Bjork: la forza della Natura | Auditorium Parco della Musica

La Musa islandese porta il suo ultimo disco “Vulnicura” nella città eterna. 

Bjork è un’artista di una classe spaventosa che nel corso della sua carriera si è guadagnata a buon diritto un posto tra i fenomeni pop più influenti di sempre: in pochi all’interno dello show business 90’s hanno osato quanto lei, anche se il suo percorso è proseguito non senza qualche passo falso negli anni zero. Al suo straordinario successo ha contribuito anche la costruzione di un’immagine eroica, quasi come se fosse la protagonista di un videogame in pieno stile Final Fantasy. Così eccentrica, così diva, ma anche così timida e riservata. E agli eroi, si sa, non piace essere fotografati. Appena entrato, il pubblico dell’Auditorium Parco della Musica di Roma vede questa schermata sul palco:

foto bjork

Non volendo entrare nella querelle (che tanto poi tutti hanno scattato foto), si può però dire che questo sia emblematico del personaggio. Improvvisamente le luci si spengono: fa il suo ingresso l’orchestra, seguita da Arca e Manu Delago, tutti in abito bianco. Qualche secondo di attesa e finalmente sale sul palco lei, con vestito rosso e maschera a coprire il suo viso dai mille volti. L’apertura è affidata ad uno dei brani più riusciti dell’ultimo “Vulnicura”: con gli archi di “Stonemilker” Bjork dà il proprio benvenuto al pubblico italiano (per la sua unica data nello Stivale). E sono subito brividi. Ma lo spettacolo deve ancora iniziare: durante “Lionsong” ecco spuntare i primi fuochi d’artificio della serata. Nel video wall dietro di lei compaiono ragni, lumache e insetti d’ogni genere (nella straziante “Not get” per esempio). Lei non dice niente, se non un “grazie” alla fine di ogni traccia, ma la ricetta è questa: poche chiacchiere, tanto entertainment (e i documentari a là Piero Angela ne fanno ovviamente parte; alzi la mano chi è riuscito a togliere lo sguardo da quella bestiolina non meglio definita che deposita le sue uova su un rametto). La componente naturalistica si conferma essere fondamentale nella poetica bjorkiana, anche nella sua resa live. A lei poi basta fare due passettini, protendere le mani verso il pubblico e toccare il cielo con la sua impressionante voce per incantare tutti. Ok, chi quella sera l’ha vista per la prima volta – come il sottoscritto – sarebbe morto per sentire un pezzone come “Joga”, ma in compenso c’è stato spazio per delle vere e proprie chicche: la versione live di “Come to Me” ad esempio (direttamente da quel suo “Debut” fulminante), con quei violini ossessivi, è da lacrime. E che dire di “All Neon Like”? I fuochi della cavalcata “Mouth Mantra” sembrano chiudere la serata, ma ecco che Bjork sale di nuovo sul palco per un bis ( “Mutual Core”) che forse è l’unica nota stonata di un live perfetto. Intanto il pubblico del parterre, in barba ai divieti, abbandona la propria postazione e si fionda sottopalco per immortalare da vicino questa dea islandese, che dopo poco più di un’ora termina il suo concerto e scompare dietro le quinte. Bjork è stata questo: una fugace e divina apparizione che ha lasciato tutti i presenti confusi e felici. Una magnifica sensazione.

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