[REPORT] Gli Xiu Xiu fanno tappa a Twin Peaks

Sold out per la rivisitazione della colonna sonora della serie firmata Lynch/Frost ad opera della band di Jamie Stewart (protagonista anche dell’afterparty in tandem con Fabrizio Modonese Palumbo). Un’esperienza mistica e un successo targato Cinema Massimo, Superbudda e Kadmonia. 

La serata, introdotta da Stefano Boni del Museo Nazionale del Cinema, ha ricalcato l’esperienza portata per prima alla Queensland Gallery of Modern Art per la mostra “David Lynch: Between Two Worlds” del 2015, ricombinando la performance abrasiva ed elettrizzante della band al loop ipnotico di visuals ispirati dalla serie tv di Lynch/Frost alle loro spalle; la scala di casa Palmer che attraversa dimensioni di terrore; l’infinito roteare delle pale di una ventola da soffitto; l’eterno, ipnotico, religiosamente tarkovskiano soffiare del vento tra i rami degli alberi che circondano i misteri di Twin Peaks.

And I’ll see you
And you’ll see me
And I’ll see you in the branches that blow
In the breeze,
I’ll see you in the trees
Under the sycamore trees

(‘Sycamore Tree’, David Lynch & Angelo Badalamenti)

La band californiana incanala lo spettro di energie dell’universo di Twin Peaks – di luce, tenebra e ogni sfumatura – in una performance viscerale. Jamie Stewart è un crooner infernale, un po’ Elvis un po’ freak dall’altro mondo; dal suo cuore selvaggio si spreme sul palco ogni goccia di sangue, pur di donare energie allo spettacolo. Angela Seo, corrucciata e altera alle sue tastiere, pare lo spettro della bellissima Jocelyn Packard (Joan Chen, attrice e regista di ‘Xiu Xiu: The Sent Down Girl’, origine del curioso nome della band di San Jose); Shayna Dunkelman, eccellente percussionista, porta invece un sorriso enigmatico e una energia giocosa e vulcanica con la quale si delizia a sconvolgerci – e poi, nel gran finale, si fa medium dello spirito di Laura, recitando il torbido passaggio chiave del suo diario segreto.

Il concerto è una esperienza unica, irriducibile a descrizioni; un gioco magico di scatole cinesi, performance dentro le performance che si elevano a potenza e si amplificano, sigilli magici per aprire portali su una dimensione immutabile creata forse da David Lynch stesso – o forse anch’egli è solo un canale attraverso cui interfacciarci con questa realtà parallela (leggi qui il nostro focus sul rapporto tra Lynch e la musica). Ogni passaggio di strumento, danza o lamento, ogni cosa è misurata, ritualizzata, eppure al contempo naturale, fluida, disumana. L’istinto direbbe: vedete per credere. Ma parte di noi teme che sia stato tutto un sogno, un incantesimo irripetibile nel quale siamo caduti per una sera soltanto.

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Gallery a cura di Corrado Iorfida