Frank Ocean si mette a nudo

Attesa fastidiosamente surreale ma risultato dannatamente “reale”: il disco più chiacchierato dell’anno resisterà alla prova del tempo? 

Frank Ocean – Blond

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di Luca Morazzini  –  Frank Ocean con il suo ultimo album ha cercato di forzare l’ascoltatore a mettersi in pausa, accendersi una sigaretta magari, per dedicare un ora circa del proprio tempo a quello che può tranquillamente essere definito il suo personale trattato sul concezione della realtà. Forse è proprio in questo che Blonde riesce dove magari altri grandi dischi usciti quest’anno non si sono neanche posti il problema, essere reale. A differenza di un Childisch Gambino, ad esempio, Frank Ocean aveva gli occhi di tutti addosso, l’hype intorno al disco era così enorme che c’era chi si aspettava di ricevere a casa la propria copia fisica a forma di Lamborghini consegnato direttamente dalla vasca di un Hammer limousine. E invece Frank si è spogliato del suo swag per fare quello che gli riesce meglio: fare la storia. Alla fine è normale che se per quattro anni senti dire che Frank Ocean è un genio inizi a domandarti perché tutti, produttori discografici, musicisti, presidenti degli Stati Uniti, amici e parenti siano impazziti per tale Christopher Breaux. Siccome però non c’è una vera e propria risposta al perché un certo gruppo di persone decida il livello del volume che tiene nell’adulazione di un determinato soggetto, si può però analizzare il fatto che quando un artista in generale riesce a distanza di anni ad avere successo con qualcosa totalmente diverso dal suo precedente lavoro questo artista ha sicuramente qualcosa da dire e lo sta facendo nel modo giusto. Con Blonde Frank Ocean decide di far sapere al mondo chi è in verità Christopher Breaux, con le sue paure, le sue delusioni i suoi stati d’animo.