Il remake firmato Capcom della celebre saga convince sotto tutti i punti di vista e ci fa nuovamente cascare nelle tenebre. Tra un cervello spappolato e l’altro, la sinfonia dell’orrore continua…
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_di Mattia Nesto
Un corridoio completamente al buio, illuminato soltanto, a brevi intervalli irregolari, dai lampi dei tuoni. Siamo soli in una città in rovina, in una città corrotta da una malattia senza nome che trasforma le persone in creature delle tenebre. Si vive e si muore da soli, diceva il poeta, ma in questo momento il nostro battito cardiaco è più vivo e vitale che mai, i nostri sensi resi più acuti dal terrore ci spingono a esplorare ogni singolo angolo, ogni più microscopico rumore, ogni minima sensazione alla ricerca dell’ignoto. Anzi per salvarci da esso. E quando alle nostre spalle (eppure avevamo controllato un attimo fa, illuminando il corridoio con la nostra torcia) sentiamo un sibilo feroce, ci giriamo di scatto, in preda al panico, ma non c’è nulla. Il corridoio è libero, c’è solo il vento che fischia dalle finestre rotte. Ci calmiamo, il nostro battito rallenta e, per un secondo, abbassiamo la pistola.
Ecco, quello è il momento fatale, il momento nel quale il sibilo diventa un rantolo e, di scatto, ci viene naturale guardare in alto. Sulla nostra testa, pronto al balzo per noi terminale, c’è acquattato un licker. Ha sete di sangue, ha sete di carne umana e noi siamo il suo prossimo ferale pasto.
Queste sono solo alcune delle emozioni che abbiamo provato a rigiocare, a ventun anni dall’uscita su Playstation, al remake di Resident Evil 2, il secondo capitolo di quella fondamentale saga per la storia videoludica conosciuta in Giappone come Biohazard. RE2 è, senza ombra di dubbio, assieme a Kingodm Heart 3, il grande titolo della stagione, eppure il videogioco Capcom ha superato ogni più rosea aspettativa. Non soltanto i modelli Leon Scott Kennedy e di Claire Redfield, i due personaggi che potremo scegliere di interpretare (per un’esperienza di gioco che si differenzia per alcune trovate di grande gusto), sono più vividi e realisti che mai, ma l’intero ambiente di gioco, in special modo la Centrale di Polizia di Raccoon Citiy, non è mai stato così artisticamente ispirato e palpitante, offrendo al giocatore un’esperienza unica nel suo genere per il fitto livello di immersività.
Già, l’immersività. Se ci seguite da tempo ormai sapete che questa è una caratteristica per noi importante, se non fondamentale, per giudicare la bontà o meno di un videogioco e dobbiamo ammettere che in questo RE2r si sono raggiunti dei veri e propri picchi. Entrare per la prima nell’atrio della stazione di polizia, apparentemente un hub sicuro dove salvare e organizzare i nostri oggetti, è un’emozione unica: si è accolti da quest’enorme struttura, dominata da una statua rappresentante la dea della Giustizia che sarebbe forse più adatta ad un ingresso di un museo piuttosto che di una centrale. E infatti quella struttura era un museo, oggi riconvertito. Questa trovata rende quindi l’esplorazione dell’edificio ancora più interessante, senza dimenticare poi che, praticamente ogni stanza, oltre ad avere un livello di dettaglio e di design elevatissimo, sarà sempre ricolma di oggetti, diari e documenti utili per comprendere meglio che diamine stia succedendo e, soprattutto, creature delle tenebre.
E, principi delle tenebre, specie in Resident Evil, sono gli zombie no? Beh, possiamo dire che per quanto concerne RE2r siamo di fronte ai modelli di zombie meglio realizzati di sempre. Se, tanto per fare un paragone, i cavalli di Red Dead Redemption 2, il Field of view di Metal Gear Solid V – The Phantom Pain e i muscoli di God of War sono i vertici nel loro settore del medium, in RE2r si è toccato il massimo livello in fatto di zombie: realistici come non mai, non soltanto nella pelle marcescente e nei tendini ormai ridotti a brandelli (con tanto di mascelle completamente disarticolate dal vivido realismo) ma anche i movimenti sono studiati nei minimi dettagli. Non se ne andranno come sorta di spaventapasseri ma avranno un’andatura dinoccolato e traballante che li renderà, oltre che spaventosi, anche molto difficili da mirare. Non sarà semplice infatti esplodere il più classico degli “head-shot” per fargli saltare le cervella ed eliminare, almeno sul momento, la minaccia.
Altro poi fattore che ci ha fatto innamorare di questo remake è il fattore tempo, non solo “cronologica” ma anche atmosferico. Se infatti da un lato una stanza che avevamo “ripulito” di qualsiasi minaccia eliminando tutte le creature, ad una nostra seconda venuta, perché magari avevamo dimenticato un oggetto o una pianta curativa, si scoprirà contenere una nuova creatura, ovviamente più forte, la pioggia battente che tormenta Raccoon City e il vento che sbatterà sulle finestre, renderanno l’immersione nel mondo di gioco un’esperienza indimenticabile. Per questo il nostro, spassionato, consiglio è quello di giocarlo con un buon paio di cuffie perché così potrete assaporare con mano, anzi “con orecchie”, l’assoluta qualità del sound-design (che non solo “di gusto” ma anche funzionale al gameplay: ogni mostro ha un suo personale “verso” e riconoscerli ci consentirà, ancora prima di vederli, a metterci in guardia).
Poi la storia è quella lì, quella della grande multinazionale farmaceutica Umbrella sempre pronta a sconvolgere il mondo e il corso della natura, con Leon che da ragazzino sbruffone diventerà un eroe dal cuore impavido e con Claire che dovrà imparare a fare i conti con i propri sentimenti e le proprie pulsioni e, soprattutto, il giocatore dovrà fare i conti con un livello di ansia in costante crescita, specialmente quando, dopo circa un terzo del gioco, farà l’apparizione uno dei personaggi/creature più iconici di tutta la serie (mai così “bello” come in questo capitolo!). Insomma se avete ancora una volta di farvela sotto per uno zombie che, nel buio, salterà fuori per azzannarvi il collo questo è il gioco che fa per voi: la sinfonia dell’orrore di casa Capcom non è mai stata così reale, pulsante e terribile come in Resident Evil 2 remake.