[INTERVISTA] Millo: un po’ di purezza nel fitto paesaggio urbano

I murales di Millo – appena sbarcato in Cina – si moltiplicano a vista d’occhio e i suoi protagonisti sparsi nel mondo sono ormai una comunità crescente di ragazzini senza luogo né tempo. Abbiamo intervistato l’artista per esplorare insieme le regioni e le ragioni del suo universo.

di Martina Lolli  –  Nelle vie di Milloland i simboli prendono un altro corso: ci si inoltra verso la risemantizzazione onirica di una dimensione in cui nulla succede realmente, nulla ha il peso che siamo soliti attribuire alle cose. In questo mondo non oggettivo si ridimensiona l’importanza di ciò che materialmente ci accade attorno e degli oggetti protagonisti del nostro quotidiano; a questo punto il massimo ingombro lo ha l’individuo, chi è ancora capace di sognare a occhi aperti, o meglio, chi si affida alle nuove tecnologie solo per geolocalizzare un cuore, chi si collega non con terminali ma con altrettanti individui e, ancora, chi crea contatti non via etere ma attraverso giochi e gesti umili.


È in questo orizzonte che i protagonisti di Millo – bimbi smisurati ma fragili – sono capaci di ritrovarsi e di entrare in sintonia con cosa abbiamo di più bello, investondolo con i colori della loro purezza. La street art di Millo conserva i tratti semplici e morbidi di un fumetto ma rapportato alle grandi dimensioni che aiutano l’immedesimazione del fruitore il quale d’un tratto, dalla città da cui è fagocitato, si ritrova ad abitare i meandri urbani di un mondo sospeso.

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Cos’è per te la Street Art e cos’ è per chi ne usufruisce quotidianamente?


“Per me la street art è un modo di portare in strada l’arte e renderla accessibile a quanti più utenti possibili. Per gli utenti credo possa essere una buona occasione per guardare da vicino qualcosa che spesso è molto lontano dalla nostra quotidianità.”

Come hai lavorato per la commissione torinese BART? Hai preso spunto dal quartiere e dai suoiabitanti per realizzare le opere?

“B.art è l’acronimo di Arte in Barriera, un progetto nato nel 2014 con l’intento di riqualificare il quartiere Barriera di Milano, nella città di Torino.  Attraverso l’utilizzo di fondi stanziati dalla comunità europea, il comitato B.art in collaborazione con alcune associazioni culturali già presenti sul territorio, ha indetto un bando internazionale aperto a tutti gli artisti, per il rifacimento di 13 facciate cieche nel quartiere.  Io sono risultato il vincitore.
Il progetto che ho presentato, dal titolo “HABITAT” trae ispirazione dalla vita quotidiana, nei mei lavori sullo sfondo della città metropoli, per l’appunto il nostro Habitat più comune, si muovono grandi personaggi, piuttosto goffi e fuori scala, sempre intenti a combinare qualcosa.”

Nel tuo mondo fuori scala i ragazzini che disegni tentano di riappropriarsi di una realtà che letteralmente non calza loro: cercando il loro posto, un modo alternativo di comunicare e i loro giochi, contaminano il paesaggio circostante che si trasforma in un orizzonte onirico a volte ironico e senza peso. A chi o a cosa ti sei ispirato per creare i personaggi?


“Traggo ispirazione dalla vita di tutti i giorni, tutto ciò che mi colpisce e vivo in prima persona, o a cui assisto come spettatore, finisce inevitabilmente per ritrovarsi nei miei lavori. I miei personaggi, all’interno di questo fitto paesaggio urbano, sono forse la parte più pura di esso. Loro sono il livello emozionale della lettura dell’opera, e spesso appaiono come la rappresentazione di ciò che abbiamo dimenticato nella nostra vita quotidiana.”

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Il contesto dove sono collocati i tuoi personaggi prende forma come una realtà parallela, una sorta di copertina – un velo di Maya? – in cui si apre uno spiraglio e si tessono connessioni più umane. È un po’ l’alienazione che viviamo oggi, intrappolati in una fitta rete di cui non riusciamo a tendere i capi…


“La cosa bella dei miei lavori è che ognuno vede in loro ciò che preferisce, moltissime persone mi hanno chiesto se i miei personaggi fossero cinesi, bambini, vecchi o addirittura alieni! Personalmente alle volte sono concentrato sulla bellezza e sul significato dell’amore, altre sulla difficoltà di conservare quello che verrebbe definito il ‘’fanciullino’’ che risiede in noi... E altre ancora sull’incomunicabilità che spesso ci colpisce. “

I tuoi lavori occupano superfici molto ampie tanto che sarebbe impossibile esporre i tuoi murales all’interno di un museo. Come mai questa scelta?


“Fa parte del gioco della street art, le mie opere sono grandi e hanno vita breve, sono soggette alle intemperie e possono svanire con una secchiata di colore... Momentaneamente questa forma di espressione è l’unica che riesca a soddisfarmi completamente. Non ho accantonato del tutto la produzione domestica di tele e disegni, ma lavorare “en plein air” è davvero tutta un’altra cosa!”

Millo-Roma

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