I Sick Tamburo calano nuovamente il passamontagna sul volto e si preparano a portare la nuova fatica discografica “Paura e l’amore” in giro per i palchi italiani. Il 17 maggio la band di Pordenone approda a Hiroshima Mon Amour: in occasione della data torinese abbiamo scambiato due chiacchiere epistolari con Gian Maria Accusani.
–
_di Alessia Giazzi
“Ognuno di noi, durante il corso della vita, deve inevitabilmente fare i conti con la paura. La paura che si presenta sotto mille e mille forme ma che crea sempre e comunque uno stato di disagio che ci mette spesso in grande difficoltà. L’amore è l’unico vero antidoto per questo disagio. L’amore è l’altra faccia della paura.” recita il comunicato stampa che accompagna il nuovo disco dei Sick Tamburo. Prima come Prozac+, poi come Sick Tamburo, Gian Maria Accusani, Elisabetta Imelio – membri comuni ad entrambe le formazioni – si sono fatti portavoce del disagio umano in tutte le sue forme, ossessive, carnali e disperate, ma due anni fa i toni cambiano quando Elisabetta si trova a dover affrontare un tumore e il disagio si trasforma in una paura che deve essere esorcizzata ad ogni costo per poter andare avanti e guardare al futuro. Così arriva “Un giorno nuovo”, un disco che potrebbe risultare atipico nella produzione musicale dei nostri eroi mascherati, con quella sua svolta positiva in cui la speranza è protagonista delle 9 tracce che compongono l’album tra cui spicca la bellissima e iconica “La fine della chemio”, vero e proprio inno e mantra. “Paura e l’amore” è il naturale proseguimento della necessità di esorcizzare le paure e i disagi profondi che ci investono in quanto esseri umani complessi e complessati: la visione dei Sick Tamburo è ormai chiara e la soluzione per affrontare e dissipare la paura è guardare l’altro lato della medaglia, su cui si staglia l’Amore, quello sincero, quello pulito e luminoso, faro nelle tenebre del disagio.
Una volta calato il passamontagna, i Sick Tamburo sono pronti a portare “Paura e l’amore” davanti al pubblico italiano e, in attesa di vederli a Hiroshima Mon Amour il 17 maggio, abbiamo scambiato due parole con Gian Maria Accusani.
“Paura e l’amore”, due sentimenti intensi e apparentemente contrastanti: che cosa lega quesi due concetti e come dialogano nel vostro nuovo album?
Paura e l’amore sono, in qualche modo, il rovescio della medaglia l’uno dell’altro. Nel nostro disco si parla praticamente di come ognuno di noi si porti dietro queste 2 cose, questi 2 sentimenti, fin dalla nascita e di come il disagio procurato dalla paura, possa essere reso meno virulento proprio dall’amore. Se si vuole, in qualche modo, l’amore vince sempre.
Sono passati due anni dall’uscita di “Un giorno nuovo”, un album anch’esso legato alla paura, a suo modo, esorcizzata e lenita dalla speranza. Di che paure parlano stavolta i Sick Tamburo?
In questo disco si tratta più di disagio che sta ai margini, di situazioni che possono a volte sembrare incredibili ma che purtroppo sono molto più normali e frequenti di quello che si crede. Si parla del disagio dei maltrattati, degli abusati, degli sfortunati.
Nel 2009 cantavate “Forse è l’amore”, descrivendone la complessità e le sfaccettature attraverso le sue sfumature più disparate. 10 anni dopo com’è cambiata l’idea di questo sentimento per i Sick Tamburo?
Non è cambiata ma c’è una consapevolezza maggiore dietro a questa cosa. C’è la consapevolezza che probabilmente non è FORSE l’amore ma SICURAMENTE è l’amore.
Nelle 9 tracce che compongono “Paura e l’amore”, l’aspetto autobiografico convive con il racconto di personaggi come Lisa, Agnese e Andrea per citarne alcuni: avevate in mente persone reali durante la scrittura dei testi? Che cosa rappresenta ognuno di loro all’interno del disco?
In tutti i testi di questo disco – e nella maggior parte di tutti gli altri – si parla di cose reali, di storie viste o sentite raccontare, a volte vicine, a volte un po’ meno ma comunque di cose esistenti che poi sono state sintetizzate nel breve racconto di una canzone ed in parte un po’ romanzate. ma neanche tanto a dire il vero.
Ne “Il più ricco del cimitero” affermate “Esser diversi lo sai non porta celebrità”: fin dal principio le canzoni dei Sick Tamburo hanno dato spazio agli outsider e a tutto ciò che sfuggiva agli schemi e alle convenzioni, ma ultimamente il “diverso” sembra essere una delle maggiori fonti di paura. Sotto il passamontagna vi siete mai sentiti degli outsider? Cosa significa essere diversi oggi?
Essere diversi significa sostanzialmente essere parte di una complessa normalità tutto sommato. Diciamo che queste normalità che sembrano o forse sono un po’ ai margini, sono le cose che mi hanno sempre attratto di più e di cui scrivo da sempre. Essere diversi, per quel che mi riguarda, significa essere normali in una forma un po’ più interessante. Se guardiamo a fondo, siamo tutti diversi.
L’anno scorso, nei panni dei Prozac+, avete celebrato il ventennale di “Acida”, tornando a condividere il palco in occasione del MiAmi. Com’è stato scavare nel passato e suonare insieme ancora una volta?
È stata una cosa molto bella e toccante. Abbiamo sostanzialmente voluto chiudere il cerchio nel modo in cui avevamo iniziato, ovvero suonando su un palco.
Il tour di presentazione di “Paura e l’amore” è quasi a metà percorso, ospitato da club, centri sociali e festival: dopo anni su e giù dai palchi, quale sentite che possa essere il vostro habitat live naturale?
Dove c’è un palco c’è l’habitat giusto con qualche preferenza per i posti dove la gente è più a contatto e può trasmettere di più il suo calore.