Amore, sesso, politica e anarchia si mescolano e si confondo in uno scenario lirico quasi surreale.
di Marcello Mastino – Non hanno deluso le aspettative delle moltissime persone accorse a Villa Ada Roma Incontra il Mondo per un doppio live potente e graffiante. Un’esibizione pungente vissuta in sospensione tra il paradiso e l’inferno.
Da una parte l’acustico del cantautore catanese Cesare Basile, reduce dal suo ultimo album “Tu prenditi l’amore che vuoi” che riesce a coinvolgere i presenti dell’isola che c’è, del laghetto di Villa Ada, in una creazione di musica e tradizione siciliana quasi tragica, fatta di rabbia decisa ma mai gridata, tra il folk blues e le tradizioni sonore della sua terra. Lasciando anche un spazio tutto dedicato al dialetto grazie al quale il musicista si è aggiudicato, nel 2013, la Targa Tenco per “miglior album in dialetto”. Amore, in siciliano, non fa mai rima con cuore. Solo con dolore. Il cantautore racconta sul palco “la necessità delle cose che ci servono, le cose che vogliamo e che amiamo, senza chiedere permesso” e prosegue il suo live con “Araziu Stranu” passando poi per “Tu l’amore prenditi che vuoi” brano omonimo dell’ultimo album pubblicato nel 2015. La commistione tra linguaggio poetico alto e quello più tradizionale è il filo conduttore del concerto che prosegue con “Ciuri”. Il dialetto resta quindi uno strumento importantissimo per il cantautore catanese in cui l’immediatezza delle immagini non è filtrata da una sola struttura linguistica. L’esibizione di Cesare Basile è stata un via vai di contrapposizioni fra desiderio e disordine: “dopo una canzone d’amore ci vuole canzone di anarchia”.
Dall’altra il live di IOSONOUNCANE, alias Jacopo Incani, che con la sua filosofia tra vita e morte -dagli ultimi successi dell’album “DIE” passando per il suo passato recente con “La Macarena su Roma” in primis-, riesce ad innalzare un mix di sensazioni e brividi contornati dai suoni della sua terra. Il suo è un racconto che si dirama in molti generi, dall’elettronica alla musica etnica, dal folk al prog in una voglia matta di raccontare la storia esistenziale, senza mai perdere la sua coerenza. Si ricomincia con “Tanca” prima traccia del suo ultimo album. Poi trambusti esoterici avvolgono la folla e avanti allora con “Stormi”, “Buio”, “Carne”. Il tutto senza un attimo di pausa quasi come a raccontare una vita frenetica che non da un attimo di respiro. Con “Il corpo del reato” IOSONOUNCANE è solo sul palco con la sua chitarra ed emoziona nelle sua personificazione delle varie voci dei personaggi in una canzone che racconta la morte violenta da un incidente stradale, dove il protagonista non si arrende di fronte all’evidenza dei fatti.
“Alzati andiamo è quasi mattino
mi sto addormentando
pulisciti il viso
mi fai impressione
mi stai spaventando
andiamo lasciati sollevare
che pensi di fare
se pensi di fare qualcosa di originale ti stai sbagliando”.
Sembra azzardato dirlo ma la sensazione regalata al pubblico dai due artisti era quella di un’intimità travolgente, come se si stesse assistendo a un concerto per pochi, come se si stesse seduti all’interno di una piccola osteria di borgata davanti a un buon bicchiere di vino: il fido compagno per dimenticare, seppur temporaneamente, una vita che da più botte che carezze.