Glass: gli atipici supereroi di Shyamalan

È nelle sale italiane, preceduto dal successo di Split e Unbreakable-Il Predestinato, Glass, l’ultimo ed attesissimo capitolo della trilogia firmata da M. Night Shyamalan. Un cast di stelle hollywoodiane (Bruce Willis, Samuel Jackson e James McAvoy) ed una personale rilettura dell’universo Marvel riescono a rendere il film del regista statunitense un “esperimento pop” ben riuscito?  

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_di Silvia Pompi

«Ho studiato a fondo il fumetto come forma espressiva. Ho passato un terzo della mia vita in un letto di ospedale senz’altro da fare che leggere. Ritengo i fumetti il nostro ultimo legame con una maniera antica di tramandare la storia. Gli egiziani disegnavano sui muri. C’è ancora nel mondo chi tramanda la conoscenza attraverso forme pittoriche. I fumetti potrebbero essere una forma di cui qualcuno in qualche luogo ha avuto percezione o esperienza. In seguito quelle esperienze e quella storia stritolavano la loro macchina commerciale e sono state resi avvincenti, vivacizzate, trasformate in vignette per la vendita»

Glass è un mondo originario dominato da forze inspiegabili dove – mitologicamente parlando – bene e male si fronteggiano per riportare un equilibrio naturale osteggiato da un villain. Glass ha per protagonisti tre uomini più o meno noti già ai suoi spettatori, apparentemente normali, ognuno coinvolto in una storia esclusiva che Shyamaln ha definitivamente intrecciato in un nucleo narrativo più strutturato. Il film ci ripresenta i protagonisti partendo dall’ambientazione tipica dei fumetti, quella della grande metropoli affollata. Le azioni eroiche di David contro la bestia, catapultano le vicende in un non-luogo, una clinica speciale, dove uomini contemporanei come anche Elijah Price, in seguito a personali traumi si convincono di essere eroi con dei super poteri.

Forse si tratta di individui socialmente fuori contesto e molto pericolosi perché convinti di essere tali. Questa domanda sembra incuriosire Shyamalan, gli spettatori ed i suoi personaggi; prende letteralmente vita portando avanti l’idea che gli eroi in un modo o nell’altro, per motivi spesso ignoti, esistano veramente rivelandosi in tutta la loro bellezza e spudoratezza.

Glass sviluppa un suo ampio respiro cinematografico mescolando le sorti dei tre protagonisti in un’unica avventura che si rivela piacevolmente trascendentale, quasi lo scioglimento di un plot fumettistico. A catalizzare inevitabilmente l’attenzione dello spettatore è il personaggio che l’ex X-Man, James McAvoy interpreta nel corso di questo avvincente episodio, circa 23 personalità, tra cui quella di Kevin Wendell Crumble, che i fan della saga hanno avuto modo di conoscere nell’episodio precedente. Ritroviamo però il malinconico David Dunn nei panni della guardia di sicurezza alla ricerca continua di nemici e vittime da salvare con l’aiuto dell’ormai figlio adulto Joseph.

Shyamalan non riduce la saga ad una commistione di generi che ricalcano l’universo Dc Comics o Marvel, del resto è da sempre convinto della sua idea e Glass ne è la prova, dunque sarebbe un grande errore. Glass scavalca anzi la struttura tipica ed i topoi caratteriali degli eroi di matrice statunitense. 

Shyamalan, nel corso del suo lavoro alla trilogia, ha dimostrato di essere molto affezionato alla visione di Alan Moore, Neil Gaiman e Frank Miller ma basti pensare anche a Powers di Brian Michael Bendis. Captain America, Spider Man, Wonder Woman, Lanterna Verde, Batman, Superman, Acquaman, Batman, Catwoman, Wasp, Venom, divengono improvvisamente “poca cosa” rispetto alle vicende che aderiscono in modo straordinario alla realtà contemporanea, senza la necessità di emigrare in una dimensione fantastica e parallela. Glass sancisce l’ideologia fumettistica secondo M. Night quindi, ripartendo dall’idea che dietro ogni azione umana ci sia un destino scritto a cui bisogna rendere conto.


L’apparente debolezza di Elijah, astuta mente che anche in questo caso tesse la sua ragnatela per giungere ad un finale eroico, si potrebbe ipotizzare essere il creatore della saga, forse l’alter ego stesso del regista. L’uomo di vetro, interpretato da Samuel Jackson torna nei suoi abiti viola che esprimevano già in Unbreakable, un senso di angoscia e mistero, per diventare un unicum con la bestia e tutte le sue personalità, ma soprattutto per mostrarsi al resto dell’umanità.

Il pericolo questa volta è che proprio la bestia e le sue personalità cosi complesse ed affascinanti, rubino la scena agli altri protagonisti, sia per il talento tragicomico cosi espressivo di McAvoy, che per una debolezza forse nella sceneggiatura che preferisce oscurare il carattere di David per affinare la suspense che ruota intorno alle azioni di Glass e Kevin.

Nonostante ciò Glass finisce simbolicamente dimostrando che l’esperimento è ben riuscito. La saga di Shyamalan è un esempio di cinema-fumettistico postmoderno, un sogno utopico che ci ricorda di continuare a credere nella nostra unicità, nello sviluppo dei nostri poteri quando servono a difenderci dal villain principale: il sistema politico e sociale in cui viviamo.