FUTURA 1993 X OUTsiders | [INTERVISTA] W, Il manifesto di Populous per una festa libera di confini

Andare a dormire a Milano e svegliarsi in Brasile: niente di più facile per Andrea Mangia, in arte Populous, che con la sua nuova release “W” unisce la potenza di un concept album manifesto del women empowerment con la abituale ricerca di sonorità provenienti da tutto il mondo che ormai è marchio di fabbrica e segno distintivo del producer salentino. Futura 1993 ha intervistato per noi Populous alla scoperta della sua ultima fatica discografica.


_di Filippo Duò

Populous è un artista che, come pochi, ad ogni sua nuova uscita riesce a sorprendere, conducendo l’ascoltatore nei luoghi più disparati del pianeta, coniugando elettronica e sonorità tradizionali sempre con grande gusto e maestria. Così, dopo l’esplorazione del globo nella sua interezza con Night Safari e il viaggio nelle sfumature della cumbia elettronica con Azulejos, arriva W, un ulteriore tassello a testimonianza della sua costante esplorazione senza limiti di qualsiasi genere musicale.

W come Women: il producer salentino, al secolo Andrea Mangia, dopo alcuni episodi di intolleranza e discriminazione nei confronti di sue colleghe che lo hanno particolarmente scosso, ha deciso di dedicare un intero progetto all’immaginario femminile, con una cosciente presa di posizione sociale e politica svincolata da barriere e pregiudizi, totalmente genderless. Il disco è un po’ un riassunto di tutte le esperienze maturate nel corso degli anni da Populous, per quello che più si avvicina ad un vero e proprio manifesto artistico e che fin dal coloratissimo immaginario della sua copertina invita ad esporsi in maniera coraggiosa e libera da qualsiasi condizionamento. 

Dieci tracce, dieci featuring diversi, ognuno con uno specifico mood figlio dell’abile unione fra curatissimi timbri produttivi e influssi che non dimenticano la cultura di provenienza degli artisti coinvolti, passando nel giro di pochissimi minuti dal Brasile al Giappone e dal Messico a Porta Venezia con nomi del calibro di EMMANUELLE, Sobrenadar, Weste, Lucia Manca, oltre all’immancabile M¥SS KETA tra gli altri.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Andrea per addentrarci pienamente nel progetto e scoprirne tutte le sfumature e i riferimenti, ecco cosa ci ha raccontato.

Come si è sviluppato il processo creativo del disco? È nato con l’idea precisa di essere un concept album o ti sei accorto che lo sarebbe stato strada facendo? 

È tutto nato dalla prima canzone che ho composto per il disco, ovvero Out of Space con Cuushe: lei ha avuto una storia pazzesca e paurosa che non tutti conoscono, tra stalking e violenza, e, una volta superata, ha deciso di renderla pubblica. Realizzando il pezzo, il suo primo dopo molto tempo, mi sono accorto che fosse in atto una sorta di rinascita dopo un periodo buio della sua vita e, contemporaneamente, degli episodi di attualità avvenuti nello stesso periodo mi hanno convinto a fare un album un po’ più “sociale” e politicizzato, anche se il risultato finale è tutt’altro che politico e aggressivo, anzi. È molto dolce e sensuale, non volevo mettere completamente in musica le mie sensazioni su questo argomento. Quindi fin dal primo pezzo mi sono accorto che avrei intrapreso questa strada del concept album e poi sono andato avanti di conseguenza con tutte le altre canzoni. 

Per realizzare Azulejos hai vissuto alcuni mesi a Lisbona lasciandoti influenzare dal suo immaginario per ottenere determinate atmosfere nei pezzi, in questo caso il mood è molto più variegato. Da cosa ti sei fatto maggiormente ispirare? 

Questo è stato uno degli “hot topic” della nascita del disco, infatti ero molto contento del risultato stilistico finale di Azulejos, ma non mi andava di ripetermi rimanendo nella mia comfort zone.

Il mio obiettivo è stato quello di rispettare lo stile di tutte le persone che ho coinvolto, unendo le sonorità che avevo appreso e affinato nei lavori precedenti con le singole caratteristiche di tutti gli artisti.

Ad esempio con Sobrenadar siamo andati in una direzione più dream pop e onirica, mentre con i Sotomayor abbiamo pigiato l’acceleratore sul tropicalismo e su un suond estremamente vivace. Il disco è molto variegato, al contrario di Azulejos che era nettamente più omogeneo, ma visti i numerosi collaboratori era impossibile ottenere un risultato così coeso anche in quest’occasione.

Una curiosità sulla produzione: quanto c’è di elettronico e quanto di analogico nei suoni? So che nel precedente lavoro avevi fatto un’accurata scelta dei sample percussivi e vocali, in questo caso come ti sei approcciato? 

C’è molto programming, come in tutte le mie produzioni. Allo stesso tempo però ci sono delle cose che avevo suonato e registrato in precedenza, processando poi il tutto in studio attraverso delle macchine analogiche. In ogni caso ci sono pochi strumenti “veri”, gran parte del lavoro è avvenuto tramite macchine, siano esse, appunto, analogiche o computer e campionatori. Inoltre, anche qui, a differenza dell’album precedente, non c’è stata una ricerca spasmodica del suono proveniente solo da alcune specifiche parti del mondo, anche perché nel 99 % dei casi è una cosa che senti solo tu che lo sai ma la maggior parte della gente non lo percepisce (ride, ndr).

Come sono avvenute le collaborazioni con i numerosi artisti coinvolti? C’è qualcuno che manca all’appello e con cui ti piacerebbe collaborare?

Dove ho potuto ho cercato direttamente il rapporto fisico, incontrandoci, scrivendo insieme e andando in studio insieme a registrare, fino addirittura al mix in alcuni casi, come in Roma con Matilde Davoli. Altre collaborazioni erano più complesse da un punto di vista logistico e, di conseguenza, come con Cuushe, abbiamo lavorato tramite un “ping pong” a distanza di idee strumentali e parti vocali. Un gruppo che mi sarebbe decisamente piaciuto coinvolgere sono i Buscabulla, sudamericani che suonano come un misto fra pop alla Stereolab e tropicalismo. 

In particolare non posso non chiederti di parlarci del singolo con M¥SS KETA. Non è la prima volta che lavori con lei, come è nato e come si è evoluto il vostro sodalizio nel corso degli anni? 

Il nostro sodalizio si basa innanzitutto su un profondo rapporto di amicizia e stima a livello strettamente umano. Lei la conosco praticamente fin dagli inizi e il modo in cui ciò è avvenuto è anche abbastanza bizzarro, ci davamo infatti degli appuntamenti tramite commenti sotto i video di YouTube (ride, ndr). Ci siamo successivamente incontrati scoprendo una forte affinità reciproca e le collaborazioni musicali sono arrivate di conseguenza. Il fatto che proseguano ancora non può che farmi piacere, inoltre era impossibile non avere lei in un disco dedicato alla femminilità, alle donne e all’inclusività.

W, fin dai singoli, ha un progetto grafico estremamente colorato e variegato, ce ne parleresti un po’? 

L’artwork è stato interamente seguito da Nicola Napoli, italiano ma ora di base a Berlino, artista queer di grande talento che in passato ha illustrato le locandine di una serie di eventi molto importanti della scena, come alcuni festival che si sono tenuti al Berghain. L’ho conosciuto l’estate scorsa e appena ho visto i suoi lavori ho istintivamente capito che sarebbe stato lui a curare tutte le grafiche di W. Dopo esserci scambiati alcune idee abbiamo portato avanti il progetto con la volontà di far capire immediatamente all’ascoltatore chi ci fosse dietro al progetto, cercando di mettere fortemente in risalto i concetti di coralità e inclusività legati alla community LGBTQ+ in una copertina che all’inizio è nata come una citazione di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, traslata in un mondo queer e clubbing. Abbiamo inserito un po’ di personaggi iconici mixati a persone qualunque in una grande festa utopica per quello che vuole essere un inno alla libertà.

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La tua creatività non si è mai fatta ingabbiare da barriere di genere, collaborando indifferentemente con Vasco Brondi, Pretty Solero, Machweo, Sem & Stenn e molti altri. Dopo alcuni anni all’interno del panorama musicale come valuti il tuo percorso alla luce delle tue numerose influenze stilistiche?

Tutte le collaborazioni che hai citato non sono nate a tavolino per logiche discografiche imposte dalle etichette, di base sono tutte persone che conoscevo già e il rapporto è stato molto più umano rispetto a quella che può essere una sterile chiamata da parte di una major. In particolare, nel caso di Vasco c’è da dire che lui è un mio grande fan e mi ha sempre mandato dei messaggi bellissimi, così la nostra collaborazione nel suo brano Mistica è nata spontaneamente dopo aver condiviso un dj-set durante il festival di Internazionale a Ferrara. In generale non amo collaborare con chi non conosco o con cui non ho un rapporto profondo. 

Sappiamo che avresti portato questo disco dal vivo con delle performance artistiche molto particolari. Cos’è per te l’esperienza live e come vivi il rapporto diretto col pubblico? 

Essendo un lavoro abbastanza difficile da portare dal vivo per via delle numerosissime persone coinvolte provenienti da troppe parti del mondo, avevo pensato di portare dal vivo una specie di circo queer con dei ballerini e dei video di “genere” sui ledwall. Sarebbe stata indubbiamente un’idea nuova di dj-set per il nostro panorama, avevo la voglia e la curiosità di mettermi alla prova. Già l’anno scorso avevo fatto una data sperimentale di questo tipo in collaborazione con il mio amico Protopapa e sarebbe stato bello fare un intero tour così. Per quanto riguarda l’esperienza live, penso che sia stata tutta la mia attività da DJ ad influenzare le mie produzioni in studio e non viceversa. Suonare in giro e mettere i dischi nei locali più disparati ha influenzato moltissimo la mia concezione di produzione, quindi quando realizzo un album so quali sono i contesti in cui potrei proporlo, adeguando di conseguenza la struttura e i suoni. W è nato per stare esattamente a metà tra l’ascolto intimo, casalingo e la riproduzione in un club o in un festival.

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Alla luce delle tue esperienze credi che una nuova forma di live, ovvero quella in formato streaming, sia possibile? 

Credo che sia una forma di live estremamente legata all’ultimo periodo e destinata a rimanere momentanea. È abbastanza evidente dalle manifestazioni che stiamo vedendo in ogni città che il futuro degli eventi dal vivo non sarà in streaming, a breve molte cose potrebbero tornare come prima, ma nel caso in cui non fosse così sarei pronto a mettermi in gioco per esplorare nuovi orizzonti. Quel che è certo è che questa modalità di concerti in streaming non mi piace, se non in determinati contesti, è una cosa che non mi interessa. 

Per salutarci, ci sono degli ascolti che nell’ultimo periodo ti stanno particolarmente appassionando e che ti sentiresti di consigliarci? 

Certamente! Mi piace moltissimo questo progetto brasiliano veramente matto, Numa Gama, la cui mente principale è genderless. Il loro sound è una sorta di cumbia psichedelica elettronica influenzata dagli Animal Collective, da non perdere. Poi, consiglio vivamente i già citati Buscabulla, incredibili, il nuovo disco di Zebra Katz e l’album di Lido Pimienta, stupendo. Ho anche una playlist sul Spotify che vi consiglio vivamente di seguire (ride, ndr), perché lì raccolgo tutte le uscite recenti che più mi piacciono: si chiama ‘POPY FAV 2020’, troverete un sacco di belle canzoni che mi hanno influenzato negli ultimi mesi.

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