Riflessione: il gioco di specchi degli archi dell’Orchestra Filarmonica di Torino

Riflessione è il tema conduttore del secondo appuntamento con l’OFT. E il pensiero effettivamente viaggia, tra scale, walzer, sperimentazioni e piccoli sogni bachiani.

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_di Carla Paolo e Silvia Ferrannini

Fancy on a Bach Air, di John Corigliano, introduce con delicatezza e crea uno spazio emotivo in cui accomodarsi per potersi poi immergere pienamente nella riflessione, nella forma del pensiero che lentamente si distacca e prende la deriva.

Il gioco della riflessione, però, non si limita a quello relativo al riverbero del pensiero, ma in questo caso anche e soprattutto a quello del continuo ripiegarsi su sé stesso del suono, che dilatandosi e restringendosi sfocia in sensazioni danzanti e armoniche: è quello che crea all’anima il Concerto n. 1 in re minore per clavicembalo e archi BWV 1052 di Bach. Eseguito al pianoforte dalla sublime Martina Filjak, accompagnata nell’esecuzione dagli archi dell’orchestra filarmonica di Torino, il concerto genera un vortice emotivo fatto di note che si inseguono sfrenate, motivi che ritornano concentrici e che catturano chi ascolta.

La materia musicale e i suoi meccanismi creano con Bach meraviglie espressive, dentro e fuori, e apre a nuove possibilità. Pare essere questo l’invito accolto da Stefano Pierini e dalla sua nuova fatica artistica, eseguita per la prima volta dall’Orchestra Filarmonica e diretta dal maestro Giampaolo Pretto.
Giampaolo Pretto

Ma la terre était pleine de reflets (tre studi sulla risonanza) si distacca dalle precedenti esecuzioni da un punto di vista tecnico. Si tratta di uno studio sperimentale sulla risonanza: gli archi riescono a ricreare un’atmosfera sospesa, in cui l’unico protagonista è il rincorrersi e riflettersi del suono, che quasi scivola di arco in arco, di violino in viola, frammentandosi. È un suono cupo, inafferrabile, che gioca con gli esecutori, salta sulle corde e scivola leggero sugli archetti, creando un labirintico gioco di rimandi.

Ritornano poi i tumulti emotivi di Bach con il Concerto n. 5 in fa minore per clavicembalo e archi BWV 1056: l’anima dell’ascoltatore si innalza assieme al suono, torna poi a ritrovare una sua forma calma e mesta nel secondo movimento, come se qualcosa si fosse fermato per lasciare spazio al pensiero, dargli una forma di respiro, per poi tornare a rincorrere sé stesso, innalzandosi e distendendosi. Quest’ultima esecuzione della pianista Martina Filjak è calorosamente apprezzata dall’uditorio, tanto da determinarne il ritorno sul palco per un pezzo fuori programma.

Ultimo pezzo è il Walzer per orchestra d’archi di Schönberg, dieci studi diversi che muovono l’ascoltatore da un’atmosfera ad un’altra: anche qui, fedele al tema della riflessione, il suono gioca con i rimandi, si trasforma, è metamorfico, trasporta nei suoi cambiamenti anche le emozioni di chi ascolta, condizionandone la leggerezza, la cupezza, la trasparenza. Ma, proprio come succede con la dodecafonia, nessuno sovrasta l’altro – né le note, né i pensieri. È un volteggio delicatoAnche questa volta il grande entusiasmo del pubblico induce l’orchestra d’archi a due esecuzioni fuori programma, creando una chiusura inaspettata ed intensa.