Italia: subito dopo la chiusura del Biografilm è alle prese, esattamente presso la Serenissima Venezia, con le riprese della terza stagione della serie TV Mozart in the Jungle – dove pochissime ore fa, assieme alla nuova co-protagonista Monica Bellucci, ha pubblicato un video live sulla pagina Facebook della serie, ambientato all’interno maestoso teatro della Fenice di Venezia. La terza serie, prodotta da Roman Coppola, Jason Schwartzman e Alex Timbers sarà distribuita dalla Amazon Studios, ma al momento non abbiamo un annuncio ufficiale riguardante la sua data di uscita. Sfidando le convenzioni il nostro Gael ha continuamente voglia di provare cose nuove, come appunto la serialità televisiva. “Mi diverto molto a girare Mozart in the Jungle, è come una compagnia teatrale di repertorio”, ha aggiunto ricordando l’impegno che recentemente gli sta dando più soddisfazioni, con la vittoria del Golden Globe come miglior attore in una commedia o musical.
Mentre il Biografilm, che ha proseguito il suo imperdibile programma fino alla sua chiusura, avvenuta il 20 giugno 2016, per Ambulante l’appuntamento è per il prossimo anno, fra aprile e maggio 2017 – che con il gemellaggio ideale tra i Paesi e le manifestazioni culturali, non smetterà di sorprendere il suo pubblico sempre più vasto.