Abbattere il muro del suono: Tim Hecker al Teatro Franco Parenti

Tim Hecker apre la rassegna Electropark Exchanges 2017 alla sua seconda edizione. Sound viscerale e grande impatto fisico per il set dell’artista canadese.


_di Martina Lolli
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Sala gremita al Franco Parenti, da sempre location sensibile alla musica elettronica. Ieri sera molti visi giovani, altri un po’ più datati, ma tutti con una grande voglia di godere dell’attesissimo live di Hecker, un’occasione quasi unica dato che il sound artist ha concesso all’Italia solo due date: la meneghina di ieri, appunto, e quella di oggi, all’auditorium Fausto Melotti di Rovereto.
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All’ingresso della Sala Grande del Teatro Parenti una spruzzata di ghiaccio secco lascia presagire un’atmosfera cupa. E l’inizio del live non smentisce l’impressione: la sala è immersa nel buio più completo quando Hecker inizia la performance; così sarà per l’intero set, vagamente illuminato da strisce di luci monocrome a turno blu, rosse, viola e gialle. Sono gli unici appigli visivi in un live che ha sfidato letteralmente la forza di gravità, perché nel corso della serata le frequenze basse puntavano dritto al cuore e alle sedute del teatro che vibravano a intermittenza, pronte al decollo.

«La musica di Hecker ha travolto il pubblico, scaraventandolo in una dimensione ignota e a tratti sconfortante; l’ha fatto precipitare in picchiata verso l’abisso»

Quello di ieri è stato un viaggio in notturna su un velivolo che ha fronteggiato diverse turbolenze nei crescendi di inquietudine di un sound industrial e corrosivo e nell’astrazione pura del panorama dipinto durante questo tragitto. Attimi di tensione all’aumentare dell’intensità della musica, come se il velivolo sul quale eravamo fosse modellato dall’aria che con violenza lo accarezzava. Percepire l’aumento della velocità e il passaggio del mezzo da troposfera a stratosfera – dal livello dei fenomeni atmosferici a uno relativamente più calmo – essere sospesi in attesa del boom sonico del superamento del muro del suono.
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La musica di Hecker ha travolto il pubblico, scaraventandolo in una dimensione ignota e a tratti sconfortante; l’ha fatto precipitare in picchiata verso l’abisso per poi farlo atterrare di nuovo sulla terra, con degli accenni di chitarre distorte sul finire del set, verso uno skyline più rassicurante e noto. Un viaggio in cui Hecker, unico pilota, ci ha regalato la possibilità di immergerci in lande soniche inesplorate, affascinanti e minacciose allo stesso tempo.