Quattro intensi giorni vissuti tutti d’un fiato, in una lunga apnea che ci ha nutrito attraverso vibrazioni sotto pelle, vibrazioni che, passando per i vorticosi meandri dello stomaco, ci hanno trapassato ogni angolo del corpo.
di Paola Rondini – Questo il roBOt Festival che proprio una settimana fa’ lasciava calare il sipario sulla sua ottava edizione. Edizione nata e sviluppata dagli organizzatori sotto il segno dell’accelerazione, parola che quasi come una sorta di “animale-guida” ci ha accompagnato lungo tutte le giornate della manifestazione.
Anche quest’anno i ragazzi della Shape (creatori dell’evento) hanno offerto novità in questa ottava edizione, come l’ambiziosa location ambiziosa di Bologna Fiere che, oltre ad essere stata confermata, l’abbiamo vista cambiare e prendere spazio in due padiglioni diversi e uno stage esterno, e innovazioni tecnologiche come il braccialetto cashless e l’app ufficiale del roBOt 08, segnali che mostrano come roBOt guardi ormai sempre più all’estero volendo portare il proprio pubblico in una dimensione più europea degna dei grandi festival internazionali.
Punto di forza del festival resta però la splendida location di Palazzo Re Enzo che quest’anno ha sfoggiato sin dalla prima serata di mercoledì un sonoro sold out, a ragione di una line up di altissimo livello, con nomi totalmente devoti all’ambient. Ad aprire le danze, si fa’ per dire, Josef Van Vissem, figura dell’avanguardia contemporanea che, accompagnato dal suo liuto barocco, ha incantato lasciando ammutolito e immobile sotto al palco il giovane pubblico. A scompigliare gli animi invece sono arrivati Lawrence English, prima, e Biosphere, dopo, con due set differenti ma dallo stesso forte impatto. Colpiscono infatti sia a livello musicale con vibranti e corpose costruzioni sonore sia con sapienti elaborazioni visual e taglienti bianche lame di luce che colpiscono tutto nella sala.
Si arriva carichi al giovedì con un pubblico presente e numeroso sin dalle prime ore. Tra i live set che hanno più stuzzicato le nostre orecchie, sicuramente quelli di Chevel, Flako e Snow in Mexico. A sorprendere anche la performance dei Primitive Art mostrando la loro attitudine alla sperimentazione e l’approccio istintivo e tribale che contraddistingue il loro far musica. Chiusura dal palco del Salone del Podestà dove è andato in scena l’ormai collaudato ( e immancabile aggiungerei!) spettacolo di Memoryman Aka Uovo, personaggio che sa molto bene quali corde toccare per deliziare al meglio il suo popolo bolognese.
Venerdì giornata di doppietta tra Palazzo Re Enzo e la prima nottata in Fiera e per l’inizio di questa lunga serata l’attenzione cade sui set tutti italiani di Populous e GodBlessComputer in Sala degli Atti, sicuramente tra i progetti più interessanti e assolute conferme della scena elettronica nostrana. Philipp Gorbachev, con le sue ritmiche serrate e coinvolgenti, in chiusura nel Salone del Podestà, invece, fa sognare i palati fini con una prima assoluta italiana che che ci porta dritti in Fiera.
Esordio un po’ in sordina quello della location notturna per via del non troppo soddisfacente afflusso di gente, ma assolutamente convincente e corposo dal punto di vista della line up suddivisa su ben tre diversi stage ed è proprio sul palco esterno che vediamo muoversi le esperte mani di Alessandro Cortini. Main stage per la performance di SquarePusher che propone un live intimo che forse non appassiona tutti i presenti, ma che non manca del pieno stile SquarePusher con ritmi mescolati e “lenti” che non lasciano spazio al ballo sfrenato che molti si aspettavano di trovare. A concludere questo primo appuntamento in fiera e a scuotere la pista (e gli animi) il set dell’algida Nina Kraviz con il suo inconfondibile tocco in consolle.
Ad attirare l’attenzione nel sabato del Re Enzo il suggestivo set della giovane bolognese Caterina Barbieri, le sue costruzioni sonore convincono e si rivelano tra le più interessanti del panorama emergente votato all’elettronica.
L’atto finale si consuma sul dancefloor della Fiera, più animato e carico rispetto alla notte precedente, e si parte con la notizia dello spostamento del set di Trentemøller, che decidendo di anticipare il suo set, sconvolge il percorso della line up creando involontariamente l’incastro perfetto. Si comincia quindi con i SiriusModeselektor che preparano il terreno per Trentemøller che segue la strada battuta creando un set minimal techno che travolge il padiglione del main stage trascinando con se tutto quello che trova. Il musicista danese passa il testimone poi a Tiga che prepara il pubblico alla chiusura perfetta affidata ai viaggi sonori del progetto Daphni b2b Floating Points. Sono loro ad accompagnarci fino alle primissime luci dell’alba mentre nel Red Bull Stage si consumano gli ultimi battiti della serata tra le abili e coinvolgenti vibrazioni del sound di The Martinez Brothers e Lory D.
Gallery fotografica a cura di AliSe Blandini e Margherita Caprilli.