Il 14 Maggio si è conclusa la trentunesima edizione del Salone Internazionale del Libro. Tra una lettura e un’altra, ripercorreremo le tappe e i momenti salienti della manifestazione attraverso una serie di focus on. Partiamo da un po’ di considerazioni generali sul’andamento della fiera e sui percorsi di pensiero suggeriti.
–
_di Miriam Corona
Il Salone del Libro prima di tutto è internazionale ma è anche di Torino; perché capita raramente di sentire una città legata così tanto all’evento che ospita, soprattutto quando le realtà che si incontrano sono numerosissime e tra le più variegate. Invece Torino è il pane e il Salone la marmellata che starebbe bene anche da sola ma sul pane è un’altra cosa: funziona meglio.
Torino che non è solo il Lingotto Fiere; grazie al Salone Off e alla Festa Mobile, il culto letterario ha raggiunto tutti i punti della città e non solo: sono state infatti coinvolte anche 14 comuni della città metropolitana di Torino con appuntamenti in biblioteche, ospedali, caffè, cinema e parchi (nota di merito per la seduta spiritica per l’evocazione di Zelda Fitzgerald tenutasi al Cimitero Monumentale). In città, quattro giorni di festa anche alle OGR e proiezioni esclusive al Cinema Massimo e al Museo del Cinema.
Un primo aspetto rilevante del Salone – che gli affezionati possono confermare – è che ogni anno si arriva colmi di aspettative e non si rimane delusi. Allo stesso tempo certe cose rimangono sempre uguali, e si salutano come un amico di vecchia data: la novità diventa una tradizione. E non è da sottovalutare la capacità di rinnovarsi ogni anno pur mantenendo un’identità ben precisa.
C’è da dire che questa trentunesima edizione non è partita con il miglior clima possibile: si è respirata una certa tensione, una partenza leggermente in salita, soprattutto a causa delle polemiche delle scorse settimane che ha visto esclusi (per fortuna momentaneamente) molti dei piccoli editori a causa della mancanza di spazio. La questione dell’”overbooking” si è ripresentata più volte anche nel corso della fiera, anche se nella giornata di sabato si è tirato un (breve) sospiro di sollievo grazie all’affluenza maggiore di pubblico, che ha addirittura portato alla chiusura dei cancelli esterni poiché è stato raggiunto il numero massimo di capienza del Lingotto.
La fibrillazione palpabile della trentesima edizione non è arrivata, ma quest’anno si partiva da presupposti diversi; si è parlato di maturità (leggi qui il “bilancio” ufficiale).
Il Salone sta indubbiamente acquisendo consapevolezza di avere uno storico non indifferente e – in termini di crescita – se si vuole fare un’analisi nero su bianco, i numeri parlano chiaro. Quale migliore occasione se non questa per parlare, appunto, di futuro. Il tema proposto quest’anno è stato infatti “Un giorno, tutto questo”, declinato ulteriormente in 5 domande chiave: Chi voglio essere? Perché mi serve un nemico? A chi appartiene il mondo? Dove mi portano spiritualità e scienza? Cosa voglio dall’arte: libertà o rivoluzione? Riflessioni che sono state ampiamente affrontate in diversi percorsi (anche con i più piccoli) e che hanno offerto dibattiti e fruttuose occasioni di confronto.
Approfondimento lecito di quest’anno è stata la sezione del Maggio Francese, di cui nel 2018 ricorre il cinquantenario, ricca di incontri con coloro che ne hanno fatto o raccontato la storia.

L’offerta degli altri diversi percorsi tematici ha toccato numerosi punti attuali: Scrittori dal Mondo, incontri con autori internazionali, Altre Voci, Altre Stanze (dedicata agli autori “outsider” che stanno contribuendo a cambiare le regole del”gioco letterario” e forse del mondo), Solo Noi Stesse, narrazioni al femminile, storie di donne e storie fatte da donne.
E poi ancora, L’Età Ibrida, dove la fusione con la tecnologia e la scienza oggi aiuta a comprendere i cambiamenti del mondo, Il Tempo Ritrovato, celebrazione dei personaggi che hanno fatto grande il Novecento, rilevanti più che mai alla comprensione del futuro, Book To Screen, i rapporti tra autori, registi, piccoli e grandi schermi e le loro influenze; Il Mondo a Figure, perché i libri non si scrivono solo a parole.
Clicca qui per sfogliare la gallery fotografica del SalTo
Molto forte la presenza delle biblioteche piemontesi: nella Biblioteca del Salone e nella Piazza dei Lettori si sono affrontati temi rilevanti come la ricorrenza dei quarant’anni dalle morti di Aldo Moro e Peppino Impastato e dalla Legge Basaglia, i duecento anni dalla pubblicazione di Frankenstein e il ricorrente Cinquantenario del ‘68.
Hanno comunicato il desiderio di esserci e di andare avanti, di continuare a portare la loro offerta al pubblico che anche quest’anno ha apprezzato. Il prossimo anno si perderà il Padiglione 5, sede del Bookstock Village, venduto per la realizzazione di un supermercato, ulteriore botta alle problematiche logistiche sulla mancanza di spazio che si sono affrontate (non in modo ottimale) già quest’anno.
Alla conclusione dell’ultima giornata di Salone, le istituzioni hanno confermato che dal 2019 sarà gestito solamente dalla Fondazione Cultura, di cui è presidente Chiara Appendino, concedendo di fatto al Comune un ruolo di potere in materia.
Da definire appieno il ruolo che avrà Il Circolo dei Lettori, protagonista di una gestione cristallina ed equilibrata (avvenuta “a rotazione” con la Fondazione) che ha visto l’impegno assoluto della direttrice Maurizia Rebola, soprattutto nel tenere la manifestazione a Torino. Riconfermati Bray come presidente e Lagioia come direttore, oramai una “coppia di fatto”, che non dichiarano la chiusura della trentunesima edizione, bensì l’inizio della trentaduesima edizione, che è già in fase di lavori in corso.
Si percepisce anche quest’anno l’urgenza di voler ribadire che non ci saranno terremoti e vedremo la manifestazione di nuovo a Torino: chissà se arriverà mai un’edizione in cui potremo darlo per scontato, senza la consueta rassicurazione delle istituzioni. Sta di fatto che quando vengono comunicate le date del SalTo 2019 (9 al 13 maggio 2019) noi vogliamo crederci. Ed esserci.
