“Quel figlio negato” di Francesca Ognibene: quando il destino sembra accanirsi

Pubblicato per la casa editrice “L’Erudita”, il secondo romanzo di Francesca Ognibene affronta una tematica spinosa come la “maternità negata”, senza filtri e pudori, attraverso tutte le dolorose decisioni e incertezze di una coppia innamorata.

Non si può che partire da una premessa, tanto inutile quanto necessaria: un uomo non potrà mai capire fino in fondo. Nel parlare di qualsivoglia argomento legato alla maternità, dalla prospettiva maschile, bisogna tener conto di uno “scarto di pensiero”, un vuoto impossibile da colmare al netto di qualsiasi riflessione, immedesimazione, astrazione. Tuttavia un libro come “Quel figlio negato”, così affogato nel suo realismo a tratti brutale, non può che essere una lettura consigliata anche e soprattutto agli uomini, magari soprattutto a quelli che non disdegnano di pontificare in merito a tematiche come aborto e adozione con grossolana faciloneria.

Pagine che potrebbero aprire gli occhi a molti e riempire il cuore ad altri. Dopo l’esordio letterario con il libro “Confessioni di un orco”, la Ognibene continua a suggerire una poetica di tipo “confessionale”, intima ma non voyeurista, quand’anche spudorata nel raccontare gli anfratti più reconditi di una stanza del pensiero. Questa volta ci racconta la storia di Virginia, che poi è la storia di Virginia e Federico: un amore come tanti che tuttavia deve fare i conti con le difficoltà della coppia ad avere un bambino.

Quel desiderio costantemente disatteso diventa dapprima un problema, poi un’ossessione. La malinconia si tinge sempre più di nero, fino a sfociare nella depressione. E quando anche l’opzione dell’adozione si trasforma in un calvario, dalla prospettiva del grembo materno – sempre più caverna senza appigli e chimera senza appelli – i confini della storia si dilatano fino a far diventare questo romanzo una riflessione più generale sull’accanirsi del destino contro certe vite, alcune già in essere, altre mai compiute. Certe decisioni dovrebbero essere sempre “ad personam”, tanto viscerali sono gli aspetti coinvolti? Certamente questo libro offre degli spunti di riflessione senza peli sulla lingua.

La Ognibene – nota anche per i suoi trascorsi radiofonici del segno del rock’n’roll (si ascolti ad esempio il programma “Snatura Rock” su Radio Sherwood) e per essere stata una penna del rivista musicale di culto Il Mucchio Selvaggio – sembra mettere dei punti esclamativi accanto ai tanti punti interrogativi, nell’infinita diatriba sull’aborto, con la sua prosa forte, dritta, ficcante. Come una buona canzone rock.