Una storia d’amore e contemporaneamente un romanzo di formazione ambientato in una Londra affascinante ma anche brumosa e imprevedibile, proprio come i protagonisti della vicenda.
“Resta con me” fa parta di una narrazione più ampia e ancora in via di sviluppo firmata da Erika Vanzin e intitolata London Series. Come suggerisce il titolo, per entrare nelle vite dei nostri protagonisti dobbiamo attraversare la Manica e sbarcare a Londra, città indubbiamente fondamentale per lo sviluppo di questa storia al crocevia tra amore ed esistenzialismo. La scelta della scoppiettante ma anche complesso capitale inglese riveste anche un ruolo simbolico: tipicamente avvolta dalla sua coltre di uggia, la city sembra essere lo specchio degli umori di Josha e Philip, i due ragazzi che andranno ad intersecare i propri destini nelle pagine della Vanzin.
Il romanzo è auto-pubblicato ma non auto-conclusivo: come detto, fa parte di una serie che pare vedrà avvicinarsi e allontanarsi i due protagonisti, non solo tra i confini londinesi. Del resto, la copertina del libro ci mostra una ragazza di spalla con in mano una valigia: gli spostamenti sono determinanti nell’arco di una vita, così come il bagaglio – non tanto fisico, quanto emotivo – che ognuno si porta dietro.
Nella fattispecie, quello di Joshua e Philip è piuttosto “pesante”: si tratta di due anime confuse, dai trascorsi travagliati, che nello stare insieme troveranno catarsi ma anche attriti. Inizialmente, la situazione potrebbe sembrare un tantino stereotipata. Lei è una scrittrice in fuga soprattutto da se stessa, con tanti sogni in un cassetto chiuso da decine di lucchetti. Lui è un attore e musicista, vagamente maudit, ma dall’animo sensibile. Lei si innamora del suo idolo, che ricambia. Ma gli ostacoli sono dietro l’angolo. Da prospettive diverse, entrambi si trovano rinchiusi in un limbo emotivo nel quale non riesco ad esprime appieno le proprie emozioni, chiusi dentro una campana di vetro che delle volte si confonde coi palazzi londinesi ma è soprattutto una “armatura” personale.
La Vanzin riesce fortunatamente ad evitare una narrazione improntata su cliché tardo-adolescenziali dal sapore “maledetto”, andando invece ad aprire le “valige interiori” dei suoi protagonisti. Mettendoci così quanto meno la curiosità di capire dove andrà a parare la trilogia annunciata.