La notte del Getsemani, simbolo della notte dell’uomo

Nel suo nuovo libro La notte dei Getsemani, edito da Einaudi, Massimo Recalcati si addentra nell’esperienza dell’umano dolore e del senso di tradimento e di solitudine di Cristo prima della Passione.

_ di Federica Bassignana

La notte del Getsemani (Einaudi) racconta il sudore, il sangue, la sofferenza, la preghiera: a penetrare quel dolore, indagarlo, e descriverlo, è lo psicanalista Massimo Recalcati, orientato verso la dimensione più profondamente umana dell’ultima notte di Cristo.


«Perché uno psicanalista si occupa della notte del Getsmani? Perché qui abbiamo a che fare con l’esperienza umana del dolore, del tradimento e dell’abbandono. E questo ci riguarda tutti».  – Massimo Recalcati.


Nell’orto degli ulivi, poco fuori Gerusalemme, tutto ciò che Gesù ha predicato fino a quel giorno si traduce in una testimonianza: il verbo si fa carne. Il nuovo libro di Recalcati va oltre l’ideologia del martirio e la lettura sacrificale del cristianesimo e scorge in quell’atto un gesto estremo di amore.

«Dove c’è amore, c’è tradimento. Chi tradisce rompe quel legame intenso e profondo».

La notte che precede la fine, Gesù viene tradito con un bacio, con le parole e con le promesse non mantenute, subisce fino in fondo il suo destino di abbandono assoluto, di prossimità irreversibile alla morte e si ritrova da solo nell’intimità della pregheria. Se Dio si è fatto uomo, nella notte del Getsemani, Dio si è fatto fragile: viene ribaltata radicalmente la visione teocentrica di Dio, nelle forme dell’angoscia e della debolezza. Le sue preghiere in solitudine si rivolgono a un Dio padre che l’ha abbandonato e implorano un’eccezione ma il silenzio della risposta non annichilisce la preghiera e la supplica si traduce nell’accettazione finale, rassegnata e consapevole del proprio destino: sia fatta la tua volontà.

Articolo legato all’ultima edizione del Salone del Libro di Torino, in sinergia con il blog del Circolo dei Lettori