Il “Palazzo delle Lacrime” di Paolo Grugni: un noir della cortina di ferro

Una storia di spionaggio ambientata nella Guerra Fredda diventa occasione per una disamina della Storia, tra sommersi e salvati. Vi raccontiamo del nuovo libro di Paolo Grugni, pubblicato da Laurana Editore per la Collana Rimmel.

L’enigmatica copertina del volume suggerisce il senso di spaesamento di fronte a questa spy story ambientata nella Germania divisa. Grugni stesso ha vissuto tra Milano e Berlino: in tal senso pare che l’autore de “Il Palazzo delle Lacrime” abbia fatto proprie da un lato le torbide avventure dei gialli meneghini di Scerbanenco e dall’altro le crepe nell’anima dei tedeschi in bilico tra Occidente e Comunismo. È ancora l’immagine in copertina ad evocare uno scenario ambiguo ed indefinito, un luogo avvolto da nubi di sospensione e allo stesso da tempo illuminato da luci di controllo. Difficile capire se si tratti di un contesto amico o meno.

Questo dubbio viene alimentato e moltiplicato nella testa del protagonista Martin Krause, un investigatore che si occupa di contro-spionaggio ma a cui viene affidato l’incarico di accertare le dinamiche di un omicidio insolito. Incarico accolto senza troppo entusiasmo, che porterà l’agente Krause a doversi spostare più volte da una parte all’altra del muro e di conseguenza stimolerà in lui insistenti riflessioni sull’una e sull’altra sponda della “città divisa”.

A questo punto potrebbero venirvi in mente diversi film sull’argomento: uno su tutti, forse, “Il Ponte delle Spie”. In generale è comprensibile che stiate pensando alla faccia di un Tom Hanks incornicia da cappello ed impermeabile.
Ed esattamente come le migliori pellicole cinematografiche di genere, anche il romanzo dell’ormai veterano Grugni, non si accontenta di affrescare un intrigo tenendoci col fiato sospeso. L’autore mira a fornire un quadro, o meglio una propria visione, sulla Storia stessa. Da un lato appare evidente la volontà di omaggiare i caduti per la libertà nel corso di quella “zona grigia” del 900, dall’altro viene a galla – e in maniera nemmeno troppo velata – un certo livore nei confronti della tacita e colpevole indifferenza di una parte degli intellettuali dell’epoca. Il muro viene definito come qualcosa di antistorico ma quel che è peggio è che all’alba del 2020 la Storia sembra proprio sul punto di ripetersi in qualche angolo di mondo.

Grugni dunque ci invita a rimettere in discussione il nostro passato ma anche il nostro presente e futuro. Lo fa attraverso una formula che in un certo senso mette a suo agio il lettore, quella del diario. Si ha quindi la sensazione di potersi effettivamente confrontare in maniera aperta e diretta con la persona “dall’altra parte delle pagine”, in questo caso il nostro Martin Krause, che assume dei contorni ancora più familiari dal momento che ci viene presentato come un figlio di italiani. L’autore mette così un pizzico della sua terra in questa vicenda tutta teutonica, perfetta da leggere nel pieno dell’inverno per infuocare i pensieri.