“La città gioca d’azzardo”: Il noir italiano che affascina ancora dopo 50 anni

Negli anni ’70 sono usciti tantissimi film e alcuni di questi sono letteralmente rimasti nella storia. Tra questi, “La città gioca d’azzardo” di Sergio Martino è senza dubbio un caso emblematico perché spazia dal giallo alla commedia sexy. Qui, Martino si è cimentato con il noir metropolitano ed è riuscito a mescolare benissimo il genere con una narrazione solida e con delle atmosfere cariche di tensione. A cinquant’anni di distanza, il film continua a catturare l’interesse degli appassionati e degli studiosi del cinema perché offre una visione lucida e cruda sulla realtà urbana, una realtà dove il gioco d’azzardo clandestino, la violenza e la ricerca del potere dominano le vite dei protagonisti.

Un noir urbano tra Milano e Nizza

Il film è ambientato a Milano, ma la Milano che Martino ci mostra non è quella delle cartoline turistiche, né quella ordinata e borghese che siamo abituati a immaginare. Al contrario, è una città oscura, piena di angoli nascosti, di locali notturni e di bische sotterranee, un luogo dove il crimine e il gioco d’azzardo si intrecciano con la quotidianità. È in questo scenario che si muove Luca Altieri, interpretato da Luc Merenda, un uomo d’affari del gioco, elegante e calcolatore. Merenda, uno degli attori più noti del poliziesco italiano degli anni Settanta, riesce a rendere il personaggio di Altieri con grande carisma e profondità.

Dopo un colpo andato storto, Altieri si rifugia a Nizza, ma finisce per immergersi ancora più a fondo in un giro d’affari pericoloso. La sua abilità come baro lo mette in contatto con una rete criminale che ha a capo il Presidente, un personaggio carismatico e temuto, interpretato da Enrico Maria Salerno. La tensione narrativa aumenta man mano che il protagonista si ritrova invischiato in un turbine di tradimenti, di giochi psicologici e di ambiguità morali.

La scelta di alternare le scene tra l’Italia e la Costa Azzurra dà al film una dimensione interessante, crea un mix tra la realtà italiana e le influenze internazionali, che contribuisce a rafforzare l’atmosfera inquietante e l’ambientazione metropolitana.

Una riflessione sul gioco d’azzardo tra ieri e oggi

Uno degli aspetti più interessanti de “La città gioca d’azzardo” è il modo in cui il film affronta il tema del gioco d’azzardo. Il film non si limita a mostrare il fascino ambiguo di questo mondo, ma esplora anche i pericoli nascosti dietro l’illusione del controllo. La storia racconta di un microcosmo dominato da regole non scritte, dove l’intelligenza e la freddezza mentale sono altrettanto importanti della forza fisica.

Oggi, in un’epoca in cui il gioco d’azzardo è cambiato con l’arrivo delle piattaforme online e dei casino online esteri che permettono di giocare da qualsiasi parte del mondo senza la necessità che il provider abbia una licenza italiana. In questo caso, ci si affida a delle licenze internazionali altrettanto valide che garantiscono l’affidabilità del casinò. il film conserva una sorprendente attualità. La psicologia del giocatore, la ricerca di un controllo che sfugge sempre e la centralità del rischio sono dei temi che continuano a essere rilevanti, anche in un contesto completamente diverso. La visione disincantata che Martino ci offre sul gioco d’azzardo e sulla sua attrattiva pericolosa è un tema che non ha perso di significato.

Personaggi complessi e relazioni pericolose

Un altro elemento che rende “La città gioca d’azzardo” un film da ricordare è la caratterizzazione dei suoi personaggi. Non ci troviamo di fronte ai tipici cliché del cinema di genere, ma a dei personaggi sfaccettati e davvero complessi. Altieri, ad esempio, non è semplicemente un antieroe: è un uomo brillante, razionale, consapevole delle proprie capacità e dei propri limiti. Non cerca la giustizia, ma lotta per sopravvivere e, in qualche modo, per redimersi.

Accanto a lui, ci sono altre figure che riflettono i vari aspetti del potere e della corruzione. Maria Luisa, interpretata da Dayle Haddon, è un personaggio ambiguo, diviso tra il desiderio e l’opportunismo. La sua relazione con Altieri non si limita a un’attrazione fisica, ma si basa su un calcolo sottile, che emerge lentamente nel corso del film. Corrado Pani, nel ruolo del figlio del Presidente, incarna l’instabilità e l’arroganza della seconda generazione criminale, più impulsiva e meno fredda rispetto al padre.

Il Presidente, invece, è una figura magnetica, capace di gestire i suoi affari con una calma che nasconde una violenza pronta a esplodere. Salerno dipinge il personaggio con grande maestria, gli dona una presenza autoritaria e inquietante che resta impressa.

La regia di Martino e il contributo tecnico

Sergio Martino, come regista, costruisce “La città gioca d’azzardo” con una mano sicura, evita i virtuosismi inutili e si concentra sulla solidità della narrazione. La regia è precisa, sobria, sempre funzionale al racconto. Martino sa quando è il momento di far crescere la tensione e quando invece lasciare spazio ai silenzi e agli sguardi.

Giancarlo Ferrando, il direttore della fotografia, gioca un ruolo fondamentale nel costruire l’atmosfera del film. Le luci fredde e i tagli netti delle sue inquadrature accentuano il senso di pericolo imminente. Gli ambienti angusti delle bische, i corridoi anonimi degli alberghi e le stanze lussuose degli hotel diventano dei luoghi carichi di claustrofobia, dove ogni passo può essere fatale. La fotografia contribuisce a creare un clima di tensione che avvolge lo spettatore, fa sentire il pericolo incombente.

La colonna sonora, curata da Luciano Michelini, è un altro elemento fondamentale del film. La musica accompagna l’intera narrazione senza mai sovrastarla. I temi jazzati si alternano a dei passaggi più drammatici, creano un tappeto sonoro che rafforza l’atmosfera noir e intensifica la sensazione di oppressione che permea la storia.