[REPORT] Anna Calvi: la zampata della leonessa

L’artista britannica ha fatto tappa all’Hiroshima Mon Amour di Torino per presentare il suo ultimo disco “Hunter” nell’orbita degli eventi targati TOdays Festival. Un live elegante e al contempo viscerale, nel quale la cantautrice britannica dimostra di essere cresciuta molto come performer.  


_di Edoardo D’Amato

Lo ha ribadito diverse volte nelle sue più recenti interviste: Anna Calvi ora si sente una cacciatrice, e il titolo del suo ultimo disco non ha fatto altro che sottolineare il concetto. Ma non è stato sempre così: un tempo era timida e schiva, pensava di non avere una bella voce. Per far scattare la magia è bastato che qualcuno al suo fianco (Bill Rider-Jones e Rob Ellis in primis) credesse in lei e le facesse tirare fuori gli artigli, ma soprattutto cavasse dal suo esile corpicino quella voce così potente e magnifica che ha letteralmente ammaliato l’Hiroshima Mon Amour giovedì sera. I pensieri sparsi uscendo dal locale di Via Bossoli sono: 1) Anna Calvi è una chitarrista della Madonna 2) Della voce abbiamo già detto 3) I musicisti al suo fianco (Daniel Maiden-Wood alla batteria e Mally Harpaz a harmonium, percussioni e vibrafono) sono gli stessi da anni, per un affiatamento che si sente eccome sul palco 4) Rispetto all’ultima volta che passò dalle parti di Lingotto, la Calvi è ora diventata una performer pazzesca.

Soffermiamoci proprio sull’ultimo punto: chi c’era nel 2014 aveva ammirato un’artista con una classe infinita, elegante e raffinata fino al midollo, ma anche leggermente ingessata on stage. Ecco: adesso, dopo tre anni e un disco pubblicato, Anna Calvi ha migliorato anche questo aspetto, divenendo una delle performer più interessanti e originali del panorama rock della nostra epoca. Sul palco è una furia: si concede prepotenti assoli di chitarra (“Indies or Paradise” ci ha pettinato per bene), potenti vocalizzi che rimandano al capolavoro pinkloydiano “The Great Gig in the Sky” (ci riferiamo a “Don’t Beat the Girl out of My Boy”) e soliti lampi di classe purissima (come si fa a restare indifferenti alla versione live di “Swimming Pool”?). La scaletta rispetta una coerenza di fondo, con pochissime tracce ripescate dai due dischi precedenti, ovvero “Suzanne and I” e “I’ll Be Your Man” a metà concerto e “Desire” durante l’encore.

Il tutto condito da una teatralità non ancora del tutto mostrata prima d’ora, declinata a volte insieme alla sua Telecaster (suonata in ginocchio, oppure direttamente per terra) e altre volte a tu per tu col microfono e rivolgendosi direttamente al suo pubblico. Una cacciatrice che riesce a sorprenderci per determinazione, carisma, maturazione. E alla fine ci lascia tramortiti, a leccarci le ferite.

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