Nel cinquantenario dei movimenti di contestazione del ’68, la Fondazione Merz fornisce – attraverso una decina di opere realizzate da Merz tra il 1966 e il 1973 – uno spunto di riflessione intorno ad un periodo ricco di fermenti creativi, che ha innescato nuovi processi di trasformazione e che ha rinnovato la visione del futuro.
Il cambiamento fornito dai moti del ’68 coinvolge tutte le arti, dalla letteratura alla musica, al teatro, al cinema e naturalmente l’arte visiva, che ha visto coesistere movimenti così significativi come il minimalismo, l’arte povera, la land art e il concettuale, mettendo a confronto e di pari passo l’arte emergente statunitense con quella europea. Ha generato un clima ricco di straordinaria sensibilità, un nuovo modello esistenziale basato sull’impegno costante nella concezione, nella presentazione e nella diffusione dell’arte del proprio tempo.
Per Mario Merz, che ha vissuto quegli anni da protagonista, quell’intensità è stata come Una domenica lunghissima dura approssimativamente dal 1966 e ora siamo al 1976. Siamo verso la fine del pomeriggio di una lunghissima domenica. Noi non abbiamo mai lavorato! Quasi dieci anni non abbiamo fatto che pensare a passare una lunghissima domenica tra due immense e grigie settimane di lavoro che incombono prima e forse dopo […]Invece stiamo svestendo la cultura per vedere come essa è fatta. E questa è la nostra lunga domenica, stiamo svestendo la cultura per vedere come essa è fatta. (Hopefulmonster 2005)
La mostra Mario Merz. Sitin si inserisce nella programmazione della Fondazione che prevede momenti espositivi dedicati all’opera di Mario e Marisa Merz e succede a quella inaugurale alla Fondazione nel 2005 e a quelle tematiche: nel 2007 sulla pratica del disegno, nel 2010 sulla produzione pittorica, nel 2011 sul legame al progetto architettonico e l’ultima, La natura è l’equilibrio, incentrata sul rapporto tra natura e cultura, nel 2016. (dal CS)
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