Moloch: la colonna sonora di una protesta antropologica

Un progetto artistico ardito e visionario fra sperimentazioni elettroniche ed una ricerca testuale che richiama la migliore tradizione progressive italiana.

Moloch è il punto di congiunzione tra due artisti e le loro visioni, Gianni Venturi e Lucien Moreau,  è lo specchio della natura umana, è un personaggio mitologico, un demone dell’antichità più volte citato in numerose opere letterarie di differenti scrittori in differenti epoche, dal “Paradiso Perduto” di John Milton alle poesie di William Blake, fino alla visione moderna e di interesse contemporaneo che Allen Ginsberg ne dà nel suo famosissimo poema Beat di denuncia “Urlo”.

Moloch è il demone del sacrificio, entità leggendaria dalla testa di toro e stomaco di fuoco presso cui venivano immolati i nascituri. Di lui Ginsberg ne dà un riferimento impressionante, descrivendolo non solo come mostro degli estremismi e delle false promesse ma anche come metafora della macchina capitalistica, ingranaggio della società dei consumi che divora giovani anime per ridurre in schiavitù il genere umano, sempre più connesso, sempre più legato a doppio filo alla dittatura del progresso, alla droga del possesso, alla sacra soma del sogno occidentale. Un potere democratico e totalitario, che poi è semplicemente espressione della natura umana più recondita, dall’origine dei tempi.

Gianni Venturi approfondisce in questa intervista per OUTsiders webzine la natura del suo progetto discografico che spazia dal cinema, alla letteratura passando per un’attenta analisi antropologica e sociale.

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Moloch è un progetto di arti che si attraversano trasversalmente dando vita ad un genere musicale che si può inserire nella sfera dell’elettronica e del progressive ma, riserva potenzialità di ricerca molto interessanti: come è nato e si è sviluppato il progetto?

“Il progetto si è sviluppato attorno ad una coincidenza di percorso, poiché eravamo entrambi impegnati a raccontare con strumenti diversi la medesima storia. Riconosciuto ciò, abbiamo pensato di fondere queste due identità, queste due visioni, queste due personalità: quella più elettronica e cinematografica della musica con quella più rock e progressive della voce. La nostra idea è stata quella di costruire un paradigma compositivo: la musica come voce dell’universo, la voce come musica del genere umano. È dalla sinergia tra queste due sfere che nasce Moloch, dalla necessità di dare corpo ad una rivoluzione interiore, che noi – come tanti altri artisti – portiamo in seno, forse figlia del nostro tempo, se il tempo ancora esiste.”

Gianni Venturi e Lucien Moreau: perché avete scelto di collaborare?

“Gianni Venturi è un essere umano, forse, ed è capace di muovere le montagne con la sua voce e la sua poesia, diretta conseguenza della sperimentazione vocale di Demetrio Stratos, Björk e altri grandi artisti. Ha attraversato – più o meno indenne – innumerevoli esperienze musicali e di vita, con band alternative e di ricerca, come gli Altare Thotemico. Ha vissuto sulla strada per un periodo, in Inghilterra, poi nelle città degli uomini e nelle zone assolate del Sistema Solare, sferzando di poesia i grumi di farina della Via Lattea. Lucien Moreau non ritiene di essere umano ma forse, in fin dei conti, lo è. Vive di simboli, paradossi e musica.

Un giorno decise che la maniera migliore per avvicinarsi a Dio – ovvero al grande bonzo rasato dal volto di porcellana – era quella di interpretarne i suoni, ascoltando la voce dell’interstizio. E così cominciò a scrivere musica minimalista, elettronica, trascendentale, sulla scia di artisti come Sigur Ròs, Max Richter, Tycho, Philip Glass, Woodkid e Johann Johannsson, fino a trovarsi in rotta di convergenza con la musica da film, capace di veicolare un discorso sinestesico più della comune musica da ascolto, portandolo a collaborare con realtà interessanti e varie – non ultima quella con il MAXXI di Roma. La scelta di lavorare insieme a questo album è avvenuta per un motivo molto semplice: affinità elettiva.”

Il vostro è un album di protesta sociale con un’anima che si proietta verso immagini cinematografiche: potreste spiegarci meglio?

“Il cinema è l’esperienza visiva del presente, ma anche uno dei linguaggi del futuro, capace di veicolare emozioni in maniera unica, sul crocevia di tutti i sensi. Nel XX secolo il cinema è stato in grado di fare protesta sociale, l’esempio più classico nel nostro caso (per giunta direttamente connesso a Moloch) è il “Metropolis” di Fritz Lang, così come la fotografia del modernismo esasperato in “Playtime” di Jacques Tati. Passando attraverso i classici del passato, come “Tempi Moderni” di Charlie Chaplin per sbarcare nella fantascienza contemporanea che non fa altro che raccontare i pericoli della disumanizzazione, del controllo totale, della sicurezza ad ogni costo, della burocratizzazione, della genetocrazia. Tutto ciò noi abbiamo tentato di condensare nell’esperienza uditiva di Moloch, che è un atto di ribellione nel suo senso più filosofico (ri-belle, ovvero “tornare a rivoltarsi”, perché ogni cosa che attraversa una rivolta finisce per diventare “bellum” di nuovo – attraversare il buio per tornare alla luce, la grande Bellezza). In sostanza, desideriamo un mondo più bello. E nell’album, per chi sa ascoltare attentamente, non solo denunciamo i problemi ma proponiamo delle soluzioni.”

Molte le collaborazioni che hanno preso parte a questo album: volete presentarcele meglio?

“All’album hanno partecipato due intense voci femminili, quella altera e profonda di Chiara Megan Munari, perfetta nella recitazione del poema di William Blake “The Tiger”; e quella magica e straordinaria di Alice Lobo (in arte LoboLoto), capace di insinuare nella membrana sonora un contrappunto determinante alla possanza di Gianni. Con noi, nei concerti live, talvolta avremo la presenza straordinaria di Andrea Pavinato, grande contrabbassista e inventore di strumenti musicali inimmaginabili. Altra figura di notevole importanza per la realizzazione di Moloch è Federico Viola, che non solo ha registrato e mixato il tutto, ma che ha anche determinato la dimensione sonora di alcuni brani e del mood generale.

Tanti altri sono stati i collaboratori che hanno preso parte alla realizzazione del video ufficiale del nostro singolo “Kaddish”, che su YouTube ha totalizzato 11500 visualizzazioni in poco più di un mese: la performer di danza contemporanea e coreografa Alessandra Fabbri, il make-up artist Tobias Tran, la pittrice surrealista Alessandra Naif, l’interprete ed esperta di spiritualità orientale Melina Tena Lua, Pierre Houben che ha dato un volto a Moloch, la costumista Maurizia Farinelli e il fotografo Giacomo Brini. Una menzione speciale al fotografo e amico Simone Anomalia Furia, che ha curato la nostra immagine in maniera impeccabile.”

Chi sono le Anime Erranti (titolo di uno dei vostri brani)? E voi potreste considerarvi tali?

“Le Anime Erranti sono quelle che vagano per tutta la loro vita (e non solo), sostenendo con il loro racconto l’esistenza (e la persistenza) del tutto cosmico. Sono dediti al giorno, sono dediti alla notte, sono quello che sono. Sono quelli di cui parla Michael Ende in alcuni suoi racconti, sono quelli che si oppongono all’avanzare del Nulla che dilaga. Sono quelli che cercano la parola mancante. Sono i saltimbanchi del tempo, i custodi dell’arte di meravigliarsi e dalla consapevolezza del non-sapere. Sono quelli che si ribellano, sono quelli che incitano alla rivoluzione interiore, sono quelli che non si fermano davanti alla paura o davanti ai limiti imposti. Ma anche sono quelli che non dimenticano mai l’importanza della gentilezza. Forse siamo noi. Forse. Ma saranno gli altri a considerarci tali, come sempre avviene.”

Canto Armonico del Silenzio, Libera la Follia: sono molte le immagini di dualismo e apparente contrapposizione che compongono l’album.

“La contrapposizione e il dualismo sono l’essenza del nostro lavoro. E non solo del nostro lavoro. Si tratta di una visione “quantistica” ma anche “zen”. Come può una cosa esistere e non esistere allo stesso tempo? Qual è il colore del vento? Dove vanno le anatre d’inverno? Noi siamo una domanda, la cui risposta deve essere scoperta. A tale scopo, è sufficiente ascoltare il nostro album Moloch.”

La vera “Rivoluzione” musicale secondo voi quale potrebbe essere?

“Ascoltare la musica del silenzio. Ma l’aveva già fatto John Cage, con i suoi 4’33”. Filosofia a parte, una grande “rivoluzione” musicale sarebbe quella di sostenere, condividere e ascoltare i progetti musicali (e non solo musicali) di chi non si adatta al mondo delle “etichette”, al mondo delle majors. Bisognerebbe infischiarsene della SIAE e fare l’amore in mezzo all’orchestra che intona il Requiem di Mozart.

Bisognerebbe dire addio a chi vive sulle spalle dell’arte, per abbracciare chi vive per l’arte. E sono in tanti, siamo in tanti. Autoproduzioni. Crowdfunding. Sperimentalismi. Ricordo sempre una frase che dice: “La musica più bella è quella che ancora non abbiamo ascoltato”. Dobbiamo osare. Osare. Osare. Senza paura. Perché il mondo ha bisogno di genialità, di sregolatezza, di arte e di Bellezza. Motivo per cui abbiamo deciso di vendere il nostro album in digitale ad 1 Euro, il costo di un caffè.”

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Che senso e potenzialità ha attualmente un album di denuncia antropologica?

“Ha molto senso. Tutto è antropologia: le scarpe che indossiamo, le parole che pronunciamo, i santi che preghiamo. Anche il cellulare che compriamo è antropologia. Anche le macchine che guidiamo sono antropologia. Anche i cambiamenti climatici e lo scioglimento dei ghiacciai sono antropologia. Per comprendere gli effetti di una catena di eventi bisogna risalire alla radice del problema. Niente di più facile (e allo stesso tempo difficile), perché le radici sono dentro ognuno di noi, nel profondo. Bisogna scavare, oggi più che mai. Bisogna imparare a conoscere se stessi: “gnōthi seauton” (conosci te stesso) sta scritto sul tempio di Apollo a Delfi. Per risolvere i tempi in cui viviamo, per trovare una strada, per non doverlo fare quando sarà troppo tardi (e forse già lo è). Perché abbiamo una responsabilità, tutti noi, ognuno singolarmente, nel proprio piccolo: fare del mondo un luogo di Bellezza e proteggere questo sogno con tutte le nostre forze. Gandhi docet.”

Prossimi impegni live?

“Saremo il 24 Aprile al Circolo ARCI Bolognesi di Ferrara per il primo live di Moloch, dove promettiamo che lo show sarà indimenticabile e assolutamente non ‘politically-correct’. A seguire, il 30 Maggio suoneremo sul palco del Bravo Caffè di Bologna. Siamo stati recentemente contattati da un importante festival musicale britannico, con il quale stiamo contrattando una collaborazione per il 2017 in Inghilterra, così come altre date in locali europei sono al vaglio, prospettandoci un piccolo tour che ci porterà tra Roma, Milano, Parigi, Berlino e Londra. Le nostre divise da concerto sono pronte e spolverate. Ora non ci rimane che spargere un po’ del nostro “rock” in giro per la galassia.”