Patrik Lisa, l’executive chef di Eataly: un “polistrumentista” della cucina

Abbiamo fatto due chiacchiere con Patrik Lisa, giovane Executive Chef di Eataly – classe ’86 – e con un ricco bagaglio di esperienze. Originario delle colline chieresi, mamma francese e padre italiano, inizia la sua carriera all’età di 17 anni, un po’ per caso, presso il ristorante Del Pino in Pino Torinese. Da lì le sue collaborazioni sono state sempre più importanti ed impegnative, quali: Luigi Caputo, chef 1 stella Michelin di BalboMagorabin, 1 stella Michelin, a Torino; Federico Allegri; Enrico Pivieri presso Il cavallo scosso, che sarà ben presto segnalato dalla Guida Michelin.

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_di Adriana Miele

Forse anche ignaro di quello che il futuro gli avrebbe riservato, si dice che il destino un po’ te lo crei, ma chissà se un po’ non ci sceglie. Dopo aver partecipato alla cena vegetariana, di giovedì 31 marzo, in cui abbiamo assaporato e riscoperto sapori genuini legati alla terra, la nostra curiosità nei confronti di questo giovane artista è accresciuta esponenzialmente, soprattutto perché pensavamo fosse uno chef dedicato alla filosofia vegetariana e invece è uno “polistrumentista” della cucina.

Perché una cena evento vegetariana?

Credo che la freschezza in cucina sia la base per ogni piatto si voglia cucinare. Il mondo vegetale oltre a garantirci la freschezza delle materie prime, è indicatore anche di stagionalità, per cui dell’evoluzione anche del tempo stesso. Usare le materie prime della stagione corrente mi permette di proporre alcuni piatti che descrivono il momento, il dinamismo della natura, quasi come un racconto. Lavorare da Eataly mi consente di poter reperire facilmente le materie prime e pertanto voglio esprimerle in tutta la loro massima forza di gusto. Partendo dalla terra possiamo poi passare a tutto il resto.

Hai iniziato giovanissimo nel mondo della ristorazione, cosa ti porti della tua esperienza?

La cucina è un lavoro che richiede molti sacrifici. Chi opera in questo settore sacrifica, infatti, molto del suo tempo e spesso lo si toglie agli affetti. È un lavoro che non ha festività, anzi, sono i giorni in cui lavori di più, non ha weekend. Cosa sono i weekend? È un lavoro che purtroppo per quanto richieda tanti sforzi, molte volte questi non vengono remunerati per lo stesso valore. Pertanto quello che mi porto è continuare ad imparare le cose da non fare.

Qual è il tuo miglior piatto?

Non ho un piatto unico che posso dire. Nasco comunque dal mondo della panificazione che regala tantissime soddisfazioni.  Credo che l’arte bianca si conosca poco ed è un peccato, perché è davvero un modo a sé di creatività e allo stesso tempo richiede molta pazienza per ottenere un buon risultato.

Come ti vedi tra 10 anni?

Mi piacerebbe poter insegnare. Dare tutto quello che ho ricevuto, le nozioni, le tecniche, le idee. Penso che l’arte della cucina, come qualsiasi tipo di arte e conoscenza debbano essere condivise. È importante sia per l’evoluzione del tempo e sia per educare gli altri al bello e al buono.

Come ti definiresti usando solo tre aggettivi?

Ambizioso, sognatore, sensibile.

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