L’umanità a senso unico di “Crimes of the future”

Crimes of the Future

Crimes of the Future è l’ultimo film di David Cronenberg, con cui il regista riprende il filone iniziato con Crash ed eXistenZ. Ecco la nostra recensione.

Recensione a cura di Mario Lo Curzio

David Cronenberg, a otto anni dal più intimo “Maps to the stars”, riprende il filone iniziato con Crash (1996) ed eXistenZ (1999) e ci riporta nel suo teatro grandguignolesco dove carne e metallo comunicano e si interscambiano, aspirando a nuove transumane frontiere di erotismo. È l’epica chiusura di cerchio o un déjà vu che non aggiunge molto alla produzione del regista canadese?

Crimes of the Future

Crimes of the Future recensione

In un futuro imprecisato, dove putride e piatte architetture post industriali fanno da padrone, il corpo degli esseri umani ha cessato di provare dolore, necessitando per dormire e mangiare di tecnologie avanguardistiche rappresentate come in una visione del futuro propria degli anni ’80.

In questo contesto pervaso da un nichilismo e da un’accezione fisheriana di staticità peculiari di Cronenberg, Saul Tenser (Viggo Mortensen) esplora le ultime frontiere della body art, facendosi asportare chirurgicamente dalla sua assistente e amante Caprice (Lea Seydoux) formazioni tumorali, assimilabili ad organi di funzione sconosciuta, dinanzi ad elitari pubblici in visibilio. Nonostante le sofferenze provocate da questa sua dote innata, Saul prova piacere nel trasformarsi, nel farsi aprire, nello sperimentare una nuova sessualità di cui la chirurgia stessa è matrice.

Il ritmo di Crimes of the Future viene dettato da una linea narrativa pseudo-poliziesca: Saul e Caprice si imbattono infatti in due eccentrici burocrati dell’Agenzia governativa incaricata di catalogare i nuovi organi (Don McKellar e Kristen Stewart) e in un movimento evoluzionista plasticofago nato per indirizzare l’umanità verso nuovi assetti dove i materiali plastici diventano parte integrante dell’organismo, canonizzando un fenomeno evolutivo iniziato già ai giorni nostri. Il “crimine del futuro”, infatti, riguarderà direttamente il fondatore della setta (Scott Speedman) e suo figlio, primo esemplare di essere umano in grado di digerire la plastica in autonomia.

Saul e Caprice, di contro, rappresentano un’umanità che si adagia verso l’autodistruzione ma ancora fortemente connessa a uno spento senso di autocelebrazione e a un consumismo artistico di massa proprio di un altro tempo: accolgono una nuova idea di sesso e ne godono fino all’ultimo istante.

Crimes of the Future Cronenberg

Le sinistre musiche di Howard Shore, le sciape ambientazioni e la sempreverde forza immaginifica di Cronenberg (vedi la futuristica danza a suon di techno di un ballerino con 100 orecchie, ma bocca e occhi cuciti) accompagnano lo spettatore dentro un baratro che si dilata di scena in scena. Il film si presta, infatti, a più linee di lettura e si perde dentro l’incubo cronenberghiano degli anni ’90, senza però effettivamente possederne la stessa tensione erotica e la stessa capacità di innovarsi, risultando a tratti stucchevole e per lo meno prevedibile.

Il filone narrativo (semi-attuale) dei plasticofagi e un sottotesto filosofico tutto sommato già sviscerato dal regista canadese negli anni, rendono di fatto Crimes of the future un ulteriore tentativo di avvicinamento del cosiddetto ‘body-horror’ alla cultura pop. Nel complesso, Cronenberg si conferma ad ogni modo tra gli osservatori più acuti, audaci e profetici del nostro tempo.