I miei anni 80 a Taiwan: quando la nostalgia diventa un gioco

Sean Chuang, fumettista e regista taiwanese, sa far innamorare il lettore di sé quando riavvolge il tempo, torna bambino e lascia che la rivoluzione sia attraversata dagli eroi della sua generazione. I miei anni 80 a Taiwan è il terzo libro dell’autore, il primo edito in Italia grazie a Add edizioni.


_di Francesca Fazioli

È come dissotterrare una capsula del tempo. Sean Chuang mescola umorismo, nostalgia e introspezione. I miei anni ’80 a Taiwan, pubblicato in Italia da Add Editore, è un’istantanea della società di quel tempo, ma come ogni polaroid che si rispetti, ha i contorni sbiaditi, l’autore non ci racconta la storia ma rievoca solo parziali frammenti. Non ci spiega perché in quegli anni ci fosse la legge marziale, ma con gli occhi ancora puri di un ragazzino ci descrive come quelle strampalate regole insidiassero la sua vita. L’inno declamato a scuola prima che iniziassero le lezioni, le videocassette pirata, gli assurdi tagli di capelli per uniformarsi e non distinguersi al liceo, dove la ribellione cresceva nei bagni di fronte allo specchio fieri di aver nascosto un piccolo ciuffo ancora non sospetto. Quando la breakdance era sinonimo di riscatto e significava riappropriarsi della libertà del proprio corpo. Non c’è rabbia, solo nostalgia e disagio per una serie di aneddoti in cui ognuno di noi potrebbe riconoscersi.

Una cronaca arricchita da commenti ironici, da luoghi ormai scomparsi e dalla facilità con cui l’autore sa rivelarsi al lettore, senza alcuna vergogna. L’infanzia e l’adolescenza rievocate attraverso oggetti ormai obsoleti, come la serie di Soul of Chogokin, chi non avrebbe rischiato la punizione o il disastro familiare pur di avere una riproduzione di Mazinga Z, o le vhs che lo tenevano incollato alla televisione evitando così scrupolosamente di fare i compiti. Il manifesto incorniciato di Star Wars appoggiato a una parete qualsiasi perché ti fa sentire a casa la prima volta che ti trasferisci altrove.

Sean Chuang si perde nei ricordi e traccia la strada attraverso gli oggetti che hanno fatto parte del suo cammino di formazione.

Tonnellate di riferimenti pop crescono sulle pagine di questo fumetto che per stile narrativo ricorda Appunti di vita di Boulet. Il fumettista giapponese non ha il classico tratto di un mangaka, la sua linea è meno raffinita, più ruvida, meno simmetrica ma estremamente affascinante. Ecco perché con il procedere della lettura si comprende il motivo per cui passò la selezione alla prestigiosa accademia Fuhsing di Tapei e del perché questa passione non l’abbia mai abbandonato. Sean Chuang ha dedicato parte del suo lavoro alla regia pubblicitaria, migliaia gli spot da lui realizzati hanno influito fortemente sull’organizzazione delle tavole.

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Il fumetto – per come è costruito – riprende la tecnica dello storyboard cinematografico, la mente dell’autore diventa uno schermo su cui proiettare ogni cosa fatta e desiderata a quel tempo.

Imbarazzi, rimpianti, fugaci fantasie di un bambino di Taiwan che cresce negli anni ’80 e non esita ad andare oltre per passare dall’adolescenza agli inizi della vita adulta, quando tutto ha di nuovo principio ma con una prospettiva capovolta.