Con “A tavola – Storie di cibi e vini” – edito da Einaudi – Andrea Mattacheo asseconda le tendenze enogastronomiche degli ultimi anni e accontenta chi ricerca nelle parole il piacere del buon cibo, ma sorprende con un inedito percorso attraverso la letteratura moderna e contemporanea.
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_di Giorgia Bollati
“Saprò comunque, ancora, apprezzare una buona bottiglia di vino. E, stappandola per gli amici, immediatamente si sovrapporranno in quel gesto tutti i gesti uguali che prima il nonno, poi mio padre, e altri ancora prima di loro, hanno fatto nel corso della loro esistenza, nello stesso preciso, identico modo.”
Con queste parole Tondelli scavava nel viscerale richiamo di un gesto dal profondo significato antropologico, un gesto che affonda le sue radici nell’umanità più antica, e attraverso di esso si gettava nella ricerca del proprio passato, di una sorta di autodefinizione. In base alle testimonianze di Tondelli e Dumas, Cechov e Carver, cucinare, mangiare, degustare, diventano azioni dalla potente carica spirituale, portatrici di un senso di esistenza pieno, capace di risvegliare primordiali istinti e guidare l’anima al piacere più etereo.
Tra tendenze e ossessioni, pare che oggi sia venuta a perdersi l’identità del cibo, l’atavico rituale del cucinare la carne, del portare l’acqua au point, e lo sfrigolio della pastella che avvolge un rigoglioso fiore di zucca immerso nell’olio bollente ha perso, per il nostro orecchio, quel magico aurorale potere evocativo.
Presi da manie e psicosi di massa ci rifugiamo nell’estemporanea estetica di un buon impiattamento senza soffermarci a indagare le piccole cure di cui sono frutto i diversi elementi del piatto, senza porci troppe domande sul colore e sulla natura del cibo di fronte al quale ci troviamo.
“Tra diete dei gruppi del sangue, quenelle e reazioni di Maillard gli esseri umani rischiano di svanire, e allora vale la pena di andare a ritrovarli tra le pagine dei libri mentre sognano le ostriche, organizzano un ricco buffet o si prendono una sbronza”.
Questo il proposito con cui Andrea Mattacheo, giovane editor di Einaudi, ha selezionato i testi da inserire nell’antologia A tavola – Storie di cibi e di vini, mantenendo un occhio di riguardo per l’autorità dell’alta gastronomia rappresentata dal capostipite del buon gusto Jean-Anthelme Brillat-Savarin, enogastronomo ma anche uomo dedito agli erotici piaceri, e indagando, insieme, l’evoluzione nella letteratura di uno spirito languido ed esteta, quanto ossessivo, del cibo.
Passa così alla lettura di Runyon e Mansfield, Poe e Lamb, Balzac e Pirandello, e raffigura, con le loro parole, le trascinanti passioni dell’essere umano, i desideri che garantiscono continuità e valore alla vita, con punte di ossessivo sadismo, come quello del Prosit di Pessoa, o di generoso amore, come quello del pasticcere di Raymond Carver.
Andrea Mattacheo traduce con accuratezza Savarin, London e Runyon e non cede alle obsolete lusinghe barocche, ma compie un percorso sui generis, per analizzare il sentimento umano di cui l’oggetto-cibo diventa feticcio, al pari di quello amoroso di Barthes, e ripercorre l’epoca moderna, con i suoi vizi e le sue debolezze. A tavola lascia da parte la mera estetica del cibo e indaga la natura umana, fatta di manie e desiderio, speranze e dipendenze, guarda al cibo come a un linguaggio della passione e traduce in ricette e goderecci banchetti i più antichi istinti dell’essere umano, quelli che la letteratura incarna, descrive senza mai giudicare, cela e manifesta.
I testi che si succedono l’uno dopo l’altro scavano nell’oscurità dell’inconscio con un delicato e viscido strumento come una perlacea ostrica o un tiepido dolce, capaci, nella loro innocenza, di scardinare le saracinesche dei nostri giorni e liberare sentimenti repressi e scomodi, ma anche quelli più soavi, perché Dumas – come già cantava Orazio – ricorda che la golosità è bramata dagli spiriti delicati. Una profonda e sorprendente analisi dell’animo umano, dunque, che restituisce senso all’attitudine del concreto “mangiare per vivere” e, insieme, del nobile “vivere per mangiare (bene)”, e condanna il nostro moderno, superficiale e stressante “vivere per mostrare di mangiare”.
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Ecco tutti gli autori invitati “A tavola”:
Stuzzicare il palato
I. Katherine Mansfield, Garden-Party
II. Alexandre Dumas, Qualche parola al lettore
III. Anton Pavlovic Cechov, Le ostriche
IV. Anthelme Brillat-Savarin, Meditazione VII. Teoria della frittura
V. Jerome K Jerome, Mangiare e bere
Il calore del forno
I. Raymond Carver, Una cosa piccola ma buona
II. Damon Runyon, Una fetta di torta
III. Charles D’Ambrosio, Lo schema generale delle cose
Vino e spiriti
I.Pier Vittorio Tondelli, Un racconto sul vino
II. Horacio Quiroga, I distillatori d’arance
III. Sherwood Anderson, Sbornia
IV. Edgar Allan Poe, La botte di Amontillado
Il sapore della carne
I. Jack London, Un pezzo di carne
II. Charles Lamb, Dissertazione sul maialino arrosto
III. Isaak Babel´, La mia prima vittima: un’oca
IV. Luigi Pirandello, I galletti e il bottaio
V. Fernando Pessoa, Una cena particolare
Piaceri di fine pasto
I. Honoré de Balzac, da Trattato degli eccitanti moderni
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