Cesare Cremonini: il cuore vuole esplodere | Pala Alpitour

In questi vent’anni Cesare Cremonini è cresciuto molto, fino a diventare uno dei punti di riferimento del pop italiano. Ieri ha fatto tappa al Pala Alpitour, con cui ha ufficialmente aperto il suo “Più che Logico Tour”.

Il tempo è un concetto fondamentale per comprendere l’esistenza umana: sull’argomento si sono espressi filosofi, fisici, sociologi e critici di ogni materia. Anche in agricoltura è un’unità di misura imprescindibile: per esempio il maggese è una tecnica di coltivazione che consiste in un periodo il cui il terreno viene lasciato a riposo senza che venga fatta alcuna coltivazione. La terra così riacquista la sua fertilità e potrà ridare frutti. Il nonno di Cesare Cremonini era un contadino e lo sapeva bene, ma non avrebbe mai immaginato che il tempo sarebbe stato fondamentale anche per l’intera carriera artistica di suo nipote.

Quando faccio uscire una canzone non mi interessa il giudizio delle persone, dei critici, dell’ambiente… Quello che conta è il giudizio del tempo, e “Maggese” è una di quelle canzoni a cui sono particolarmente legato e che con il tempo è diventata un pezzo che non può mancare nei miei concerti (Cesare Cremonini)

Inverno del 2001: i campi sono coperti dalla neve. Cesare è tormentato, ma è anche sicuro di quello che sta facendo. I Lunapop sono un progetto ormai morto e sepolto nella sua testa, e “Bagus” e più che un embrione. Il 15 novembre del 2002, insieme al fidato Ballo, pubblica il suo esordio da solista: è il primo passo verso l’indipendenza artistica. Non è più Cesare dei Lunapop, ma Cesare Cremonini, quello che oggi è senza ombra di dubbio uno dei più importanti autori pop del panorama italiano. L’atmosfera che si respira al Pala Alpitour lo certifica pienamente: ora l’artista bolognese ha un pubblico, eterogeneo e di tutte le età. Si presenta così sul palco, con tanto di passerella: giacca luccicante argentata, pantalone nero come le scarpe a punta e “Lost In The Weekend”. Strobo coloratissimi che potrebbero fare invidia a Chris Martin, Cesare balla e il cuore vuole esplodere. Si, perchè è sempre lì che si va a disquisire : e anche se è tutta una facciata, se l’occhio ride ma ti piange il cuore, poco importa. Quello che conta è rimanere in piedi e continuare ad amare follemente.

Ho sempre pensato che Cesare Cremonini, con le dovute proporzioni, fosse paragonabile a Robbie Williams sia con riferimento all’artista che all’uomo: l’esperienza ingombrante da frontman di una band di successo, la stessa attitudine brit pop, il glam rock di Freddie Mercury ben presente, una rara naturalezza per la scrittura pop, la tematica amorosa posta al centro dei testi e il rapporto tormentato con le donne. Il gentil sesso lo sa perchè “Dicono di me, che sono un bastardo, bugiardo e lo fanno senza un perchè...” e Cesare sul palco sembra quasi volersi discolpare, come se ingenuamente non capisse i motivi di questa incompatibilità. La scaletta – da incorniciare, per la cronaca – riflette questa problematica latente: il business man e la ballerina di jazz de “La nuova stella di Broadway” (per chi scrive una delle più belle canzoni pop degli ultimi anni) sono quell’amore impossibile e romantico che tutti noi cerchiamo, mentre “Marmellata #25” rappresenta già i ricordi di una storia finita ma di cui si sente ancora l’odore. Cesare è impeccabile: insieme alla sua band – composta da otto elementi, tra cui l’amico di sempre Ballo – suona per quasi due ore, dove c’è anche spazio per delle riflessioni interiori condivise insieme ad un palazzetto che pende dalle sue labbra. La versione solo piano di “Figlio di un re” è il momento più intimo di tutto il concerto e “Vieni a vedere perchè” (con tanto di dedica al compianto trombettista Marco Tamborini) è da lacrimuccia.

L’artista emiliano in certi momenti è quasi contrito nei suoi dolori (“Le tue parole fanno male”), mentre in altri viene fuori quella sua vena scanzonata e freak, ancor più risaltata dalle versioni swingate di “Gli uomini e le donne sono uguali” e “Una come te” (introdotta da Cesare con una curiosa statistica: “Ho appreso che durante il periodo dei Lunapop avevo moltissime fan donne. Ora pare che piaccio più agli uomini. Questa canzone è dedicata a tutte le ladies“). In questo modo riesce anche ad esorcizzare – non che ne avesse bisogno – il fantasma della sua prima formazione con cui aveva letteralmente sconvolto il mercato discografico italiano dell’epoca.

No, non ne ha bisogno perchè i Lunapop erano innanzitutto una sua creatura: e perciò saranno anche passati vent’anni, ma è sempre bello andare in giro per i colli bolognesi. E allora ecco tutto un palazzetto tornare al 1998 e cantare “50 special”. Siamo quasi alla fine, il pianoforte sbuca da sotto la passerella giusto in tempo per “Le sei e ventisei”. Cesare e tutti i suoi musicisti salutano e si congedano. Nessuno crede nemmeno per un momento che il concerto sia finito semplicemente perchè ne manca una. E infatti ritornano sul palco per un ultimo regalo: “Un giorno migliore” è un’altra di quelle canzoni immortali, highlander tra i pezzi pop italiani degli anni zero che chiude ogni concerto di Cesare Cremonini. “Non è un caso che il tour sia iniziato qui, a Torino sono successe molte cose importanti nella mia vita” dice Cesare prima di andarsene via, questa volta per davvero. Cosa aspettarsi dal domani? Come sempre, sarà il tempo a stabilirlo.

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