La stanza dei giochi: danze burlesche per la chiusura della stagione dell’Orchestra Filarmonica di Torino

La stagione 2017/2018 dell’Orchestra Filarmonica di Torino si chiude con giochi e fantasie ad occhi aperti, tra uno Stravinskj di sapore napoletano e ouvertures all’italiana. In attesa di commentare il cartellone della prossima stagione, ripercorriamo l’ultimo capitolo dell’OFT, all’insegna della joie de vivre. 

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_di Silvia Ferrannini
Se siete disposti a lasciarvi trascinare da un po’ d’immaginazione sommessamente naïf e figurarvi la fossa d’orchestra come una grande stanza dei giochi siete arrivati al cuore dell’ultimo concerto dell’Orchestra Filarmonica di Torino: la stagione si chiude (con notevole successo) all’insegna di un rossiniano stile italiano e con effetti di sorridente sorpresa haydiniani, con una punta di stravaganza alla Stravinskij che male non fa mai.
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Marco Angius, il quale ha diretto tra le altre l’Ensemble Intercontemporain, la Tokyo Philarmonic, la London Sinfonietta e l’Orchestre di Nancy, fa prendere tre celeberrimi autori per mano e li invita a fare un vivace girotondo: nel corso del concerto cambiano le velocità, i ritmi, magari qualcuno anche cascherà, ma tanto nell’illimitata libertà del gioco ogni mossa è consentita.
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Schubert nella sua Ouverture in re maggiore D 590 segue il suggerimento di Rossini che, pur nel momento più drammatico di un’opera, affida al gioco della strumentazione il potere di trascendere la trama e volare oltre la pretesa “musica assoluta” che avrebbe voluto, ad esempio, un serissimo Wagner. Un brevissimo interregno di lirismo conduce allo spensierato Allegro per arrivare poi al secondo tema, scoperto omaggio all’aria «Di tanti palpiti» del Tancredi rossiniano per poi chiudere, dopo un fluido e lieve dialogo tra gli strumenti, al Finale Vivace, che davvero fa respirare aria di casa.
Emanuele Luzzati – Serenata di Pulcinella
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Haydn invece ha sempre giocato con l’orchestra, esplorandola in tutte le sue possibilità ludiche: dalla sinfonia in cui gli strumentisti uscivano uno per volta spengendo le luci dei loro leggii, attraverso quella che imitava il ticchettio degli orologi fino alle innumerevoli imitazioni dei fenomeni naturali degli ultimi oratori (La creazione e Le stagioni) il compositore di Rohrau pare dire al suo uditorio che adulto è chi è ancora in grado di cercare l’infanzia anche col passare degli anni. La Sinfonia n. 99, composta per la serie dei «Concerti Salomon» di Londra, è estrinsecazione poetica di questa convinzione.
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Se si pensa al gioco in musica non ci si può non ritrovare subito nella stanza del bambino dell’Enfant et les sortilèges di Ravel, portando sulla ribalta giocattoli e sogni; Stravinskij prende la marionetta Pulcinella e continua a scavare nella gioventù delle sue memorie. Il materiale è tutto del barocco napoletano (che credeva essere di Pergolesi ma che una ricognizione filologica attribuì poi a Domenico Gallo e ad altri esponenti della scuola napoletana) e si ribella ad ogni pudore danzando, tra scherzini e tarantelle, in onore del burlesco, della joie de vivre, del prodigio della vita.
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