Mentre negli Stati Uniti la terza stagione della serie televisiva è giunta al termine, in Italia ci apprestiamo ad assistere gli ultimi e attesi colpi di scena…
di Luigi Affabile – Creata da Peter Nowalk e prodotta da Shonda Rhimes (ormai leggendaria produttrice di Grey’s Anatomy e Scandal), le Regole del delitto perfetto è un thriller a sfondo giuridico. Giunta alla sua terza stagione, la serie ha debuttato in Italia nel 2015, ricevendo perlopiù critiche positive.
Annalise Keating (interpretata magistralmente dalla candidata all’Oscar Viola Davis), famoso avvocato e docente di diritto penale, affronta insieme ai suoi migliori cinque studenti, i casi più difficili. I cosiddetti Keating Five hanno storie e caratteri diversi: Wes Gibbins (interpretato da Alfred Enoch, noto per il ruolo di Dean Thomas nella serie di film di Harry Potter) è un’ idealista con un passato misterioso e travagliato. Connor Walsh (Jack Falahee) è uno studente arrivista, sfacciato e opportunista. Laurel Castillo (Karla Souza) studentessa messicana, entra a far parte del team della Keating, grazie a Frank Delfino (Charlie Weber), oscuro collaboratore di Annalise, con cui ha inizialmente una relazione. Michela Pratt (Aja Naomi King) è la più ambiziosa e appassionata allo studio. Infine, Asher Millstone (Matt McGorry) figlio di un noto giudice, è uno studente superficiale e stralunato.
La prima stagione spinge subito il piede sull’acceleratore. La sceneggiatura è il vero motore dell’assetto narrativo. A tratti sembra di rivedere la solita “americanata” fatta di sesso, soldi e potere, tuttavia Le Regole del Delitto Perfetto riesce a bilanciare meglio di altre serie sensazionalismo ed eleganza. La scia di sangue, gli intrighi, i tradimenti, si susseguono con effetti quasi pirotecnici, mai scontati, mai banali. Flashforward e flashback mostrano allo spettatore piccoli e preziosi frammenti di trama, ma nello stesso tempo lasciano irrisolti i dubbi e i cavilli della storia.
Se il primo capitolo delle Regole del delitto perfetto può considerarsi una rivelazione, la seconda stagione è nella sua totalità più matura, più autentica. La trama ha un ritmo più lento, mentre le storie dei protagonisti assumono un aspetto torbido ed esasperato. Il colpo di scena è sempre dietro l’angolo, il montaggio dinamico ci mostra le vite dei personaggi, sempre più intrecciate, sempre più complicate. I nodi che vengono al pettine nel finale della seconda stagione, lasciano spazio a misteriosi dubbi, che evidenziano nuovi equilibri, nuove prospettive.
La terza stagione è quella della consacrazione. L’emotività dei personaggi viene prepotentemente messa in risalto, mostrando così, senza mezze misure, il dolore e l’evoluzione dei protagonisti. Il campo narrativo è sempre più vittima del marcio che invade, e rende speciale, la trama. Mentre negli Stati Uniti, la terza stagione de Le regole del delitto perfetto è da poco giunta al termine, dalle nostre parti c’è ancora tanta curiosità per scoprire gli ultimi colpi di scena delle importanti vicende della Keating e del suo team di studenti nel season finale.
«Perché devo essere eroina a tutti i costi? Io interpreto un personaggio al meglio delle mie possibilità. Non piaccio? Capita…» Viola Davis
Le regole del delitto perfetto è una serie spietata, non c’è spazio per la solidarietà. La storia non è che la proiezione di un mondo che conosciamo benissimo, un mondo che preferiamo non ascoltare, fatto di doppi giochi, sotterfugi, convenienze, compromessi. Peter Nowalk ci mostra il mito del sogno infranto, portando alla luce i vizi, i segreti, la natura corrotta del genere umano.
Il vero protagonista della storia è Annalise Keating, personaggio ambiguo, che da avvocato-squalo è capace di difendere buoni e cattivi, calpestando qualsiasi legge morale. Basterà qualche episodio, per arrivare a porci una domanda scomoda, cruda: cosa sono disposto a fare pur di raggiungere il mio obiettivo, il mio intento? I protagonisti inevitabilmente finiranno per trovarsi nelle situazioni più pericolose, e pur di farla franca, adotteranno un cinismo disarmante, dimostrando una scarsa saldezza di nervi. Assenza di moralità: la forza di questa serie è il tono spietato e sorprendete che riesce a motivare ogni episodio. Ma attenzione, anche se l’intreccio narrativo è multiforme e convincente, questo prezioso prodotto della serialità americana, non è privo di difetti. E non è detto sempre che sia un male. Se questa serie raggiungerà picchi qualitativi ce lo dirà il tempo, ma intanto, oltre la qualità del cast, della regia e gli ottimi numeri di ascolti, è servita a richiamare l’attenzione su alcuni problemi che minacciano quotidianamente la nostra società.
Oltre a mostrare, senza barriere, le scene d’amore gay tra Connor e Oliver (hacker informatico che ha una relazione con Connor), Viola Davis grazie all’interpretazione di Annalise Keating, vince il premio Emmy per la migliore attrice in una serie drammatica, divenendo la prima attrice di colore ad aggiudicarsi il premio. Visto i tempi bui in cui viviamo si tratta di una piccola, ma significativa, vittoria sociale.