[REPORT] Steve Wynn & Chris Cacavas: storytelling e nostalgia a Catania

Atmosfere rilassate e fan elettrizzati per il live del leader dei Dream Syndicate immerso nella semioscurità del Teatro Coppola di Catania.

_di Simona Strano

Basta uno sguardo all’ingresso del Teatro Coppola – Teatro dei Cittadini per vedere immediatamente decine di fan di vecchia data, organizzati in gruppetti immersi in fittissime chiacchierate su discografia e storia dei Dream Syndicate, muniti degli album di una delle band di culto più amate nel mondo sottobraccio, pronti per essere firmati da Wynn. Il loro entusiasmo, poco prima di rivedere il proprio beniamino dal vivo, è realmente tangibile.

Pochi minuti dopo, su un palco poco illuminato, ecco arrivare Chris Cacavas che, dopo una breve introduzione divertente, si accomoda prima al piano per poi imbracciare chitarra e armonica e presentare al pubblico qualche brano della propria produzione solista, in bilico tra sfumature country e folk. Tra i brani proposti dall’ex Green on Red spiccano Sucker e California (Into the Ocean): sarà canticchiata da molti per il resto della serata, probabilmente anche a causa del trigger cerebrale innescato dall’intro simile a (Just like) Starting Over!

L’arrivo di Wynn è accolto da applausi ed entusiasmo. La giacca glitterata che brilla sotto lo spotlight pare contrastare con la sua Jazzmaster. Con l’attacco di una impeccabile When You Smile dei Dream Syndicate qualcuno scatta addirittura in piedi tra i posti a sedere. Il resto del concerto scorrerà molto, molto tranquillo con uno Steve Wynn che saltella tra canzoni dei suoi album solisti e quelle composte con la band con il solo apporto di Chris Cacavas al piano, gag e sigarette.

 

Il live assume però un carattere a tratti malinconico. Il cantato e l’atteggiamento di Wynn a cavallo tra Lou Reed, Bob Dylan e, inspiegabilmente, un Bryan Adams degli ultimi tempi (sarà mica la giacca?) spiazza molti astanti inizialmente partiti con le migliori intenzioni.

Saranno state le aspettative troppo alte ma l’impressione, ogni tanto, è di trovarsi davanti a un concerto senza troppe lodi ma comunque privo di infamia. È il canto del cigno? Non crediamo proprio ma qualcosa nel quadro sembra mancare, non a livello sonoro, però. Pare più un problema di intenzioni.  Lo stesso ultimo album dei Dream Syndicate, pubblicato lo scorso anno dopo praticamente 3 decenni di silenzio era, dopotutto, un rollercoaster di emozioni con momenti altissimi che mostravano l’intuito e la capacità compositiva di una band che ha fatto per certi versi la storia degli anni ‘80, misti a una certa piattezza.
Fortunatamente, durante il live in questione, a cambiare le sorti dello spettacolo – oltre al carattere affabile e amabile di Wynn – sono altri tre brani in particolare: Carolyn, l’amatissima Boston e, a sorpresa, la canzone con cui il losangelino chiuderà il concerto, There Will Come a Day.
Quest’ultima, proposta totalmente in unplugged, con Steve e Chris che camminano tra il pubblico con chitarra acustica e armonica, sarà forse il momento più coinvolgente ed emotivo dell’intera serata.
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Sarà stata la mancanza di artifici, sarà la vicinanza fisica con gli artisti, l’ausilio delle uniche luci in sala provenienti dai cellulari di coloro i quali registrano avidamente ogni singolo secondo di questo momento e il coro che spontaneamente parte tra il pubblico ma il concerto prende una piega diversa e colma di ammirazione.
Il nuovo ricordo viene salvato e conservato, esattamente come i video sugli smartphone dei fan, sovrascrivendo i dettagli che, inizialmente, non erano assai degni di nota.  A Wynn viene quindi riconosciuto un enorme merito: è sempre capacissimo di tenere un palco anche da solo; canta con la voce ma, soprattutto, fa cantare la chitarra.  Non si fa notare infatti l’assenza di una band vera e propria e, anzi, i virtuosismi (così come le “papere sonore”!) di uno sbilenco simpatico personaggio dei fumetti come Chris Cacavas, mettono il pepe all’esibizione.
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Quindi, in fin dei conti, come si fa a non voler bene a un uomo come Wynn? Come si fa a non apprezzare sempre e comunque un artista che, davanti a enormi folle da festival o in piccoli club, riesce sempre a mantenere la stessa umiltà e gentilezza? Saranno cose di altri tempi ma, alla fin fine, cosa c’è realmente rimasto degli anni ‘80? Un gentleman come Steve Wynn, di certo, che da bravo stakanovista della musica, tra band e progetti satellite, sembra proprio non voler scomparire.

Gallery a cura di Carmelo Tempio