[REPORT + PHOTO] Fatboy Slim: Push The Tempo! | Mob Disco Theatre di Palermo

Il concerto di Fatboy Slim a Palermo è un traguardo e apice del lavoro che la società Unlocked svolge già da qualche anno nell’offrire una tipologia di intrattenimento, quello della EDM per un grande pubblico, in un territorio in cui latitava tristemente.

di Giuseppe Tancredi  –  Grande scompiglio, entusiasmo e un pizzico di diffidenza – quella benevola dovuta alla sorpresa, e sparita subito dopo la conferma ufficiale – hanno accompagnato l’annuncio di “Fatboy Slim in concert” a Palermo. L’attesa è trepidante e arriva finalmente il gran giorno: il Mob Disco Theatre, poco fuori Palermo, è la location del nostro evento ed è scenario, sin dall’inizio della serata, di un’atmosfera calda e molto partecipata. Il clima si riscalda ulteriormente con il warm-up dei due dj residents, Nunzio Borino e Daniele Travali: il parterre si riempie progressivamente sopra ritmi tech-house fino al passaggio di testimone, senza interruzione della musica, a Quentin Cook, Fatboy Slim, il ciccione magro. Lui è un personaggio che per anni ha rivestito senza dubbio il ruolo di miglior disc jockey del mondo, almeno per le evidenti capacità di producer confluite in un paio di album memorabili per quel sound che trova la sua identità in un bizzarro incontro tra hip-hop, pop, rock e da alcuni definito come “big beat”.

Il Fatboy Slim di oggi, o almeno quello da palcoscenico, ha in realtà poco a che fare con quello che alcuni ricordano sul tetto del mondo durante quegli anni ’90 inglesi in cui la parola “rave” aveva tutt’altro significato.

Chiariamo subito che un nostalgico di quell’epoca, sempre meno recente e più lontana, sarebbe rimasto deluso dal set che Cook propone negli ultimi 1/2 anni, ma questo, in realtà, importa poco. La quasi totalità del set di Fatboy Slim è infatti caratterizzata da riffs e drops in perfetto stile EDM ed elettro-house più alla moda, perché il disc jockey fa questo: seleziona il meglio della scena dance, con i relativi paletti di stile del caso, e la propone al proprio pubblico. Quest’ultimo ha risposto alla grande agli inviti di Cook, facendosi coinvolgere in tutte le evoluzioni del suono e ballando ininterrottamente per tutte le due ore e mezza di set e d’altronde fare altrimenti era difficile. Fatboy Slim sembra infatti completamente a suo agio, incita la folla, balla tutto il tempo, accentua i movimenti: è l’anima della festa.

Tutto inizia con il pianoforte di Praise you, ma serve solo da introduzione per una cassa in quattro; contaminazioni come questa ritorneranno per tutta la scaletta: a turno tocca alla voce di David Byrne in Psycho-killer, alla chitarra di David Bowie in Rebel Rebel (chiaramente un tributo al connazionale) e largo uso di brevi campioni dalla discografia di Cook (Right Here Right Now, Push the Tempo). Verso la fine, al nostro nostalgico vengono concessi quindici minuti di gloria con un po’ di big beat, qualche classico funky e Jump Around dei Cypress Hill.

La chiusura del set, con la voce di The Rockafeller Skank sulla chitarra di Satisfaction degli Stones, è un po’ brusca e suscita un vago malcontento; ma in fondo – anzi proprio perché – si è stati bene: aggirati abilmente i rischi di overbooking tanto frequenti in queste occasioni, l’aria dentro al locale è stata sempre respirabile e gli spazi vitali assicurati dall’inizio alla fine dello spettacolo.
L’esperienza, in definitiva, è promossa a pieni voti, perché, oltre a proporre una serata di divertimento assicurato, può essere letta come spunto per fare chiarezza sul mondo dell’elettronica danzereccia e sul ruolo/lavoro del dj, spesso al centro di grandi critiche da certi assolutisti che fanno fatica a cogliere la differenza tra l’espressività della musica e il puro divertimento.

Galleria fotografica a cura di Alessandro Borbone.

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