[REPORT] Bird continua ancora a volare con Cafiso e Marchionni

L’attore Vinicio Marchionni e il sassofonista Francesco Cafiso, da un testo tratto da Julio Cortazar, mettono in scena la vita di Charlie Parker.

di Gianni Rossi – Con lo spettacolo “L’inseguitore” chiude col botto la rassegna “I concerti nel parco 2016” all’Auditorium di Roma.

Su Robinson, la nuova rubrica culturale del quotidiano La Repubblica, il grande pianista Maurizio Pollini dichiara in un’intervista che quando suona sa di essere alla ricerca di qualcosa che è irripetibile. Con il monologo in chiave jazz “L’Inseguitore” presentato alla Sala Sinopoli dell’Auditorium di Roma, ultimo atto del Festival “I concerti nel parco 2016”, l’attore Vinicio Marchionni, il quale cura testo e regia, e il sassofonista Francesco Cafiso in quartetto, ispirandosi all’omonimo racconto pubblicato nel 1959 dal celebre scrittore argentino Julio Cortàzar, hanno intrapreso l’avventura di raccontare gli angoli più oscuri e drammatici che angustiavano l’anima di Charlie “Bird” Parker. Anche il sassofonista di Kansas City era dilaniato dalla consapevolezza che l’estasi mistica della musica di rendere chiare e di dare un senso alle cose, come succede anche nelle poesie del suo tanto amato Dylan Thomas, dura il tempo di un assolo o di un carme, e poi, per volere di un Dio con cui lui non voleva niente ad avere a che fare, coattamente si ritorna alla prosa mediocre e atona della vita di tutti i giorni. Di qui lo smacco, la delusione, l’uso smodato di droghe e di tutto l’arsenale a disposizione per attivare e portare fino in fondo un processo di autodistruzione che l’alternarsi della voce di Marchionni e il vibrato di Cafiso narrano con grande forza e partecipazione emotiva, mentre Mauro Schiavone al pianoforte, Pietro Ciancaglini al contrabbasso e Adam Pache alla batteria tessono delle trame ritmiche che avvolgono ed esaltano le performance dei due solisti.

E’ uno spettacolo dove la Parola e la Musica si confrontano nella misura dell’alto e del basso e quando l’attore romano attraverso la descrizione che ne fa Bruno l’amico critico musicale ci restituisce il quadro desolante del corpo gonfio e sfatto di Charlie Parker ribattezzato nel racconto di Cortàzar come Johnny Carter seduto senza abiti su una vecchia poltrona scassata, ecco che la bellezza di uno standard come “What is this thing I Called Love?” rovescia la medaglia e ci fa nuovamente elevare dalla terra come se per magia fossimo al trentaduesimo piano di un ascensore all’aperto. E si va ancora più su, direi nella stratosfera, quando Cafiso lasciato solo sulla scena incanta il pubblico con “Everything happens to me”. Qua si comprende perché questo ragazzo a soli nove anni fosse considerato un fenomeno. L’improvvisazione e la tecnica si fondono in una dimensione che lascia da parte l’accademia e ci danno l’idea, per forza di cose non compiuta e definitiva, di quelle armonie che Parker aveva inseguito per tutta la vita. Marchionni, il regista più che l’attore, dopo questo pezzo sa che la partita con il pubblico è ormai stravinta e alla fine i ripetuti applausi sono più che convinti e meritati. Un’ora e mezza di spettacolo imperdibile per chi ama il jazz e da cui si esce felici per avervi assistito.