[REPORT] Kaos, MezzoSangue, Egreen: se una fenice risorge dalla cenere | BOtanique

Il trio fa tappa a Bologna per una serata dove l’hip ­hop cerca la “purezza” delle origini.

di Filippo Santin  –  Ci sono cose che non cambiano mai. Può darsi che si muovano sotterranee, eppure continuano a vivere. L’hip-hop è prima di tutto una cultura, e anche se cambia forma di continuo, la sua ossatura rimane la stessa.
“Ossatura” sembra essere anche un termine in grado di raccontare l’attitudine di Kaos, MezzoSangue, Egreen: uno scheletro è essenziale, contiene il cuore, è nascosto dalla carne ma dà forma a ciò che si vede in superficie. Martedì 5 luglio i tre hanno suonato al Botanique di Bologna. Da tempo, infatti, capita di vederli girare i palchi d’Italia assieme, vuoi per una sorta di affinità spirituale nel fare rap.

La serata prometteva pioggia, ma alla fine il cielo è stato clemente. Egreen apre le danze quando il sole non è ancora calato del tutto. Sotto al palco c’è già un buon numero di persone, con le mani alzate per il signor Fantini.
Come su disco, Egreen va diretto al punto: niente orpelli da superstar, niente che vada troppo al di là della musica. Egreen è prima di tutto un “maestro di cerimonie”, come non se ne vedono più.
Tra un pezzo e l’altro non si ferma mai, se non per comunicare con le teste hip-hop davanti a lui: a loro parla il linguaggio di chi non è salito in cattedra, ed è sempre pronto ad ascoltare per poter crescere, come rapper e magari anche come individuo.

Purtroppo il tempo sul palco è contato, va rispettata la scaletta: così, dopo circa un’ora di live, Egreen saluta e lascia spazio a MezzoSangue. Il rapper romano, accompagnato dal dj Ernest Powell e dal batterista Luca Martelli, si presenta con indosso il caratteristico passamontagna che gli copre il volto. Il pubblico reagisce subito entusiasta, invocando il suo nome a gran voce. Da questo s’intuisce che MezzoSangue, poco a poco, ha saputo crearsi una fanbase di estrema fiducia, e per riuscirci, probabilmente, gli è “bastato” raccontare la propria rabbia, le proprie frustrazioni – quelle di tante gente – senza alcun filtro. Musicalmente parlando il live è davvero esaltante. L’apporto di Luca Martelli alla batteria – che, ricordiamo, ha suonato fra gli altri con Litfiba e Giorgio Canali – innalza enormemente il livello.
Al microfono MezzoSangue spazia dal repertorio di Musica Cicatrene a quello di Soul of a Supertramp, riuscendo sempre a tenere alte le mani e la soglia di attenzione. Complimenti quindi ad un mc che, così sembra, ha le carte in regola per potersi distinguere sempre più – non soltanto all’interno della scena rap.

Allo stesso modo di Egreen, MezzoSangue deve rispettare i tempi stabiliti dalla scaletta, lasciando il palco alla “portata principale” della serata: Kaos.
Anche in questo caso non ci si perde in velleitarismi da primadonna: il fido Dj Craim scalda i piatti, e poco dopo appare il rapper. La folla è ormai tutta accalcata ai piedi del Don, che con la sua voce rauca comincia immediatamente a sputare rime. Dagli sguardi dei presenti si capisce che Kaos, per chi lo ascolta, è una specie di “fede”. Lo è per chiunque conosca il suo percorso trentennale, dai tempi dei Radical Stuff ad oggi, in cui l’integrità e l’amore per questa cultura – per un ideale, più che altro – hanno sempre prevalso.

Durante il concerto Kaos ci fa ascoltare pezzi come “Il Sesto Senso”, “Quello che sei”, “Uno”, ma anche parti di collaborazioni con i Colle der Fomento: “Ciao Ciao”, “La Fenice”. Negli intermezzi dialoga spesso con il pubblico, mostrando un fare umoristico che, almeno nei dischi, è quasi nullo.
Uno dei momenti migliori, come al solito, si ha non appena Kaos parte con “Cose Preziose”: forse la sua canzone più introspettiva, dove le fragilità umane vengono raccontate con una vividezza unica.
Più volte viene annunciato il finale, ma è solo uno scherzo. Il vero gran finale si ha quando Kaos richiama sul palco MezzoSangue ed Egreen, per rappare assieme uno dopo l’altro. Questo “veterano dell’hip-hop” non si smentisce mai: riesce a darti sempre quel che ti aspetti, in senso positivo. Ma prima di scendere dal palco e salutare il pubblico bolognese, c’è ancora tempo per ricordare un altro mc, che purtroppo non c’è più: Primo Brown. La folla risponde entusiasta con le mani al cielo. Giusto per ribadire che certe attitudini, e certe persone, continuano sempre a vivere.