Red Dead Redemption 2 è già un cult, come i film di Sergio Leone

Il nuovo titolo di Rockstar Games ha superato ogni aspettativa: abbiamo provato RDR 2 rimanendo stupiti di come l’attuale generazione videoludica ormai al tramonto sia stata capace di sfornare un capolavoro assoluto come questo. Tra inseguimenti a cavallo, duelli a colpi di revolver e vita all’aria aperta Red Dead Redemption è un gioco che ha già fatto la Storia.


_di Mattia Nesto

Avete la neve fino al ginocchio e, armati di un fucile, state scendendo faticosamente da un dirupo gelato. Assieme a voi c’è un fido compare, uno che ne ha passate mille e che ha più ferite che ricordi felici. Piano piano siete sempre più vicini ad un gruppo di casupole e baracche. Ma non sono disabitate, anzi. Tutt’intorno infatti un manipolo di banditi, il peggio del peggio della peggiore feccia dell’America, sta scaricando qualcosa che sembra proprio dell’esplosivo. I desperados infatti si stanno preparando ad una rapina al treno che, non distante da qui, passerà tra poche ore. La vostra missione è di rubare la mappa della zona al capo dei banditi e, ovviamente, trafugare tutta quanta la dinamite. Quante vittime serviranno per raggiungere l’obiettivo poco importa:  voi siete Arthur Morgan, uno dei membri della banda di Dutch Van der Linde. Questo è Dead Read Redemption 2, il miglior gioco della nostra generazione.

Il titolo di Rockstar, uscito in questi giorni con uno dei più grandi battage pubblicitari della storia videoludica, infatti ha confermato ogni più rosea aspettative. Dopo circa venti ore di gioco (equamente divise nell’ultimo, piovoso e temporalesco fine settimana) ci siamo davvero innamorato del selvaggio West costruito da Rockstar. Un West, a dire la verità, non soltanto selvaggio dato che l’avventura prende avvio nel 1899, ovvero, praticamente, all’inizio dell’età contemporanea. E infatti lungo l’open world di RDR 2 si incontreranno molte “invenzioni” dell’età moderna: dalle canne a pesca segmentate passando per il tram fino alla presenza, ormai capillare, dell’illuminazione in molte città dell’America.

Ma oltre a questo, quindi al dettaglio di una civiltà ottimamente tratteggiata, quello che fa rimanere a bocca aperta il giocatore di turno è la composizione grafica degli ambienti, degli enormi spazi aperti dell’America sconfinata.

Raramente, forse mai, in un gioco contemporaneo si sono potuti ammirare dei cambi di luce così realistici (con la notte veramente notte e non semplice filtro stile nuit américaine), un cielo così realistico da sembrare “più bello del vero” e la natura che, prepotente, prende il suo spazio all’interno del gioco. Lupi cervi, orsi e altri simpatici animali infatti non saranno semplici comprimari ma protagonisti di RDR 2 . D’altronde il binomio che si andrò sviluppando con il vostro cavallo, man mano che l’avventura proseguirà, sarà sempre più forte e ci farà capire quanto fosse stato essenziale avere un fido destriero per salvare la pellaccia nel vecchio West.

Ma ovviamente non ci sono solo animali nel gioco di Rockstar. Le quest e gli npc che popolano il gioco infatti hanno un livello di scrittura sempre molto elevato. Certo si ha sempre la sensazione di essere di fronte a dialoghi da film, quindi meno realismo e più sapore filmico, ma questo non è un malus, anzi. Grazie ad un sapiente (e magnifico) gioco di inquadrature, giustappunto cinematografiche (anche se al giocatore è sempre data la possibilità di scegliere l’inquadratura che si preferisce, fino ad una deliziosa prima persona) ci si sente immediatamente proiettati in un film di Sergio Leone co-diretto dal recente Quentin Tarantino. Logico quindi capire come siamo di fronte ad un vero e proprio capolavoro del contemporaneo.

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Ma fin qui abbiamo parlato di massimi sistemi, la cosa che colpisce sta anche (e soprattutto) nella cura per i dettagli. Il livello di dettaglio infatti degli oggetti è altissimo, con tutta una serie di alimenti, dalle gallette di riso ai cosciotti di agnello, che se ingeriti avranno effetti e recuperi di energia molto differenti. Allo stesso modo la possibilità di scegliere se, ogni tanto, concedersi un buon sigaro oppure farsi un goccetto di bourbon per rinsaldare lo spirito (e la barra della “stamina”) sarà sempre nelle nostre mani. Come nelle nostre mani, e qui davvero stiamo toccando dei vertici assoluti, sarà la storia. Infatti per un gioco story-driven come questo la possibilità di scegliere un’azione come un’altra, di risparmiare la vita oppure di trucidare l’avversario di turno oppure soccorrere un infido compare di (s)venture porterà a radicali cambiamenti nella nostra di storia.

Anche la gestione dei tempi, sia quelli legati agli spostamenti che quelli legati ai duelli e alle sparatorie, è eccezionalmente realistico ma, lungi dalla fedeltà assoluta, la sensazione di essere all’interno di un videogioco c’è sempre e lo sapete perché? Perché, costantemente, ci si diverte! Infatti DRD 2 non è un survivor di quelli iper-realistici dove basta tagliarsi con una spina per morire in preda a dolorosi spasmi. No qui ci sono notevoli concessioni al realismo ma tutte finalizzate al giocare, alla possibilità di fruire al meglio del videogioco. Quello per cui, in fondo, siamo tutti qui no?

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Nonostante le lamentele che alcuni lavoratori di Rockstar hanno manifestato in questi giorni per gli orari folli che hanno portato alla creazione di Red Dead Redemption 2, dobbiamo ammettere come tale titolo sia diventato, in maniera immediata, un instant-classic, una di quelle chiavi di volta del medium videoludico in cui, raramente, ci si imbatte. E in questa generazione, ormai al tramonto, Zelda Breath of The Wild e Red Dead Redemption 2 hanno dato quello scarto che ci farà ricordare per sempre dove eravamo e in che stato fossimo la prima volta che abbiamo giocato una partita ad uno dei due giochi. Senza dimenticare poi il nuovo God of War, quella meraviglia di Monster Hunter World, Mario Odyssey o lo stesso, delizioso, Horizon Zero Dawn e con quel Death Stranding di Kojiima San dietro l’angolo. Insomma il cielo del vecchio West videoludico non è mai stato tanto bello da giocare e da vivere.

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