[INTERVISTA] Plunge: immergersi nel suono 

Concerti, performance, lecture e workshop confluiscono in un progetto itinerante legato alla ricerca sonora e all’arte contemporanea.

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_di Lorenzo Giannetti
Plunge ha lo scopo di costruire e promuovere eventi culturali attraverso i quali intende ridare centralità assoluta all’esperienza dell’ascolto.  Gli eventi targati Plunge (che ha già ospitato artisti internazionali del calibro di Lawrence English e Rafael Anton Irisarri o eccellenze nostrane come Saffronkeira, Luca Sigurtà Mai Mai Mai) sono costruiti attorno ad un concept ad hoc per ogni occasione: un’indagine su sonorità specifiche, delle quali l’evento stesso rappresenta una possibile declinazione ed interpretazione.  In questo senso, il contenuto e il contenitore, la performance e la location, puntano a sublimare e “amplificare” l’esperienza della fruizione.
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Un’esperienza (che vuole tornare ad essere) totalizzante ed immersiva. Una fruizione (che vuole tornare ad essere) attenta al modo e non alle mode.

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In attesa di solcare nuovamente le onde sonore di Plunge per l’appuntamento del 26 aprile (con Caterina BarbieriEnsemble Economique e Jung An Tagen), abbiamo chiesto agli ideatori del progetto di raccontarci qualcosa in più sulla genesi, sulle dinamiche interne  e sui progetti di questo ambizioso concept, che a Milano trova giusto un punto di partenza e non un porto di approdo.

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Siete in tre e avete a che fare con sonorità d’avanguardia (uno di cognome fa pure Berio…!), quindi, per prima cosa vi va di presentarci meglio la crew che lavora a Plunge?

Matteo: “Nella vita Berio è il più simpatico ed easy dei tre, per altro, anche se quando lavora si trasforma in un tecnico e amministratore dalla serietà encomiabile. Io, invece, sono un noioso e logorroico studente di filosofia che nella vita fa un po’ di tutto: giornalista, booking agent, libero professionista in ambito di comunicazione e ufficio stampa – lavoro principalmente con l’Associazione Culturale TerzoPaesaggio e i suoi progetti (l’agenzia Basemental, la rassegna S/V/N/).

Plunge siamo io, Gabriele e Michele Palozzo, che nella vita si occupa di faccende simili alle mie in ambito di editoria ma arriva anche lui da OndaRock, sul cui forum ci siamo conosciuti tutti e tre. Nascemmo l’autunno scorso in un pub di Milano (La Belle Alliance, giusto perché i nomi non si fanno e questo è in assoluto il pub top della città), in cui gli raccontai della follia che avevo in mente e che oggi si chiama Plunge.”

Gabriele: “Meglio che ve lo dica subito, no, purtroppo non sono imparentato con QUEL Berio. E ho deluso molte persone (quasi tutti professori) facendo coming out. Comunque, sono un fresco neolaureato in scienze economiche che non ha al momento nessuna voglia di avere a che fare con le scienze economiche o materie affini. Cosa che mi porta a vagare in ben altri mondi, come questo in cui Matteo mi ha offerto la possibilità di entrare una fatidica sera d’autunno davanti ad una sacrosanta ed ottima birra. Dei tre, sono sicuramente quello meno “dentro” le sonorità con cui lavoriamo. Sono sempre spinto dalla curiosità di scoprire e ampliare i miei orizzonti sonori e Plunge è per me, tra le altre cose, un veicolo di forte accrescimento culturale. E questo è solo grazie alle immense conoscenze di Michele e Matteo.”

«La vera prerogativa di Plunge? Proporre esperienze che lascino il segno, persistano»

Da torinese vi ho conosciuti nell’orbita di Suberbudda. Che tipo di collaborazione e sinergia è nata con la factory dei Docks Dora?

Matteo: “Superbudda, oltre a essere un posto bellissimo gestito da amici con cui dialogo spesso per quanto riguarda il booking, è l’attuale “casa” di un progetto molto simile al nostro che è En Avant. Davide Olivero e Mattia Laurella hanno messo insieme quel percorso poco prima che iniziassimo noi e muovono su presupposti molto simili. Davide lo conoscevo da tempo essendo anche lui giornalista in origine, sin da subito abbiamo voluto interfacciarci e creare qualcosa come un asse Milano-Torino, in cui condividere piani e programmazione nell’ottica di un percorso capillare e sinergico su entrambe le città. Sul pratico significa che, per esempio, se lavoriamo alla produzione di un artista per un nostro evento, sondiamo sempre l’eventuale interesse di En Avant a fare altrettanto, anche eventualmente partecipando economicamente alla produzione, e viceversa. Oppure, come forse avverrà in autunno, può capitare che si lavori a co-produzioni Plunge-En Avant su una città o l’altra, così che il raggio d’azione e di selezione di situazioni e luoghi si espanda per entrambi.”

La grande differenza – una delle… – tra Plunge e Superbudda è che a parità di attenzione sui contenuti (sempre di qualità alta) loro puntano molto anche sull’identità del contenitore mentre voi siete itineranti. Mi interesserebbe molto che ci raccontaste i perché e i “per come” – nei fatti, nelle dinamiche con le varie realtà – di questa scelta/filosofia?

Matteo: “L’idea è piuttosto semplice, in realtà: in città ci sono x luoghi che fanno x cose. Vedere un concerto in una chiesa, non è lo stesso che vederlo all’Alcatraz, o in un Auditorium. Vedere una mostra in una galleria d’arte non è lo stesso che vederla in un palazzo antico. Ogni venue ha una sua estetica, proprie caratteristiche, una sua personalità, è qualcosa di più di un semplice “contenitore”, contribuisce in maniera decisiva alla fruizione di un’esperienza artistica. In questo senso a noi interessa proporre determinati eventi già connotati concettualmente (ogni proposta che facciamo ruota attorno a un concetto di cui gli artisti coinvolti presentano, a nostro modo di vedere, una riflessione particolare, ciascuno da una certa prospettiva) in luoghi che altrettanto risultino decisivi rispetto a questo concept.

Per questo l’itinere è una scelta ed è tutto meno che facile, in effetti: richiede molta organizzazione, occhi aperti sulle situazioni cittadine, tempismo e una buona dose di umiltà. Ma a nostro parere è importante ci siano realtà che hanno una casa e che ne fanno il comun denominatore delle loro esperienze come per esempio Masada, che è la venue che ci ha accolto nella maniera più interessata e sinergica e su cui al momento stiamo investendo di più a Milano, e altri come noi che quelle “case” occasionalmente le riempiono con il proprio contributo.”

E a tal proposito, quanto la vostra attività è influenzata da Milano come città ed “entità”?

Matteo: “Molto e per niente. Molto perché conosco come booker la situazione italiana fuori città, e di sicuro altrove i ritmi che possiamo tenere a Milano e il pubblico che abbiamo qui ce li potremmo sognare. Per niente perché i nostri concept spesso prescindono dall’idea della città e si soffermano sulle venues nella loro essenza. Il lavoro che stiamo evolvendo con En Avant e Superbudda e potrebbe concretizzarsi in autunno ne dà prova: sarebbe la prima produzione Plunge che non riguarda Milano neanche indirettamente, e di Milano non credo sentirà troppo la mancanza.”

Gabriele: “E’ influenzata da Milano nella misura in cui dipendiamo ovviamente molto dagli spazi e dalle realtà che la città offre. Questa città ha sicuramente un bel bacino di pubblico, altrove ne avremmo forse meno ma troveremmo comunque altri spazi, nel bene o nel male, e la nostra proposta cambierebbe in base a questi. Se AL MOMENTO siamo qui è solamente perché qui ci siamo ritrovati.”

Uscendo invece da Milano… ho letto che al Secret Solstice Festival in Islanda ci sarà il primo concerto di sempre DENTRO la bocca di un vulcano (leggi qui). Premessa iperbolica per chiedervi: se poteste organizzare una serata di Plunge ovunque nel mondo su quale location ricadrebbe la scelta?

Matteo: “C’è solo l’imbarazzo della scelta! Parlando di sogni potenzialmente concreti anche se difficilmente realizzabili, il mio, e qui lo sto confessando, è arrivare prima o poi a presentare come Plunge qualche artista all’interno di nexTones, il festival che si tiene nei dintorni di Verbania tra le Cave di marmo. Una location semplicemente indimenticabile. Se invece volessimo parlare di puro onirismo, davvero la scelta si sprecherebbe. Ti direi, così a random solo pensando agli ultimi posti visitati che mi hanno sconvolto e fatto sognare: le dune di Corralejo a Fuerteventura (Canarie), le baite abbandonate di Rochemolles (Bardonecchia) e la Grotta di Baredine in Croazia.
Sogni che, se smettessero di essere tali, farebbero però un po’ a pugni con la mia “battaglia” personale per l’impatto zero ambientale di qualsiasi evento culturale: se mai dovessi pensare a qualcosa del genere, l’obiettivo sarebbe sempre “piegare”, adattare l’arte all’ambiente e alla Natura e alla loro bellezza ed espressività senza contaminarle né danneggiarle, mai viceversa.”

Gabriele: “Parlando di possibilità concrete, mi piacerebbe tantissimo poter organizzare un live in una chiesa o una cattedrale, senza al momento avere preferenze più specifiche a riguardo. O nell’ex CGD a Milano, location fantastica che S/V/N ha avuto la possibilità di sfruttare per un po’, ora purtroppo adibita ad altri usi. Fantasticheggiando totalmente, invece, mi vien da pensare ad alcune stazioni di ricerca scientifica abbandonate in Groenlandia che ho visto in un reportage sul National Geographic, oppure al Buzludzha Monument, il monumento costruito nel 1981 dal regime comunista in Bulgaria.”

Come vi spartite i compiti? Vi definireste interscambiabili (nel senso ottimo del termine) o più complementari?

Matteo: “Abbiamo cercato molte volte di darci dei ruoli definiti… senza successo. La direzione artistica è condivisa. Di base io mi occupo dell’ufficio stampa e del coordinamento della comunicazione, del booking e dei rapporti con gli artisti e con le venues, e della produzione e post-produzione in tutto ciò che non ha a che fare con la tecnica. Michele gestisce tutta la comunicazione a livello operativo, quindi social media, distribuzione del materiale cartaceo, rapporti con il pubblico, ecc, e poi è la mente creativa che elabora le grafiche, i nomi degli eventi e buona parte dei concept, anche se poi li si discute sempre assieme. Però sì, ecco, sicuramente siamo molto “intercambiabili” e ci completiamo anche e soprattutto in questo.”

Gabriele: “Tutto ciò che facciamo viene opportunamente discusso e condiviso tra noi, cosa che in un certo senso porta tutti ad occuparsi di un po’ tutto, ma quando si scende negli aspetti più pratici ed operativi abbiamo ruoli più o meno precisi all’interno del gruppo. Siamo persone molto diverse sia come personalità che come background e tentiamo ovviamente di sfruttare al meglio i punti di forza di ognuno. Io operativamente mi occupo principalmente delle questioni tecniche di produzione (backline, impianto, ecc), degli aspetti “contabili” (roba semplice a questo livello, sostanzialmente tengo i conti personali e dei vari eventi) e ogni tanto della realizzazione pratica delle grafiche. Ah, dimenticavo, abito in provincia ma devo sempre fare da driver!”

IL nome su cui siete tutti d’accordo.

“Risposta ovvia: Tim Hecker. Almeno con i set di Virgins e Ravedeath 1972. Risposta “seria”: il protagonista dell’evento che faremo a Ottobre 2016 per celebrare i 10 anni di Glacial Movements, etichetta romana a cui sono / siamo piuttosto devoti. Ma su quello non diciamo altro, più per scaramanzia che per sorpresa.”

So che è dura ma ci regalate UN brano a testa che secondo ognuno rispecchia al meglio il mood e le prerogative di Plunge?

Matteo: “Ci sono “più anime” che si sono sviluppate nel corso dei mesi e altre ne emergeranno, quindi un sunto di tutto questo è davvero duro. Te la dico d’istinto, anche perché adoro il concetto che esprime già dal titolo: Rafael Anton Irisarri – Persistence. Forse quel concetto è la vera prerogativa: proporre esperienze che lascino il segno, persistano.”

Gabriele: “Usti, questa è dura sì. Mi vien da pensare a un album che adoro, Rites di Paul Jebanasam, ed in particolare alla seconda traccia, Rites II. Un’immersione sonora totale. E’ un paesaggio devastato, da togliere il fiato, anche se Plunge non è sempre così dark. Sicuramente non possiamo dire di prediligere roba colorata comunque.”

Questo martedì, 26 aprile, Plunge e TerzoPaesaggio presentano Eclipticauna serata di ascolti dedicata al tema dell’eclissi lunare con 3 live actciascuno dei quali rappresenterà un momento specifico del processo di eclissi lunare:

– L’ingresso della luna nella penombra – a cura di Ensemble Economique 

– La fase più accentuata dell’eclisse d’ombra a cura di Jung An Tagen 

– L’abbandono della penombra da parte della Luna a cura di Caterina Barbieri
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L’appuntamento è al Masada. Ecliptica: un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per un ascoltatore consapevole.
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