Andare a sentire dal vivo gli Hollow Coves è un’esperienza terapeutica. Non c’è altro modo per descrivere esaustivamente ciò che è andato in scena al Legend di Milano, lo scorso 13 maggio. Il duo australiano non solo è in Italia per la prima volta nella sua carriera, ma registra anche un sold out per il quale Ryan Henderson e Matt Cairns ringraziano fin dalle prime battute.
_di Umberto Scaramozzino
Nella playlist in riproduzione durante l’attesa dell’inizio dello show, si sentono artisti come Bon Iver, Daughter, Novo Amor, e così via. Tutti molto in linea con i gusti del pubblico presente al Legend, perché molto affini all’indie-folk della band. Ma cosa differenzia la proposta degli Hollow Coves da quella degli illustri colleghi? Sicuramente il mood. Non c’è tormento, disperazione, malinconia, rassegnazione. Niente di tutto questo. La poetica del duo di Brisbane è piena di ottimismo. Non solo il bicchiere è mezzo pieno, ma ci spiegano anche come riempirlo del tutto.
Si comincia con “Borderlines”, in un esplicito invito a superare i confini imposti e scoprire ciò che il mondo può offrire. Ma è solo il primo di tanti momenti esortativi: l’intero concerto sembra strutturato come un Ted Talk di un’ora e mezza, tra la testimonianza di un successo e i consigli di chi indaga quotidianamente l’animo umano alla ricerca di positività.
Dal vivo è molto limpida la capacità empatica di questi due ragazzi, che nei loro brani riescono a raggiungere punti molto profondi nell’anima del proprio pubblico. «Ogni volta che scopriamo in che modo la nostra musica vi raggiunge, veniamo letteralmente travolti. Qualcuno ci ha anche raccontato di come un nostro brano l’abbia salvato dal desiderio di porre fine alla propria vita. C’è sempre qualcosa di bello per cui vivere». C’è una diffusa sensazione di benessere durante tutta la serata, che nasce dal talento comunicativo degli Hollow Coves e prende forma nelle ammalianti melodie che compongono la loro discografia.
L’imprinting tra palco e platea si concretizza nel racconto sull’origine di “Moments”, uno dei brani più amati del repertorio. «Eravamo in Norvegia. Arrivati nel luogo dove avremmo dovuto trascorrere la notte ci siamo chiesti se fosse meglio uscire ed esplorare il paesaggio o restare a casa. La scelta di fare un giro nei paraggi è stata talmente vincente che ci siamo resi conto di quanto sia prezioso il nostro tempo e di quanto sia importante vivere a pieno ogni momento. Là fuori, dove c’è la vita vera. Abbiamo pensato di doverci scrivere una canzone.»
Gli arrangiamenti sono così semplici e delicati da creare un’accessibilità pressoché totale ai brani. Matt e Ryan non hanno mai nascosto di non essere dei virtuosi, né di aspirare a diventarlo. Pur avendo preso qualche lezione da ragazzi e pur essendo sempre stati circondati da strumenti – soprattutto Matt, che conta diversi musicisti in famiglia – il loro perfezionamento tecnico è arrivato da un percorso da autodidatta, addirittura da qualche tutorial su YouTube. Per loro la musica è espressione, racconto, perciò gli album devono essere sinceri e diretti come i loro messaggi di speranza.
Tra il pubblico c’è un ragazzo che si è presentato davanti ai cancelli della venue già nelle prime ore del pomeriggio, consapevole di dover aspettare fuori mezza giornata prima di poter entrare. Questo gli ha però permesso di incontrare la band, incredula, e accertarsi che il suo brano preferito avesse posto in scaletta. La dedica di “Anew” è per lui e per tutte quelle persone che nell’arte degli Hollow Coves hanno trovato qualcosa di cui fare tesoro. «Non avevamo previsto tutto questo, è accaduto un po’ per caso. Abbiamo scritto delle canzoni, le abbiamo caricate su Soundcloud e sono piaciute! Non avremmo mai pensato che la nostra musica potesse essere qualcosa in più di semplice divertimento», afferma Matt Cairns, che non può fare a meno di raccontare questa incredibile avventura con il sorriso stampato in volto.
Nell’encore trovano infine posto i due brani forse più rappresentativi del progetto, ovvero “The Woods” (che ha reso virali i due Australiani sui social) e “Coastline”, vera gemma new folk. E a fine concerto è innegabile l’effetto benefico di una serata in compagnia degli Hollow Coves. Perché in un mondo in cui ci si lascia ammaliare da un bel timbro vocale, dalla caratura di un personaggio o dalle capacità performative, a volte è bello lasciarsi cullare da qualcosa di semplice, ordinario e gentile. Qualcosa che più che stupire possa lenire, facendoci tornare a casa con una piacevole sensazione di leggerezza.
Gallery a cura di Alise Blandini.