Abbiamo raggiunto uno dei cantautori dalle sonorità e con la passione più “smodata” per la musica anni ’70 e viaggiato nel tempo insieme a lui: è MILLE PUNTI, che ci ha accompagnato non solo nel passato ma anche nel futuro.
_ di Mattia Nesto
Partiamo subito dal nuovo singolo “Qui, lontano”: nel comunicato stampa quando abbiamo letto “Immagina i Tame Impala che fanno una cover di Alan Sorrenti” siamo subito saltati sulla sedia. Quindi abbiamo ascoltato, un numero imprecisato (ma sicuramente molto alto di volte) la canzone e ora siamo proprio curiosi: ci spieghi il senso della frase perché per noi era perfetta per descrivere il sentimento del tuo pezzo ma ci piacerebbe sentire la tua!
È una frase che in realtà descrive l’intero progetto Mille Punti, o almeno quello che è stato finora: quando iniziai a lavorare sui pezzi di Retrofuturo, circa un anno fa, avevo in testa questi due binari ben precisi in cui incanalare la mia musica, la disco music all’italiana e il suono della new psichedelia. Quando creo qualcosa mi impongo sempre dei limiti di reference entro cui muovermi, per poter essere più chiaro possibile con l’ascoltatore. Poi ovviamente all’interno di questi limiti ci sono infiniti mondi da esplorare…
Leggendo un paio di tue interviste che circolano in rete ritorna, quasi come una sorta di ritornello, il termine “retrofuturo”, non a caso titolo del tuo album, per descrivere i tuoi pezzi: come hai scelto questa parola molto particolare?
La trovo molto azzeccata per descrivere quella mescolanza di revival vintage e ricerca di novità che caratterizza la mia musica. Nonostante la mia ispirazione principale sia la disco music degli anni ’70 non volevo fare una copia esatta della musica di quegli anni, perché penso che i progetti derivativi “duri e puri” siano proprio inutili.
Quando e, soprattutto, come ti sei avvicinato alla musica: quali i tuoi primi ascolti fondanti diciamo così?
In casa mia si ascoltavano i super classici come Pink Floyd, U2, Paolo Conte, Battiato… Il disco della folgorazione fu il best of dei Nirvana, che è stato il primo CD che ho comprato coi miei soldi, a 12 anni. Da lì diventai un patito del grunge e ovviamente decisi di lasciare la chitarra classica per suonare l’elettrica con gli accordi power.
E invece, ultimamente, quali artisti o band ti hanno particolarmente colpito?
L’ultimo disco dei Vampire Weekend mi è piaciuto tantissimo, trovo che sia un’opera d’altri tempi per bellezza e cura degli arrangiamenti. Tra gli italiani mi piace molto Venerus, apprezzo il suo essere svincolato da qualsiasi moda musicale che va nel nostro paese. Negli ultimi giorni, poi, sono andato in fissa con questo gruppetto padovano che suona una specie di psichedelia dark con ritmiche vagamente r’n’b, i Post Nebbia. Molto fichi.
Come mai per te, essenzialmente un artista contemporaneo, gli anni Settanta rivestono un “peso specifico” così importante?
È una fascinazione estetica che riguarda non solo la musica ma anche il modo di vestire, di fare arte, insomma di guardare il mondo. A distanza di 40 anni la visione del futuro che avevano nei ’70 può sembrare un po’ ingenua, a me invece quegli “errori di prospettiva” fanno davvero sognare.
Eppure, ascoltando attentamente i tuoi pezzi, ci pare che quest’aderenza al già citato periodo storico sia soprattutto legata allo stile anche all’estetica se vuoi ma l’argomento, la sostanza è assolutamente “di oggi”: che ne dici, ci abbiamo preso?
Assolutamente! Come dicevo prima, volevo che Retrofuturo non fosse un prodotto posticcio ma un disco attuale, seppur ispirato agli anni ’70.
Torniamo, per la nostra ultima domanda, al tuo nuovo singolo: rispetto ai lavori precedenti ci è parso che hai aggiunto delle sfumature psichedeliche molto più nette, merito/causa della registrazione prodotta e mixata da Giacomo Carlone presso Supermoon Studio?
Sì, riascoltando il disco ho sentito che mancava un po’ una dei due ingredienti principali della ricetta Mille Punti, ossia la psichedelia. Per questo nel nuovo singolo ho calcato un po’ la mano: per ottenere gli innesti psichedelici che si sentono qua e là abbiamo fatto passare il master del pezzo attraverso un mixer da dj, utilizzando gli effetti che di solito si usano per mixare nei set. Uno dei grandi pregi di Giacomo è di essere sempre disposto a esplorare strumenti e tecniche diverse per cercare nuovi suoni, quindi non ha esitato a buttarsi quando gli ho proposto di utilizzare un mixer da dj in questo modo!