I Noir & The Dirty Crayons dall’aspetto potrebbero sembrare benissimo una band metal americana, ed invece sono di Bergamo e fanno un indie/pop-rock gagliardo. Il loro album d’esordio Paratechnicolor (interamente prodotto presso il RecLab Studio di Buccinasco) è uno spaccato di quotidianità, che si compone di un rock moderno e frizzante, con venature indie ed elettroniche curate, come ad esempio nel pezzo “Voci”.
Per molti aspetti suonano simili ai Subsonica, con l’alchimia di vari elementi come The Killers, Bluvertigo, Nek e I Ministri. I pezzi di questo rock leggero hanno ritornelli molto azzeccati e orecchiabili, da radio, come ad esempio la traccia “Dammi tempo”. In generale, i testi sono ironici, semplici e taglienti, esprimendo sentimenti e idee comuni, alle prese con le piccole cose di tutti i giorni, come il lavoro, la TV, i Social e l’economia. Davvero simpatica l’irriverenza in “Fuck” che sorprende con l’intermezzo reggae, o anche l’ambizione di “Divano Revolution” nel descrivere la frustrazione delle nuove generazioni. Noir & The Dirty Crayons sanno giocare con la musica, muovendo le giuste leve e restando dell’idea che la semplicità paga.
Nel video del singolo “Autodafè” (processo dell’Inquisizione Spagnola in cui i condannati erano obbligati a dichiararsi colpevoli altrimenti venivano arsi vivi) il gruppo bergamasco scherza sulle ‘pene’ d’amore che bisogna sopportare nelle mani di quel birbante di Cupido. E così, nel video l’ardente ragazza corteggiata, dopo brioche, caffè e birra, preferisce una bambola gonfiabile ad un vero uomo, sancendo la condanna per l’innamorato.
Il desiderio di trovare ancore di felicità o serenità, al di fuori della morsa dello stress quotidiano, è il filo conduttore di tutto il lavoro “Paratechnicolor”, come testimoniato inoltre da “Sono ancora vivo” e da “Fuzz”. Questa caratteristica della musica vivace dei Noir & The Dirty Crayons crea un saldo punto di intesa, di condivisione con l’ascoltatore.
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Marco Zoli