Spalato Wyale è un progetto nato prima come brand DIY di t-shirt e felpe e poi diventato un’etichetta discografica indipendente, che stampa la sua musica (un mix di hip hop, elettronica, soul e molto altro) solo su cassetta. Ne parliamo insieme a Filippo Papetti, uno dei due fondatori.
Seguo L’Ultimo Uomo praticamente da quando è nato, ma solo dalla scorsa estate ho iniziato ad ascoltare i suoi podcast. In una puntata di qualche mese fa de “La Riserva”, dove tra caldo e calciomercato estivo asfittico stavo facendo fatica a seguire Manusia & Co., la cosa che mi aveva colpito di più era stata la sigla. Un pezzone trascinante, firmato Valerio Delphi, ovvero la metà dei Tiger & Woods. Ed è così che mi sono imbattuto in Spalato Wyale, l’etichetta su cui è uscito l’ultimo disco del producer romano. A quel punto ho preso confidenza con il mondo sonoro e l’immaginario dei fratelli Filippo e Michele Papetti, fondatori del progetto. Nato nel 2016 come piccolo brand DIY di t-shirt e felpe, si è evoluto fino a diventare un’etichetta indipendente, con la prima release nel 2021. Da lì l’attività discografica è stata molto prolifica: quasi una ventina di pubblicazioni nel giro di due anni, dove i beat-tape hip hop sono assoluti protagonisti ma c’è spazio anche per molto altro. Abbiamo intervistato Filippo Papetti, già giornalista musicale su Vice e altri portali e metà di Spalato.
L’etichetta è nata un paio di anni fa: quando si è accesa la scintilla definitiva?
Si, nel 2021, quando stavamo per uscire dalla pandemia. La scintilla definitiva è curiosa: volevamo partecipare con un’etichetta al Tutto Molto Bello, il torneo di calcetto delle etichette indipendenti. Lo stimolo concreto è arrivato così. Come dicevo però era una cosa che mi frullava in testa da parecchio, e avevo un obiettivo, che ancora adesso mi anima: proporre cose particolari, comunque di nicchia – che secondo me meritano – per cercare di dare loro un po’ di visibilità in più. Poi è stato fondamentale per noi l’incontro con Valerio Delphi, con cui abbiamo firmato la prima uscita discografica sotto Spalato Wyale.
Com’è nata la collaborazione con Valerio Delphi?
In sintesi, grazie alla sua fidanzata, che comprò la t-shirt di Spalato per regalargliela. Lei poi ci taggò in un video con lui addosso la maglietta mentre suonava. Così, incuriosito, sono andato sui social a vedere chi era e ho scoperto che si trattava di Valerio Delphi. Mi ricordavo dei Tiger & Woods e del successo che avevano avuto, ma non sapevo che – oltre al suo progetto principale – facesse anche dei beattoni fighissimi strumentali. Mi sono complimentato con lui, al tempo stesso proponendoci come etichetta per fare uscire il suo materiale, che era tanto e non sapeva come divulgarlo. La sua idea era di fare una cassetta e lo abbiamo assecondato in pieno. Così è nata anche una grande amicizia, oltre che un rapporto artistico. Probabilmente, se avessi iniziato il progetto con una persona spocchiosa o comunque con cui non si fosse creato quel feeling, mi sarei stufato subito. Da quel momento abbiamo fatto uscire la prima release “Face The Music” ed è partita anche la cosa dei podcast con l’Ultimo Uomo.
A proposito dei podcast de L’Ultimo Uomo: io vi ho conosciuto così, ascoltando le sigle di Fenomeno e de La Riserva!
Quando ho conosciuto Valerio non sapevo ancora che facesse le sigle per i podcast de L’Ultimo Uomo nè quanto questi fossero seguiti. Non avevo proprio la percezione della loro fanbase, pur riconoscendo l’altissimo livello dei contenuti, sia del sito web che dei podcast. Con Daniele Manusia [uno dei due direttori de L’Ultimo Uomo, ndr] però ci seguivamo sui social, lui aveva comprato un paio di t-shirt; quando poi l’ho conosciuto via telefono si è rivelata una persona fantastica, come Valerio, senza nessun tipo di sovrastruttura. Alla roba di “Fenomeno” pensavo da qualche tempo, ma proponendola io mi sembrava un po’ di approfittare della disponibilità. Alla fine me l’ha chiesta direttamente Manusia. Veramente un grande! Abbiamo fatto uscire la cassettina, che per fortuna è andata via come il pane.
L’etichetta nasce dalla voglia di proporre cose un po’ particolari, secondo noi di altissima qualità, per dare loro un po’ di visibilità in più.
Facendo un passo indietro: prima della nascita dell’etichetta c’è tutto un percorso del progetto, che parte con il merch delle magliette e felpe. Qual è stata l’evoluzione di Spalato Wyale in questi anni?
Era l’estate del 2016: Michele era appena tornato dall’Università e di lì a breve si sarebbe messo a fare ciò che fa adesso: disegno, illustrazioni e lavori di grafica. Era un po’ il periodo in cui c’era la moda dei loghi modificati e un giorno mi fa vedere un disegno di quello che poi sarebbe diventato il logo di Spalato. L’ho fermato appena in tempo prima che lo postasse su Instagram: “No cazzo, adesso ci facciamo una maglietta!” E da lì è partito tutto. Un progetto sostanzialmente nato per fare qualcosa, il cui nome deriva da una via di Marina di Ravenna, Viale Spalato appunto, dove siamo cresciuti. Ma l’idea di fare un’etichetta c’era da sempre.
Il tuo percorso personale che è poi confluito in Spalato Wyale però parte dal giornalismo…
Si, il momento in cui ho scritto di più è legato al periodo dell’Università, soprattutto quando ho vissuto a Bologna. Scrivevo per Superfly, che secondo me è stato uno dei progetti editoriali black migliori mai visti in Italia. Purtroppo chiuse perchè troppo di nicchia. Ho lavorato anche per Groove, per poi approdare a portali online come Vice, Prismo e altri. Al momento scrivo quasi solo su Moodmagazine, un progetto legato all’hip hip con cui collaboro da vent’anni esatti, il che la dice lunga sulla sua longevità e sulla passione che c’è dietro a chi lo pubblica.
Tornando a Spalato, un altro personaggio di culto, misteriosissimo, è Primo Zanasi. “Con occhio benigno” è un disco basato su campionamenti di Radio Maria.
Primo Zanasi è un genio, veramente unico. L’ho scoperto per caso, comprando due sue cassette. Dopo Valerio Delphi, ho subito contattato lui. Mi rispose raccontandomi che aveva un po’ di tracce con cui aveva campionato Radio Maria. All’inizio pensavo scherzasse, poi ho capito che era serio. Prima di ascoltarlo temevo fosse un po’ la classica cosa dissacrante bolognese, poi però quando me l’ha mandato… che bomba! La cosa assurda è che non capisci se è un lavoro celebrativo o li prende per il culo: un’ambiguità che rende “Con occhio benigno” ancora più misterioso. Come lo è lui del resto. Così, dal nulla, senza avvisarmi, mi manda interi dischi, che si rivelano subito delle mine! Anche “Zona industriale” è nato così.
Quanto ho contattato Primo Zanasi per la prima volta, mi disse che aveva un po’ di tracce con cui aveva campionato Radio Maria. All’inizio pensavo scherzasse, poi ho capito che era serio. Prima di ascoltarlo temevo fosse un po’ la classica cosa dissacrante bolognese, poi però quando me l’ha mandato… che bomba!
Ascoltando le varie uscite dell’etichetta si sentono suoni non solo hip hop. Penso a “Detriti digitiali” di HTT1 (dove c’è anche una traccia che si intitola “Exogini War”, quanti ne ho collezionati!) oppure a “Zona Industriale” del già citato Zanasi. O ancora a “Lostmemory” di Odeeno.
Ora ti faccio volare: HHT1 si pronuncia “accattone”. Tra l’altro questa cosa l’ho scoperta io stesso un anno dopo l’uscita di “Detriti digitali”! Anche in questo caso mi sento di dire che è un lavoro di alto livello fatto con una persona con cui si è creata fin da subito la giusta chimica. “Zone 1” è un pezzo che se fosse uscito per un’etichetta di Berlino non ci saremmo affatto scandalizzati. Stesso discorso per i pezzi di Odeeno, con cui sono diventato molto amico.
Com’è nata l’idea di stampare la musica di Spalato Wyale su cassette? Occupandovi principalmente di hip hop la scelta di fondare un’etichetta e produrre solo su cassetta sembra super coerente. Ci sono state delle etichette, italiane o internazionali, che vi hanno ispirato per questa scelta e in generale per la linea artistica di Spalato?
L’hip hop strumentale: adoro il sottogenere beat tape, che sono sostanzialmente beat messi in loop. Quindi l’idea di fare la cassette era nata appunto perché mi piacciono i beat tape, perchè quello è il supporto più naturale. Valerio Delphi, durante i suoi esperimenti nel periodo Covid, stampava su cassetta. Stessa cosa Primo Zanasi. E poi c’è un motivo, diciamo, molto semplice e romantico: con le cassette ci sono proprio cresciuto. Come etichetta, ci siamo ispirati molto alla Leaving Records e alla Stones Throw.
Domanda di rito finale: le prossime novità di Spalato?
Intanto siamo appena usciti con l’ultima realase di Grillo, “Safari Nights”, altro disco che per me è una bomba. Ci piacerebbe iniziare in futuro a pubblicare qualcosa su vinile o CD, vediamo. E stiamo studiando la possibilità di coinvolgere dei rapper per fare qualcosa anche di cantato. Continuate a seguirci sui nostri canali per tutti gli aggiornamenti!
Spalato Wyale è su Instagram, Spotify e Big Cartel
Articolo di Edoardo D’Amato