Aspro, filosofico ed umorista: il Pirandello di Scimone e Sframeli al Teatro Gobetti

La compagnia Scimone Sframeli fa vivere sulla scena i Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello. Un Pirandello fuori di chiave, a partire dal titolo Sei, nato dal bisogno di mettere insieme il loro linguaggio teatrale con la lingua del grande maestro. In scena al Teatro Gobetti fino al 10 febbraio.

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_di Elisabetta Galasso

La prima cosa che viene in mente quando si va a vedere un adattamento di Sei personaggi in cerca d’autore è: come si fa a concentrare in un’ora uno spettacolo così complesso? Se a farlo è la Compagnia Scimone e Sframeli il risultato sarà sicuramente un successo.

La Compagnia, nata nel 1994 a Messina ha dietro di sé una ricca storia e uno stile inconfondibile. Il loro è un linguaggio che punta all’essenzialità, alla cura del particolare, alla concretezza e alla musicalità. E tutti questi elementi si fondono insieme nello spettacolo, rendendolo capibile, immediato e universale, cioè quello che per Spiro Scimone e Francesco Sframeli deve essere il linguaggio teatrale per eccellenza.

Durante il lavoro di creazione, sono stati ridotti i numeri dei personaggi, eliminati e aggiunti scene e dialoghi, senza mai intaccare però la struttura drammaturgica dell’opera originale.

L’apparizione dei personaggi ad esempio è bellissima: appaiono nei palchi del teatrino dove si sono riuniti degli attori provare non si sa che cosa. Scendono in palcoscenico esprimendo il desiderio di essere rappresentati per quello che sono, per la loro storia, che è sempre quella del Padre che nel retrobottega di Madama Pace incontra una bella signorina che altri non è che la sua figliastra. Il dramma familiare si consuma con colpi efferati di battute tra il Padre, la figliastra, la madre, (prima madre vedova pirandelliana non rappresentata in abito nero e velo) e i tre figli.

Nella foto Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Zoe Pernici, Bruno Ricci, Giulia Weber e Michelangelo Zanghi. Foto di Gianni Fiorito. 

In un efficace gioco di specchi lo spettatore a poco poco avrà la mente offuscata e non riuscirà quasi più a distinguere gli attori dai personaggi in scena, grazie al grande lavoro orchestrale della Compagnia.

Questo testo porta infatti un grande messaggio di ascolto tra attori e personaggi, da sempre perno fondante del lavoro di Scimone e Sframeli. Le battute non devono mai essere dette in un certo modo per partito preso, bensì nascono dall’ascolto e dalla relazione che si instaura tra gli attori, le parole sono come dei palloncini gonfiabili che vengono passate tra le mani di ognuno in un gioco continuo, quello del dare e ricevere.

Da tutto questo ne esce un lavoro di insieme brillante e stupefacente, perché gli attori riescono a rappresentare il fuori, ossia risultano abilissimi nel far rivivere il loro personaggio con occhi diversi ogni sera.

Tutto ciò avviene sotto la guida di Francesco Sframeli che non ama considerarsi regista, bensì un esperto distillatore che nella sua magica stanza delle pozioni che per lui è il palcoscenico, distilla da ogni attore la goccia migliore ed è inutile dire che il pubblico andando a vedere il loro spettacolo assaggerà una grappa buonissima.

Photo credits: Gianni Fiorito