Giovedì 24 febbraio Giuseppe Culicchia ha interpretato sul palco della grande sala del Circolo dei lettori – accompagnato musicalmente da Giorgio Li Calzi – “Viaggio al termine della notte” di Louis-Ferdinand Céline, uno dei romanzi più dissacranti e irriverenti del secolo scorso.
di Gaël Pernettaz – Céline è uno di quei romanzieri che non si può leggere come si leggerebbe un Proust, un Pirandello o un Sartre, in poltrona, sorseggiando tranquillamente un thé, la sera. Le parole scritte devono invece uscire con rabbia dalla voce del lettore affinché questi venga proiettato in quella commedia umana, in quel mondo che Céline descrive senza filtri per quello che è: un lurido Inferno, privo di retoriche e grandi ideali.
Così infatti lo ha recitato Culicchia, senza paura di urlare e di sfogare l’acredine e il rancore che le parole dello scrittore francese covavano. Accompagnato a volte dal rumore assordante di proiettili e granate e in altri momenti invece da musiche inquiete che parevano scaturire dalle profondità della terra o dai recessi più bui della psiche umana, le parole di Cèline come lame affilate hanno attraversato l’aria buia della sala principale del Circolo dei Lettori.
Una scelta non facile, quella di proporre il “Voyage”, una delle opere più controverse della letteratura mondiale. Una scelta anche coraggiosa, nell’epoca attuale, quella dei grandi Ciceroni sui social, dei superuomini da tastiera, ricordare un libro che della distruzione degli idealismi e delle grandi retoriche (specialmente quelli della guerra e del progresso) ha fatto il suo carattere principale. Culicchia riconosce il valore di questo aspetto e di conseguenza inizia la sua lettura dal celeberrimo passo in cui il protagonista Ferdinand discute con un amico della guerra e del patriottismo, in un caffè di Place Clichy. Uno dei punti più alti della retorica céliniana, fondata sulla consapevolezza che in fondo noi uomini altro non siamo che un ammasso disgustoso di carni e sensi aventi come unico scopo il piacere e la sopravvivenza.
La lettura è poi proceduta sulla stessa falsariga del brano d’apertura, con altri passi in cui gli orrori e la pazzia della guerra e del colonialismo venivano chirurgicamente analizzati con una precisione e disillusione sopraffina. Spazio è stato anche dato alla storia d’amore (carnale) fra Ferdinand e la stupida ma procace attricetta americana Lola, una ingenua soubrette usata dal protagonista per soddisfare i suoi più primordiali istinti, ma profondamente disprezzata.
In tal modo, in questo percorso Culicchia ha anche messo in luce l’idea che Céline aveva dell’amore, una visione materica e dissacrante. Non ci si poteva aspettare altro dal romanziere che, in un altro passo del “Voyage” aveva scritto: “L’amore è l’Infinito abbassato al livello dei barboncini”.
Alla fine, fra gli spettatori, nel brusio di fine spettacolo, si è potuto più volte sentire il commento: “Questo, ad oggi, è stato il suo reading migliore. Decisamente”. Se questo crescendo continuerà, e nulla ci fa supporre il contrario, vi consigliamo di non perdere la prossima lettura del ciclo de “I mostri sacri”, giovedì 23 marzo, con “La storia” di Elsa Morante.
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