[INTERVISTA] Cassandra Raffaele: “Tutto è un mezzo che ha come fine la musica”

Uscito lo scorso anno per Leave Music/Sony Music, “Chagall” – il secondo album di Cassandra Raffaele – ha visto la partecipazione di Elio, Brunori Sas e Nico & The Red Shoes. Noi l’abbiamo incontrata in occasione della sua partecipazione ad Indiegeno Fest 2016, nella splendida cornice del Teatro Greco di Tindari.

di Sara Tirrito – Poche settimane fa è stato messo in rete il video ufficiale di Meditazione (feat. Elio), parodia dello shopping compulsivo, lasciando trapelare una certa ironia liberatoria. L’autrice siciliana ha esportato Chagall in mezza Europa (o ex), con il privilegio di essere perfino ospite di Red Ronnie, in diretta su Roxybar tv.

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Sei reduce da un tour europeo e british che sta per ripartire. Mi racconti com’è andata?

“Ma niente, ho questo difetto che non riesco ad andare in vacanza da me stessa perché è un continuo attacco musicale. Dovevo trascorrere quattro giorni di vacanza a Londra e mentre ero lì, la voglia di suonare però mi ha spinta a testare il feedback che potevo avere in terra straniera. Abbiamo provato a proporre dei concerti sia a Londra che in tutto l’entourage e la risposta è stata automatica: in quindici giorni siamo riusciti a pianificare una settimana di concerti. A Londra, i suoni di quest’album come anche il progetto costruito attorno a questo personaggio è piaciuto. Come si sente dire spesso, l’approccio alla musica è totalmente diverso rispetto all’Italia: c’è tantissima attesa, molto ascolto dei progetti sconosciuti. Quando ti esibisci, la platea rimane davvero in religioso silenzio – noi siamo un po’ più caciaroni, un po’ più «burdellisti» (ride, ndr). Ho imparato che il genere è qualcosa di molto relativo. Puoi trovarti in una stessa serata con più slot ed assistere alla compresenza di Indie pop, Trip hop, RnB, musica Folk: riescono a collegare veramente bene le cose e lo spettatore è educato ad ascoltare la musica nella sua totalità senza le restrizioni di genere. Per l’occasione ho riadattato dei testi e fatto delle traduzioni (il mio liceo linguistico mi ha aiutata); in questo senso, il viaggio è un’esperienza fortissima per me, perché mi permette di recepire e costruire dall’energia stessa che la città mi dà.”

Ho questo difetto che non riesco ad andare in vacanza da me stessa perché è un continuo attacco musicale.

Ultimamente spopola lo slogan pubblicitario: “What came first: music or technology?”. Il tuo ultimo album è fortemente elettronico: cosa viene prima, la musica o la tecnologia?

“Penso che prima di tutto venga la creatività, che sta a metà strada fra musica e tecnologia ma spinge l’uomo ad esprimersi prima attraverso la musica. Per il fine stesso che è la musica, poi senti il bisogno di usare la tecnologia. Però tutto è un mezzo che ha come fine la musica; nel mezzo ci sono anche i sintetizzatori, che sono dei giocattoli. In effetti, musica per me è sinonimo di gioco, è come avere una tavolozza: allora ho un synth, una chitarra acustica, un ukulele; tutto al servizio di quello che sento in quel momento. Ho bisogno di colorare, spesso anche attraverso il feedback didascalico di una canzone: a volte si scrive un testo che porta ad immaginare anche un vestito musicale. La verità però è che tutto nasce per una semplice ragione: sono un piccolo nerd, una smanettona. Mi piace moltissimo aprire, chiudere schede audio; creare suoni, utilizzare la voce come filtro: mi ci trovo benissimo, è il mio mondo. Spesso passo giornate intere chiusa nel mio studio a cercare di capire cosa posso tirare fuori dai suoni. Succede perché ho quest’indole: se fossi più una tipa da spa o da manicure sarei fottuta (ride, ndr).

A questo proposito, da poco hai pubblicato il video ufficiale di Meditazione – canzone in featuring con Elio. Ti va di presentarlo?

“Il video è nato senza pensarci tanto: ho detto “facciamoci una scarrozzata per il centro di Roma e raccontiamo questa canzone in maniera molto semplice con l’attitudine di due donne che si ritrovano a dover decidere se impazzire per via di questa compulsione o trovare altre aree di salvezza rifugiandosi magari nelle discipline olistiche: yoga, yoga flex, meditazione. Tutto nasce da uno sguardo divertito. Le canzoni come Meditazione o Io non mi abbatto perché non sono un albero sono le canzoni in cui io mi libero con le catene e dico un po’ le cose che penso, che mi accadono però utilizzando alcuni grammi di ironia, che a volte nasconde un po’ di cinismo. Mentre me la rido sullo shopping compulsivo e la meditazione, penso che c’è davvero chi è schiavo di queste cose. Questa canzone vuol essere sia un modo per esorcizzare, vivere in maniera così scanzonata le inquietudini dell’uomo, sia con uno sguardo un po’ più cinico di quello che ci accade. Di come possiamo cercare di tenere le distanze senza doverci ammalare di quella cosa.”


La tua formazione live è composta da persone molto giovani ma molto in gamba. Come li hai incontrati?

“Sono tutti ragazzi siciliani che ho incontrato suonando, poi li ho scoperti prima come musicisti e come persone – per esempio al chitarrista ho fatto un’audizione dopo aver visto quel che metteva su youtube (non solo video musicali ma anche personali) – e mi sono detta avesse la testa giusta per far parte di questo progetto. Allora ho pensato di formare questa band tutta sicula (con tanta follia considerando quello che è il mercato, la logistica del vivere di musica in Italia). Finché ce la faccio, voglio riuscire a portare questa parte di Sicilia con me, perché è importante per il bene del mio progetto – interamente nato e suonato in Sicilia – ma anche per dare una possibilità a questi ragazzi, che a volte si ritrovano ad essere dei geni musicali ma in contesti per nulla favorevoli. Spesso devi dar loro anche un po’ di coraggio. Malgrado siano loro a “supportare me”, vorrei essere io il coach dei miei musicisti e supportarli.”

Dici spesso che Chagall vuol dire concepire la musica con leggerezza. Mi spieghi?

“La libertà è da sempre l’attitudine mentale che mi porto dietro: penso che laddove non posso essere ricca, posso avere qualcosa di più pregiato che è la libertà. Questo però comporta in genere un grandissimo sacrificio perché libertà è anche sinonimo di solitudine, di scelte difficili che si pagano non avendo sempre la strada spianata. Però è anche sulla base di tante scelte e di quanto io mi sia poi “liberata”, che sono quello che sono oggi. Chagall ha dato una forma a questa mia libertà anche nell’aspetto stilistico – musicale, a volte osando, ma mantenendo come fine ultimo la leggerezza. La musica deve arrivare come un sottile sospiro: fluttuando, come in un quadro di Chagall.”

La musica deve arrivare come un sottile sospiro: fluttuando, come in un quadro di Chagall.

Domanda impegnata: Chagall era un ebreo bielorusso vissuto sotto la deportazione. Ha vissuto una guerra anche civile e per lungo tempo ha vissuto in Europa. Quest’edizione di Indiegeno è dedicata ai migranti cosa pensi del ruolo della Sicilia negli sbarchi?

“La Sicilia è da sempre un ponte che raccoglie influenze ed esperienze e lo conferma dare la possibilità molti di arrivare in Italia. Non bisogna dimenticare che è stata anche lei una terra conquistata: anche noi siamo stati depredati della nostra bellezza. Quando facciamo entrare un rifugiato in Italia, viviamo con compassione quello che gli sta accadendo perché anche noi siamo stati migranti in una terra straniera e sappiamo cosa vuol dire. Per ciò la Sicilia ha questo cuore in più ed ha fatto dello spirito d’accoglienza il suo punto forte, che le ha permesso di essere contaminata da tante espressioni culturali e artistiche arabe, normanne. Anche grazie a questo noi siciliani siamo tutto cuore. Non penso però che dovremmo essere lasciati soli a gestire il problema.”