Prey: l’ennesimo erede spirituale di System Shock?

A circa due mesi dalla sua uscita (7 maggio) l’anteprima di Prey ci lascia un po’ dubbiosi. Bethesda e Arkhane studios propongono uno sparatutto che ad un primo approccio non ha nulla di realmente innovativo.

_ di Matteo Billia

2032. In un futuro alternativo, nel quale J. F. Kennedy è sopravvissuto all’attentato del ’63, basando poi gli investimenti della sua politica in studi di ricerca spaziale, Prey ci catapulta all’interno di una stazione orbitante, alle prese con una razza aliena in grado di assumere la forma degli oggetti che ci circondano (suona strano, ma è così).

Pensato come un reboot dell’omonimo capolavoro Take 2 del 2006, Prey risulta essere una combinazione eclettica di meccaniche e scelte di design mutuate dai titoli storici del genere (gli sviluppatori dichiarano di aver voluto realizzare un erede spirituale di System Shock).

Ma, a differenza di questi, dopo i primi minuti di gioco non avviene nulla di realmente sorprendente. L’estetica del prodotto riesce ad avere una sua identità, ma non così forte come ci saremmo aspettati. L’accostamento di elementi retro e scifi nel design degli ambienti fanno pensare a Bioshock, così come l’esplorazione stessa: la stazione orbitante, infatti, è pensata come un’unica grande mappa, all’interno della quale saremo costretti a tornare più volte nelle stesse sezioni, stessi uffici e ponti (gli sviluppatori anticipano sessioni in cui ci troveremo a fluttuare nello spazio a gravità zero). Anche le meccaniche relative al potenziamento del personaggio, e le combinazioni delle diverse caratteristiche e funzioni delle armi, ricordano le combinazioni dei plasmidi del titolo di Irrational Games.

Gli eventi che dovrebbero risultare importanti, o almeno presentati come tali (come il raccoglimento di una nuova arma, o l’introduzione di una nuova tipologia di nemico), non vengono valorizzati, tant’è che durante i primi scontri si rischia di non vedere le creature al momento della loro entrata in scena. Ciò che lascia ulteriormente dubbiosi è la varietà dei nemici. Pur essendo frutto di un concept interessante, questi alieni fumosi rischiano di venire a noia, soprattutto se le tipologie si limitano alle due presentate (i più comuni ricordano gli headcrab di Half life).

C’è forse da rimpiangere il fallito seguito dell’originale Prey? Sebbene Bethesda (produttore) ne abbia acquisito la proprietà intellettuale, nelle mani di Arkhane studios il titolo ha perso tutte le caratteristiche del suo omonimo di 11 anni fa. Non ci resta quindi che aspettare, e sperare che la non proprio promettente presentazione venga smentita, nel corso del gioco, dall’evoluzione di una meccanica che risulti davvero soddisfacente e innovativa.

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