È un giovedì sera di fine giugno, siamo alla prima data dell’ottava edizione di Artico Festival, che quest’anno, oltre ai live di Napoli Segreta, Ditonellapiaga, Lucio Corsi e Thru Collected, si apre per la prima volta alla Stand-Up Comedy, e lo fa con due nomi di assoluto rilievo: Sandro Cappai e Giorgia Fumo. Articolo a cura di Oliver Crini.
Siamo al Parco della Zizzola -una sorta di Monte dei Cappuccini braidese, nonché nota meta di pellegrinaggio per coppiette dal limone facile. È appena tramontato il sole su una platea gremita che si gode la frescura estiva, quando una figura alta e longilinea si staglia sul palco ed esordisce interrogativa: “Quanti millenial ci sono in sala? E quanti GenZ? E i boomer? -pausa- e poi prosegue:
“Chi non conosce la parola boomer, probabilmente lo è”.
Giorgia Fumo è nata a Roma nel 1986, ma è cresciuta in Sardegna e ha studiato a Pisa. Laureata in ingegneria, ha iniziato la sua carriera come Digital Strategist, collaborando con brand come L’Oréal e BMW. Ma la vera svolta arriva nel 2019 quando decide di seguire la sua passione per la comicità, e il suo palco non è più la macchinetta del caffè, bensì gli studios di Comedy Central e Italia’s Got Talent, o i brevi reel di TikTok, dove diventa virale con la serie “se i bambini parlassero come adulti”.
In “Vita Bassa” c’è molta della verve della comica romana, che in quasi due ore di monologo serratissimo descrive un microcosmo fatto di mamme coraggio, esperte di body shaming verso le figlie e di gaslighting nei confronti dei poveri mariti, donne che si lasciano a 30 anni che paiono uscite da un remake de “il mignottone pazzo” di Michela Giraud, fidanzatini sui voli low-cost mei primi anni zero, fazioni che si battono per l’aria condizionata in ufficio.
Ora, sono sicuro che da qualche parte esiste il fan ideale della Fumo, e me lo immagino come una persona buona e gentile, con gusti e consumi culturali di livello, ma irrimediabilmente attratta dalle solite cose, prigioniera di meccanismi comici già sentiti e un po’ facili. La gente ride, per la verità ridacchia, salvo la solita persona che si prodiga a ridere sguaiatamente ogniqualvolta la comica tira il fiato, e questo non ci stupisce, visto che il 90% dei presenti sono millenial, e si sta parlando di loro.
Ma non possiamo fare a meno di notare che il ritratto dei millenial – e degli scambi generazionali tout court – offerto da Giorgia Fumo a tratti pare un po’ stereotipato, sfociando persino nell’accondiscendenza verso una generazione che sicuramente più delle altre sa ridere di sé stessa, ma allo stesso tempo ride da sola delle proprie “disgrazie” e non sa coinvolgere i non-millenial in una risata collettiva, né metterne in luce gli aspetti più strani, periferici o surreali, come farebbe invece un Bo Burnham, o per restare in casa nostra, un Alessandro Gori.
Dopo il monologo della Fumo, mi verrebbe quasi da dare ragione a Bret Easton Ellis che nel 2019 sparava a zero sui millenial, chiamandoli vittimisti, vuoti e noiosi; ma appartengo alla categoria, e non voglio subire il giudizio dei Boomer con titolo di studio “attestato di nascita” e professione Direttore di Banca, parafrasando una battuta efficace di Giorgia Fumo.
Queste riserve a parte, lo spettacolo scorre liscio anche grazie alle doti da performer e ai tempi comici efficaci: sull’acting out niente da dire! C’è persino un balletto finale sulle note di Boss Bitch di Doja Cat, così di botto, un po’ come Emma Stone negli ultimi film di Lanthimos. Nel complesso abbiamo (sor)riso e passato una serata piacevole, sperando di rivedere presto Giorgia Fumo alle prese anche con altre tematiche.