Dolores Redondo, vincitrice del Premio Planeta 2016, presenta il suo nuovo “noir” d’ambientazione galiziana. Abbiamo partecipato all’intervista all’autrice realizzata dallo scrittore Enrico Pandiani a Circolo di via Bogino.
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_ di Beatrice Brentani
La “regina del literary thriller”, come è stata definita da Carlos Ruiz Zafón, è stata in tour in Italia dal 23 al 27 ottobre per presentare il suo nuovo libro, “Tutto questo ti darò”, pubblicato il 17 ottobre 2017.
Lunedì 23 ottobre, l’autrice è stata ospite del Circolo dei Lettori ed è stata intervistata da Enrico Pandiani: vi riportiamo le parti più interessanti della chiacchierata.
La prima domanda che Enrico Pandiani, dopo aver presentato la trama del libro – senza però lasciare trapelare dettagli troppo rilevanti della storia per evitare di rovinare la lettura ai presenti in sala – è stata subito schietta e senza tanti giri di parole e, probabilmente, è stata un punto di partenza fondamentale per conoscere le idee dell’autrice, i suoi principi morali e i valori sociali in cui crede.
E.P.: Manuel e Álvaro sono una coppia omosessuale. Perché ha scelto di parlare dell’amore tra due uomini?
D.R.: Non mi stupisce questa domanda, non è la prima volta che mi viene posta e, soprattutto, la si chiede spesso se si proviene da paesi in cui il matrimonio tra coppie gay ancora non è stato legalizzato o lo è stato da troppo poco tempo. La storia non parla, in realtà, dell’amore tra due uomini, ma della mancanza d’amore in cui si viene a trovare Manuel dopo essere rimasto vedovo: una sofferenza che penso sia esattamente la stessa che proverebbe un uomo rimasto vedovo di una moglie anziché di un marito, senza alcun tipo di differenza.
La mia scelta potrebbe anche essere letta, per certi versi, come una sorta di trappola: siamo tutti pronti a dichiararci liberali e privi di pregiudizi nei confronti delle coppie omosessuali e del matrimonio ma, purtroppo, molti di noi ancora non sono riusciti a liberarsi completamente dai propri pregiudizi.”
E.P.: La storia che ha scritto però non è solo il racconto di una “mancanza” dovuta al fatto che Manuel rimane improvvisamente vedovo: è anche il racconto di una “mancata” conoscenza, dal momento in cui Manuel scopre dettagli della vita del coniuge, appena morto, che quest’ultimo era sempre riuscito a tenergli nascosti. Lei pensa che vi sia sempre una sorta di “incertezza” sul nostro conoscere la persona che sta al nostro fianco?
D.R.: “Io penso che sia proprio questo il rischio, in amore. Non potremo mai conoscere fino in fondo la persona che amiamo. Álvaro è riuscito a tenere nascosto, per tutto l’arco del suo matrimonio con Manuel, l’esistenza della sua intera famiglia d’origine, il suo essere primo, insomma. Durante le mie ricerche, ho raccolto moltissimo materiale su questo argomento, ho letto molto materiale di alcuni investigatori privati: storie incredibili in cui alcuni mariti, o mogli, venivano a scoprire segreti del partner che mai avrebbero immaginato.
“Ogni persona è un mondo a sé e noi possiamo conoscerne soltanto una parte: potremmo non conoscere alcuni dei suoi gusti musicali, o alcuni suoi interessi, o le persone con cui esce quando non è con noi. Non possiamo controllare le vite dell’altro”
La prima domanda di carattere apertamente sociale è stata poi subito seguita da un’altra: Ho notato che, in questo suo nuovo romanzo, le donne rimangono un po’ sullo sfondo, mentre è il mondo maschile che prende il sopravvento. È stata una scelta voluta?
D.R.: “Sì, assolutamente. La trilogia che ho pubblicato prima di questo romanzo (la Trilogia del Baztan) presentava una società estremamente matriarcale, che è poi la mia società d’origine e dalla quale avevo preso spunto. Per questa nuova storia, invece, ho sentito davvero l’esigenza di affrontare un mondo un po’ diverso e di parlare di tre uomini completamente differenti tra loro.”
Da una discussione incentrata sugli aspetti, per così dire, più extratestuali della storia, Enrico Pandiani ha proceduto chiedendo all’autrice qualche dettaglio in più sui personaggi del romanzo e i loro significati all’interno della narrazione.
E.P.: Vi sono alcuni personaggi che risaltano più di altri, per esempio il personaggio di Noguiera, il poliziotto che aiuta Manuel nelle sue indagini, o quello di Samuel, il bambino, l’unico che accoglie positivamente Manuel in casa. Cosa rappresentano questi personaggi?
D.R.: “Devo premettere che il mio è un romanzo altamente simbolico. Noguiera, per esempio, è per me il simbolo del legame d’amicizia e anche di denuncia sociale; è un personaggio davvero perfetto, inserito in un contesto, quello del genere thriller, in cui necessariamente si parla di morte, paura, colpe e sospetti. In questa cornice, Noguiera è invece un fascio di luce, l’elemento positivo del sistema.
Samuel è un altro simbolo positivo del mio romanzo. Manuel non viene accolto bene nella casa d’origine di Álvaro: tutti sono ostili, tutti mentono, e Manuel deve sempre riconoscere nuovi simboli e nuovi elementi, ma non sempre questo riconoscimento risulta facile, sebbene la sua sia un’indagine di tipo civile e abbia, dunque, tutti i diritti di accedere ai segreti di famiglia che sono così tanto gelosamente custoditi. Ad ogni nuovo segreto che viene svelato, Manuel riceve un tassello in più per completare il quadro di vita del marito.”
E.P.: E cosa dire, invece, della figura del Corvo?
“Il Corvo, cioè la madre di Álvaro, è così chiamata perché sta sempre ad osservare. È una presenza molto potente all’interno della storia, mette paura e soggezione. È anche, sotto certi aspetti, un personaggio diabolico, e la figura della madre “scomoda” e cattiva compare anche in un altro mio romanzo proprio perché credo che esista, spesso, anche nel nostro reale.”
Ma la parte più interessante dell’intervista ha riguardato proprio, a tempo quasi scaduto, la penultima domanda fatta a Dolores, alla quale abbiamo ricevuto una risposta a dir poco ricchissima e piena di sentimento…
Parliamo ora di uno dei caratteri più interessanti e particolari di questo romanzo, ovvero l’ambientazione. La storia narrata è fortemente intrecciata all’ambiente in cui i fatti si compiono: la Galizia. Cosa puoi raccontarci di questo territorio?
D.R.: “Ho ambientato il mio romanzo nella mia terra d’origine, la Galizia, ma più precisamente nella zona chiamata Ribeira Sacra. Ed è, questa, una Galizia a cavallo tra il Medioevo e la contemporaneità, dove i vigneti e l’attività vinicola sono i protagonisti della storia e della quotidianità delle famiglie. I terrazzamenti sulle colline sembrano pettinati e sono perfettamente in ordine: vi è una pianta per ogni terrazzamento e, talvolta, questi terrazzamenti sono così in pendenza che è impossibile raggiungerli via terra e occorre l’utilizzo di barche sui fiumi. Ancora oggi, l’amore del popolo galiziano per la sua terra è innegabile: il lavoro è l’attività principale, ma non vi è tristezza in questa scelta.
«Noi siamo felici di faticare per il nostro lavoro, perché amiamo quel lavoro e amiamo le nostre origini»
La produzione non è massificata, questo è certo, ma è estremamente particolare e ne siamo orgogliosi. Nel romanzo, Manuel riscopre il piacere per il lavoro manuale e la pace che da quest’ultimo scaturisce nei cuori delle persone.”
Enrico Pandiani e Dolores Redondo si scambiano a vicenda sguardi d’assenso, di soddisfazione e, al contempo, ammirazione. L’una è lieta delle domande che le sono state poste, l’altro è impressionato dalle risposte ricevute, tutte estremamente precise e piene di sfumature e nuove impressioni utili per una maggior comprensione della storia raccontata, di cui Pandiani dimostra una profonda conoscenza. Siamo stati tutti proiettati all’interno della sua riflessione sull’opera, riflessione che è stata rinnovata, colmata e resa ancor più significativa grazie alle parole di Dolores. L’intervista si è chiusa con un’ultima domanda: Dolores, quali sono ora i tuoi progetti?
D.R.: “Attualmente sto compiendo numerosi tour per il mondo per presentare il mio nuovo libro, e sto raccogliendo nuovi materiali per il prossimo romanzo. Gli spostamenti sono difficili, perché abito in un paese abbastanza lontano dai grandi centri urbani. Ma questo mi piace: dove vivo, tutti mi conoscono e rispettano il mio lavoro e il tempo che a esso dedico. Mi sento davvero fortunata.”
L’autrice si è fermata oltre l’orario dell’intervista per firmare le copie del suo libro: sopra ogni sua firma, una piccola dedica per ogni lettore che le ha dedicato un’ora del suo tempo.