La graphic novel di Giovanni Masi e Rita Petruccioli edita da BAO Publishing è il racconto agrodolce delle cicatrici che lascia il mondo quando ci crolla addosso.
–
_di Alessia Giazzi
Tutti siamo finiti a pezzi almeno una volta nella vita. C’è stato qualcosa che ha fatto breccia in noi scavando sotto la superficie, scalfendola e crepandola: un evento doloroso, una perdita, una separazione che ha creato fratture sempre più profonde finchè le crepe non si sono unite, facendoci crollare e riducendoci in frantumi, come un vaso di ceramica che si infrange a terra.
Giovanni Masi e Rita Petruccioli hanno raccolto quei cocci e ne hanno fatto un fumetto sulla perdita, l’accettazione e l’elaborazione del dolore. “Frantumi” è proprio il titolo della neonata graphic novel uscita l’1 giugno per BAO Publishing.
Giovanni Masi, classe 1980, non è nuovo del mondo del fumetto: il suo curriculum di sceneggiatore vanta collaborazioni con numerose case editrici tra cui la storica Sergio Bonelli Editore, per cui scrive Orfani e Dylan Dog. Rita Petruccioli, figlia della città eterna, nasce come illustratrice e cresce in fretta, spaziando tra magazine, advertising, libri per bambini e comics. Qui la troviamo alle prese con il suo primo fumetto lungo.
«L’empatia che crea con il lettore è uno dei punti di forza di questa graphic novel dai contorni netti che parla di emozioni e sentimenti contrastanti»
È da questa sinergia che prende forma “Frantumi”, una storia a cavallo tra sogno e realtà che racconta dei segni che lascia il mondo quando ci crolla addosso.
Inizia tutto con un messaggio: Mattia, il protagonista, si trova a Roma Termini seduto davanti a un caffè quando improvvisamente la stazione intorno a lui inizia a disintegrarsi prima di essere travolta da un’ondata rossa che lo catapulta in un luogo sconosciuto. Qui, con l’aiuto di Laila, dovrà ritrovare la strada di casa rimettendo insieme i cocci.
Fin dalle prime tavole emerge la forza espressiva del tema trattato: gli spazi e il loro stravolgimento giocano un ruolo fondamentale nella sensazione di smarrimento che la storia trasmette, supportata dalle prospettive esasperate di Rita Petruccioli.
Da Roma Termini a una sorta di isola che non c’è, un continente sconosciuto, una città che si colloca a metà tra la Beirut bombardata di “Valzer con Bashir” e la Atlanta apocalittica di “The Walking Dead”. Questo diventa lo scenario per lo svolgimento di “Frantumi”, uno scenario ricorrente nella cinematografia ma anche in campo letterario: basta pensare all’ultimo “Anna” di Niccolò Ammaniti o a “La terra dei figli” di Gipi.
Il colore interpreta il ruolo di protagonista della graphic novel: ogni personaggio è connotato da una tonalità diversa, ogni cromia è scelta accuratamente, nulla è lasciato al caso. Le campiture di colore uniforme riempiono le tavole e delineano volumi e profondità in modo netto e preciso: non ci sono sfumature, non ci sono compromessi, i colori non si mescolano mai.
È impossibile non immedesimarsi nella storia di “Frantumi”. L’empatia che crea con il lettore è uno dei punti di forza di questa graphic novel dai contorni netti che parla di emozioni e sentimenti contrastanti: rabbia, sconforto e accettazione prendono vita sullo scenario di un mondo in bilico tra il reale e l’onirico, in quel limbo di smarrimento in cui ritrovare sé stessi e i propri pezzi è l’unico modo per dissipare la nebbia. La trama si snoda sul piano metaforico, seguendo quello che forse è un sogno o forse è la realtà.
“Frantumi” è un fumetto che commuove dalle prime pagine e incuriosisce nel suo svolgimento per poi riservare alle ultime pagine la stoccata finale. Contiene tutta la consapevolezza delle cicatrici che ci portiamo addosso: “Non fa niente se restano i segni” è la frase che racchiude alla perfezione il messaggio di questa favola agrodolce.