Spaziando tra techno, house, drum’n’bass e disco – ma incasellando anche l’attesissimo freak show dei Die Antowoord – il Kappa FuturFestival si conferma come uno dei migliori festival di musica elettronica in Italia. Eppure…
Sono ancora tanti gli scettici quando si parla di Kappa FuturFestival. Ancor di più sono gli snob, specie gli snob per partito preso. Poi ci sono i Partiti, quelli politici, che non sempre aiutano, ma ci arriviamo. Sentire presunti paladini della “cultura” e del “buon gusto” criticare il palestrato/lampadato/tatuato di turno per auto-convincersi di esserne migliori (magari a un bottellon con la divisa-da-festa-del-PD e il turbo-folk a palla?) fa più che altro sorridere amaramente: basta con questi rigurgiti poco più che adolescenziali. Invece, NON sentire tanti giornalisti spendere due parole su un festival diurno dai numeri importanti e con ospiti del calibro di Siurismodeselektor, Die Antwoord e Dj Harvey fa un po’ strano. Ma, oh!, siamo a Torino e questa é un po’ la prassi. Tanto ci si vede tutti a Barcellona, no?
Dunque, al netto di snobismi più o meno volontari e polemiche più o meno giustificate, il Kappa si conferma un’oasi felice dove clubbers anche dai gusti diversissimi tra loro possono trovare il proprio angolo di Paradiso. Trovare delle falle organizzative invece, é impresa ardua, personalmente.
Il fiore all’occhiello di Movement: forte di un’organizzazione da applausi il Kappa mira a convertire anche i più scettici…
Ora, fermi tutti, leggenda vuole sia volato qualche schiaffone durante la prima giornata, nella bolgia ormonale del parterre. Episodio sparuto e “rissa” sedata da un tempestivo servizio d’ordine, che ha allontanato senza troppe pantomime anche un poker di spacciatori “venuti addirittura da Milano” per piazzare un po’ di “mina-ket”. Cose che capitano – sia le botte che la bamba – anche lontano dal “tunz-tunz”, tipo in Piazza Vittorio o sotto casa mia. Render conto solo di questo sarebbe davvero oltraggioso perché vorrebbe dire chiudere gli occhi di fronte ad un modello di intrattenimento ludico certamente perfettibile ma già non poco virtuoso.
Senza pretendere di fare i conti in tasca a nessuno, possiamo dire che il Kappa non metta mano al portafoglio del Comune, intanto. Ma senza entrare troppo nel merito della limacciosa questione politica sono i dettagli – non così scontati – a fare la differenza: l’impianto (anzi gli impianti: ben quattro i palchi di questa edizione) regge bene dall’inizio alla fine, gli orari vengono rispettati praticamente al minuto, l’atmosfera è festosa sotto palco e rilassata sopra l’erba dei prati adiacenti, dove si può svernare in tutta tranquillità. C’é chi gioca a carte, chi si abbronza e chi limona duro. La ressa è notevole ma tutto sommato le “vasche” da una parte all’altra del Parco Dora sono agevoli.
Hai fame? Ci sono i paninazzi, la frittura e le caramelle gommose. Compri tutto a prezzi allineati coi porcari di zona ma paghi con i Token, la moneta del festival (il “cambio” avviene agli appositi sportelli) con cui si evita di sbagliare sui resti in cassa. I più hi-tech poi si erano organizzati in anticipo con la paycard personale, secondo la filosofia #cashless.
Hai sete? Ovviamente ci sono le birruzze e quant’altro (i più puntuali si sono scolati anche la Redbull in omaggio) ma soprattutto c’é la fontana (questione di principio e umanità, ma non tutti i festival all’aperto fanno in modo di lasciarne una a disposizione) e la Croce Rossa che riempie bicchieri su bicchieri neanche fossimo in un bar del Centro all’ora di punta.
Hai caldo? Ci sono le docce (1000 punti bonus, su le mani per le cazzo di docce).
Due le novità nella vasta area attrezzata all’ombra del capannone dell’ex acciaieria: il banchetto merchandise (e dico: cosa aspettavate? ll logo con i torrioni del Parco Dora che in qualche modo si connettono al cervello mi ricorda le locandine del film Tomorrowland) e il tabaccaio (e dico: diabolici e lungimiranti, davvero, nel coltivare la consapevolezza che puoi mettere dietro ai piatti anche DIO ma se uno ha finito il pacchetto di siga deve comunque rimediare vagando in una zona – magari – sconosciuta alla ricerca di un self service! Ah, vorremo mica fare i salutisti anti-tabacco PROPRIO con il KFF?). C’é anche piccola lounge con le prese di corrente per evitare di scaricare smartphone et similia e favorire l’interazione sui social networks.
Tutto procede senza intoppi, nella più totale presabbene. Giù il cappello per la crea di Movement. I rave abusivi che hanno messo in allarme i residenti sono UN’ALTRA COSA. Il FuturFestival è un caleidoscopio di linguaggi pop contemporanei: la rave culture e l’MTV New Generation si intrecciano e contaminano, sotto l’egida di un direzione artistica eclettica che riesce a mantenere una sua identità pur mediando tra clubbing intransigente-duro-e-puro e urgenza discotecara, senza (bisogno di) nascondersi dietro al dito degli investimenti pubblici. Dritto o storto in città c’è una pluralità di situazioni. E’ anche il momento di farsene una ragione. Il Kappa “fa il suo” e lo fa bene: parliamo di come e perché tralasciando argomentazioni e fazioni da scuole medie? Contestualizza, scegli e repeat. Magari anche con un atteggiamento aperto e curioso che non guasta mai (pur senza mischiare la merda con la cioccolata, eh). Allora, che cosa vuoi dire alle FuturPeople (from Ibiza), esattamente? Dai, non ci prendiamo per il culo. QUESTO festival in effetti non se lo merita.
Intendiamoci, l’Europa sembra ancora lontanissima, però, in questo paese dove le istituzioni – non sempre ma spessissimo – remano contro anche al più autosufficiente degli spiriti imprenditoriali, insieme a qualche “cugino” virtuoso, il Kappa è un’eccellenza di genere. E anche se “you don’t love techno” l’antifona dovrebbe esser chiara.
Noi ce la siamo goduta ma soprattutto abbiamo ascoltato quanti più set possibile nel corso delle due densissime giornate, rimbalzando tra i vari stage. Ve li racconteremo a breve nei nostri music highlights (tanti, da Recondite a Daniele Baldelli) del Kappa FuturFestival.